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Il COMMENTO di Feola Maria
La Cassazione concede ai genitori, ma non al neonato, il risarcimento del danno prenatale da lui subito a seguito dell'omissione d'informazioni doverose, poiché l'ordinamento non gli riconoscerebbe un diritto di "non nascere se non sano".
Tale soluzione desta perplessità: sia perché perviene a risultati contraddittori, contrapponendo la causalità attiva all'omissione, mentre sussiste il rapporto di causalità tra l'inadempimento dell'obbligazione d'informazione e il danno prenatale subito dal fanciullo; sia perché, nel fondarsi sull'assenza dell'interesse protetto, richiede una valutazione di "non ingiustizia" del danno, che è estranea all'ambito della responsabilità contrattuale; sia perché lascia il fanciullo handicappato senza alcuna tutela nei casi di abbandono, di cattiva amministrazione o di premorienza dei genitori.
I danni patrimoniali
e non patiti dal minore sono risarcibili come conseguenza immediata e diretta (art. 1223 c.c.) dell'inadempimento del medico, al pari di tutte le altre ipotesi nelle quali la non esecuzione di un contratto arrecadanni risarcibili nei confronti di terzi, siano essi considerati "protetti" o no dal contratto. La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 14488/04, assume, per la prima volta, una posizione in merito al controverso problema della risarcibilità, direttamente nei confronti del fanciullo nato handicappato, del danno prenatale che è stato a lui causato dall'inadempimento di un'obbligazione d'informazione - pur dovuta dal medico nei riguardi dei genitori o della madre -, la quale ha impedito a costoro di poter decidere, rispettivamente, per il non concepimento o per l'interruzione della gravidanza (sussistendo i requisiti richiesti dagli artt. 4, 6 e 7 legge n. 194 del 1978). La Suprema Corte, nell'esprimere una soluzione negativa, sidiscosta dal noto arret Perruche [1] - che, tra l'altro, è citato erroneamente (nel par. 4.2 della sentenza) come Ass. Plén., 28 novembre 2001 - e da un'avvertita giurisprudenza di merito [2], che ha giudicato il medico responsabile direttamente nei confronti del neonato dei danni patrimoniali e non conseguiti al suo inadempimento (omissione di diagnosi di una grave malformazione fetale) [3], ma, in virtù delle lacune manifestate nell'argomentazione e di un tangibile contrasto con gli ulteriori orientamenti della Cassazione [4], questa decisione solleva molteplici perplessità. Sulla scia delle suggestioni espresse oltralpe da chi aveva contestato [5] l'arret Perruche, gran parte della motivazione è dedicata ad escludere che "nel nostro ordinamento esisterebbe un diritto del nascituro a nascere sano o non nascere affatto" (cfr. il par. 2.3). L'evidenza di tale conclusione, che non avrebbe richiesto una così minuziosa dimostrazione,data l'improponibilità (anche costituzionale) dell'opposto assunto, devia il ragionamento della Cassazione dalle reali questioni di responsabilità civile che essa avrebbe dovuto esaminare e che, allo stato, permangono irrisolte. La Suprema Corte non spiega in maniera convincente perché debba essere considerato terzo protetto dal contratto il coniuge della donna e non anche il minore, che è il soggetto direttamente interessato dall'handicap. Se si ammette che "il contratto tra la gestante ed il ginecologo" è "contratto con effetti protettivi in favore di terzi", e che "l'inadempimento del medico rileva direttamente non solo nei confronti della gestante, ma anche nei confronti del padre del nato handicappato" [6], sarebbe stato poi necessario dimostrare perché tale effetto di protezione non debba riguardare anche il fanciullo che ha subito il danno psico-fisico, se è vero.Che è soprattutto l'interesse della gestante alla tutela del neonato a rilevare in funzione dell'estensione degli effetti di protezione [7]. In precedenti decisioni, la Suprema Corte ha affermato, sempre ricorrendo alla figura del contratto con effetti protettivi per i terzi, la responsabilità diretta delle strutture sanitarie nei confronti del fanciullo menomato da un negligente intervento ostetrico "praticato all'atto della nascita" [8]. Tale soluzione è stata ribadita anche in tema di risarcimento dei danni conseguenti a un parto effettuato presso un ente ospedaliero [9]: il rapporto di immedesimazione organica, rendendo "irrilevante l'esatta individuazione del sanitario o dei sanitari cui sia imputabile la condotta lesiva nei confronti del nascituro", impone all'ente di rispondere "direttamente della negligenza ed imperizia dei propri dipendenti nell'ambito delle prestazioni sanitarie effettuate al nascituro" [10].
Si tratta di un "danno che incide immediatamente (...) su un soggetto venuto ad esistenza, sia pure per effetto di un fatto colposo commesso anteriormente alla nascita" [11]. La Cassazione ora ammette, ora esclude l'estensione degli effetti di protezione del contratto nei confronti del bambino nato handicappato, secondo che la condotta colposa del medico consista in un'azione o nell'omissione d'informazioni doverose. Ma in entrambi i casi sussiste un identico inadempimento. Questa "anomalia" degli effetti protettivi non può trovare certo fondamento nell'art. 40, comma 1, c.p., che riferisce il rapporto di causalità alla "azione od omissione", equiparando tali condotte. Nella gran parte dei casi, inoltre, l'informazione mancata o erronea costituisce il risultato dell'omessa, imperita o negligente esecuzione della prestazione "principale" di un contratto di consulenza che è stato stipulato proprio al.fine di ottenere quella conoscenza [12].Nel tentativo di giustificare l'anormalità della vicenda, la Suprema Corte afferma che, "pur inserendo il concepito nella Schutzbereich del contratto, posto che le conseguenze della prestazione medica (...) finiscono inevitabilmente per riflettersi sul concepito, il dovere di protezione (...) nei confronti del nascituro attiene alla nascita dello stesso e non alla non nascita, se malformato (...)" (par. 5.3). Argomentando in tal senso, la Cassazione esclude il neonato dall'estensione dell'effetto di protezione - pur considerandolo "soggetto egualmente protetto dal contratto originario" (par. 5.3) -, sulla base di una valutazione espressa in termini di "non ingiustizia" del danno (art. 2043 c.c.). Tuttavia, i due contrapposti orientamenti della Suprema Corte non possono trovare fondamento nel problema dell'interesse protetto, che, oltre a non riguardare la disciplina della responsabilità contrattuale,non permette di distinguere il danno prenatale causato dall'omissione d'informazioni doverose da quello arrecato dalla condotta commissiva del medico. La Suprema corte, nella decisione n. 14488/04, avrebbe dovuto giustificare la sua soluzione sulla base della diversa dinamica del rapporto causale, unico dato che potrebbe legittimare razionalmente una siffatta disparità di trattamento: a differenza dell'omissione delle informazioni dovute ai genitori, che è causa concorrente (unitamente alla malattia genetica) del danno prenatale arrecato al minore, sarebbe soltanto la condotta attiva erronea del sanitario ad assurgere a causa unica del danno all'integrità psico-fisica del neonato. Ma, nel pervenire a queste conclusioni, la Cassazione avrebbe dovuto affermare - in contrasto con gli indirizzi dominanti della giurisprudenza italiana e francese [13] - che la teoria della condicio sine qua non implichi una nozione di causalità prossima, disciplinando.
diversamente la condotta attivarispetto all'omissione. Tuttavia è noto che "il concorso di cause preesistenti osimultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione delcolpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione el'evento" (art. 41, comma 1, c.p.), mentre le cause sopravvenute possonointerrompere il nesso causale soltanto "quando sono state da sole sufficienti adeterminare l'evento" (comma 2).
In presenza di questa disciplina, che impedisce di assumere soluzionicontrapposte allorché il danno prenatale trovi la sua causa in un'azione o inun'omissione colpose del professionista, la Cassazione ricorre ad un ineditoPagina 2029_luglio_2004n.14486escamotage: allorché decide sull'inadempimento del medico consistente inun'omessa o erronea informazione, arresta la sequenza causale al fatto dellanascita (che in sé non è un danno), escludendo