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SITUAZIONE DEGLI IMPUBERI

SOTTOPOSTI A TUTELA

La tutela degli impuberi risale ad un periodo anteriore al V secolo

a.C. e in origine erano riconosciute la tutela legittima e la tutela

testamentaria. La tutela testamentaria è forse la più antica e si ha

quando il pater familias nel suo testamento nomina dei tutori per i

figli impuberi e indica chi vuole che assuma la funzione di tutore per

i figli impuberi e vi era la possibilità di nominare un diverso tutore

per ciascuno dei figli impuberi. Se il testatore non indicava un

tutore, a questa mancanza suppliva la legge e sul diritto arcaico la

legge per antonomasia sono le XII tavole che prevedevano la

nomina di un tutore nella cerchia familiare e al primo posto si

indicava l’agnato più vicino. Nel caso non vi fossero parenti agnati

la funzione di tutore spettava agli appartenenti alla stessa gens

dell’impubere, ossia quelli che hanno lo stesso nomen. Nel III

secolo a.C. si comincia a prendere in considerazione il caso in cui

non si potesse avere un tutore per testamento né un tutore

legittimo, come nei casi dei figli che nascevano al di fuori del

matrimonio. In questi casi provvedeva il pretore urbano e con la

LEX ATILIA venne stabilito che il pretore urbano, sentiti i tribuni

della plebe, sceglieva un tutore per l’impubere privo di un tutore

legittimo e testamentario e questo tipo di tutela veniva definita

tutela dativa. Il tutore ha, come il pater familias, dei poteri di

carattere personale e dei poteri di carattere patrimoniale

sull’impubere senza, però, avere la patria potestà. I poteri di

carattere personale hanno la funzione di proteggere l’impubere

educandolo, facendolo istruire, correggendone i costumi ecc. Per

quanto riguarda i poteri di carattere patrimoniale si deve fare una

distinzione d’età per l’impubere. Nella prima categoria rientrano gli

INFANTI, ossia coloro che non sono in grado di fare un

ragionamento logico in quanto piccoli d’età. Un impubere al di sopra

dei 5 anni prima e dei 7 anni poi viene considerato INFANTIA

MORES. Nel caso degli infanti il tutore o si sostituisce

completamente a loro nell’amministrazione del patrimonio oppure il

tutore usa come amministratore uno schiavo appartenente alla

famiglia dell’infante stesso. Per gli infantia maiores, il tutore non si

sostituisce a loro ma gli si affianca e il tutore doveva prestare o

meno il consenso, chiamato auctoritas tutoris, specialmente per gli

atti più importanti, ad esempio per l’eredità o per un prestito. A un

certo punto, però, durante il principato si stabiliscono determinati

limiti al tutore nella gestione dell’impubere chiamato anche pupillo.

Questi limiti sono il divieto di vendere case e proprietà del pupillo o

di far fruttare eventuali somme di denaro di patrimoni del pupillo.

Alla fine dell’età impubere il tutore doveva effettuare un rendiconto

su come aveva amministrato il patrimonio e qualora l’operato da lui

svolto non avesse agevolato il patrimonio dell’impubere,

quest’ultimo avrebbe potuto attuare un’azione di tutela diretta per

far risanare i debiti e si parla di azione di tutela indiretta nel

momento in cui l’azione è compiuta dal tutore. Il tutore legittimo e il

tutore dativo dovevano promettere di amministrare in modo da

salvaguardare il patrimonio del pupillo, cioè una STIPULAZIONE DI

GARANZIA e se non fosse stata rispettata tale promessa si

sarebbe attuata un’AZIONE DA STIPULAZIONE. Nel caso in cui il

tutore avesse utilizzato il denaro del pupillo a fini propri

(malversazione) si sarebbe potuta verificare un’AZIONE DI

DISTRAZIONE DEI CONTI, cioè di aver usato i fondi per fini diversi

rispetto a quelli per cui quei fini erano indirizzati e la punizione per

l’illecito era una pena in denaro corrispondente al doppio dei fondi

che erano stati distratti. Quando il tutore suscitava presso gli altri

parenti del pupillo il sospetto di essere infedele, i parenti

dell’impubere avrebbero potuto eseguire un’ACCUSA DI TUTORE

SOSPETTO che doveva pagare una multa e sarebbe stato rimosso

qualora il sospetto fosse stato confermato. Se l’impubere aveva la

madre, ella non poteva essere nominata tutore fino all’età imperiale

quando l’imperatore poteva decidere volta per volta se nominare o

meno la madre come tutore. Si poteva scegliere di sottrarsi alla

funzione di tutore solo se esisteva un’excusatio, cioè una

giustificazione valida per esonerarsi dalla tutela, ad esempio se si

gestivano già tre tutele o se il tutore aveva già compiuto 70 anni o

se era assente per motivi di servizio.

SITUAZIONE DELLE DONNE

SOTTOPOSTE A TUTELA

Nel caso la donna non sia impubere, non sia sotto la patria potestà

e non sia sotto la manus, il patrimonio era gestito da un tutore

nell’interesse della sua famiglia d’origine e anch’ella poteva avere

un tutore testamentario che poteva essere scelto sia dal marito che

aveva la manus sia dal padre che aveva la patria potestà, un tutore

dativo o un tutore legittimo. Il tutore non sostituisce la donna

nell’amministrazione ma era necessaria l’approvazione del tutore

per quanto riguarda gli atti tra vivi. Per quanto riguarda il

testamento, invece, il procedimento era più complesso: la donna in

maniera fittizia vendeva se stessa per coempzione per causa di

fiducia, cioè si vendeva fittiziamente ad unna persona di fiducia

com l’approvazione del tutore. L’acquirente fiduciario la vendeva

fittiziamente ad un’altra persona che la manometteva e ne

diventava il tutore fiduciario. Infine la donna poteva scrivere il

testamento e il tutore fiduciario dava approvazione al testamento.

Questa situazione cambia quando la società romana incontra le

altre società , soprattutto durante l’età pre-classica. Per quanto

riguarda gli atti tra vivi, ci poteva essere la scelta del tutore a

discrezione del testatore e la scelta poteva essere piena o limitata a

determinati atti. Inoltre Augusto concede alle donne che hanno

partorito tre figli, se sono ingenue, o quattro figli, se liberte,

l’esonero dalla tutela. Claudio, invece, approva una costituzione

chiamata LEX CLAUDIA con la quale abolisce la tutela legittima.

Man mano si prende anche la tutela dativa ed entra in crisi anche la

tutela testamentaria e Adriano semplifica il modo di fare testamento

per le donne stabilendo con un senatoconsulto che le donne

potevano fare testamento liberamente e se c’era il tutore

testamentario bastava il suo consenso. Agli inizi del V secolo venne

stabilito che tutte le donne avevano lo IUS LIBERORUM, ossia la

libertà da tutela.

SUCCESSIONI

La morte, considerata dal punto di vista fisico, crea il problema

dell’affidamento dei beni della persona defunta. Già nel diritto

romano si usa il termine HEREDITAS per indicare un insieme di

beni che comprende denaro, cose, diritti ed obblighi e questi beni

possono essere presi in considerazione singolarmente ma ai fini del

fenomeno successorio questi elementi sono considerati come un

unico. Il termine hereditas si usa per la successione in caso di

morte ed è un termine contemplato dallo ius civile. Tuttavia sino al

III secolo a.C. non incontriamo il termine hereditas, bensì la

locuzione “possesso dei beni ereditari” e coincide esattamente con

l’hereditas ma dal punto di vista del diritto pretorio e non da quello

del diritto civile. Nello ius civile l’erede è chiamato “heres”, invece

nel diritto onorario è chiamato “honorum possessor”. Queste due

terminologie che sono separate sino al III secolo a.C. vanno poco a

poco uniformandosi nel periodo post-classico facendo prevalere la

terminologia civilistica su quella del diritto onorario. Il deceduto,

invece, viene anche indicato come “de cuius”. Un primo tipo di

successione è la SUCCESSIONE TESTAMENTARIA, dunque

facciamo riferimento al testamento grazie al quale una persona

prima di morire può stabilire entro certi limiti a chi andranno le

proprie proprietà, esso è un atto mortis causa, cioè comincia ad

avere effetto dopo la morte di colui che ha fatto il testamento. Nel

momento in cui non viene fatto alcun testamento, si parla di

SUCCESSIONE LEGITTIMA/INTESTATA, cioè è la legge a stabilire

chi sono gli eredi. Il testamento è un atto giuridico personalissimo

revocabile sino all’ultimo istante di vita destinato a produrre effetti

giuridici per il tempo successivo alla morte del testatore. Dunque,

essendo un atto giuridico, è una manifestazione di volontà e già

nelle XII tavole si ammetteva che un soggetto disponesse dei propri

beni per il tempo successivo ala sua morte. Essendo

personalissimo, il testamento deve essere fatto esclusivamente dal

testatore che deve avere piena capacità giuridica e piena capacità

di agire, e non può essere fatto tramite rappresentante. Non può

fare testamento un impubere, un demente, un prodigo, uno schiavo

o uno soggetto alla potestà. il testatore può revocare il testamento

fino alla fine. Una volta morto il testatore, il testamento produce i

suoi effetti e si attuano le disposizioni scritte dal testatore nel

testamento. Non esisteva il testamento olografo, ossia il testamento

scritto di proprio pugno. Nell’epoca romana è comunque sempre

richiesta la presenza di testimoni. Inoltre vi erano dei testamenti

speciali, ad esempio il testamento militare, il testamento durante

una calamità naturale o durante la peste o il testamento di un muto

o di un sordo. Per quanto riguarda la sostanza, il testamento si

deve aprire con l’istituzione dell’erede che, secondo Gaio ed altri

giuristi, è l’inizio ed il fondamento di tutto il testamento. Se il

testatore ha persone sottoposte alla patria potestà, non può

ignorarle ma o li istituisce eredi o li deve diseredare. Questa regola

era interpretata in maniera alquanto rigorosa perché se i figli

maschi non erano diseredati per nome, il testamento non era più

valido. Le persone sottoposte a potestà vengono definite eredi

propri e questa categoria può esistere soltanto per gli uomini in

quanto le donne non hanno patria potestà. Il pretore stabilisce un

periodo di tempo nel quale gli eredi propri possono applicare il

diritto di astensione, ossia possono rinunciare all’eredità. Un’altra

categoria di eredi è quella degli eredi necessari per far fronte alle

situazioni in cui l’eredità è un’eredità passiva, ossia un’eredità piena

di debiti e, dunque, dannosa e si cerca di

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher farouk_perrone di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Petrucci Aldo.