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TERAPIA SHOCK CONTRO TERAPIA GRADUALE
Dall’esperienza dell’unificazione tedesca e dai passati allargamenti dell’UE enorme costo che
comporterebbe il sovvenzionare paesi economicamente sottosviluppati, sia per questi stessi che per i 15.
Lasciare che l’integrazione di questi paesi avvenga secondo un approccio di mercato (spontaneamente)
Piano Marshall trasferiti c.ca 13 mld $
Sull’efficacia delle sue ricadute economiche vi sono opinioni contrastanti perché in effetti non sembra
sussistere una chiara correlazione tra la crescita economica dei beneficiari degli aiuti e il maggiore o minore
finanziamento da essi ricevuto.
Condizioni politiche ed economiche dell’Europa di allora, diverse da quelle dei degli attuali PECO candidati.
Analogie:
- Instabilità politico-finanziaria
- Problema della liberalizzazione di prezzi e prodotti
- Crisi di mercato limitatezza dei beni di consumo disponibili
Si può ritenere verosimile che il Piano Marshall abbia facilitato il ripristino della stabilità finanziaria e la
liberalizzazione dei prezzi e dei prodotti in Europa.
Importanza del ruolo delle condizioni politiche poste per l’ottenimento degli aiuti
Per l’utilizzo dei fondi un’agenzia indipendente, l’agenzia di cooperazione europea (ACE), servì a molti
paesi per importare beni alimentari ed altri materiali essenziali (cibi, carburante, fertilizzanti).
In seguito con la ripresa della produzione interna, gli aiuti dell’ACE furono indirizzati dai paesi europei per
finanziare l’importazione di beni di investimento.
Il ricevimento dei fondi era soggetto ad alcune condizioni che il beneficiario si impegnava a rispettare
firmando un patto bilaterale con gli USA:
- Equilibrio del bilancio pubblico
- Condizionamento aiuto erogato solo se c’è un interesse per il paese donatore (do ut des)
- Ripristino della stabilità finanziaria esterna
- Stabilizzazione dei tassi di cambio a livelli realistici
- Ogni tipologia di spesa dei fondi del piano Marshall doveva essere negoziata con le autorità
americane.
Questo processo consentiva all’ACE di influenzare la politica interna dei beneficiari.
L’approccio liberista: i movimenti di lavoro e capitale dall’est all’ovest
La seconda linea di pensiero segue un approccio liberista:
l’aggiustamento del processo di transizione deve essere soggetto al libero dispiegarsi delle forze di
mercato.
Una migrazione massiccia verso l’ovest sembra molto probabile.
Sono molti, specialmente in Germania, quelli che pensano che sia meglio rimandare l’allargamento fino a
quando la convergenza delle economie non sia completata.
Il libero movimento dei capitali comporta costi di trasferimento che derivano da limiti informativi, logistici
ed istituzionali.
Il fattore lavoro al contrario, comporta dei costi permanenti che possono durare anche per tutto il tempo in
cui il lavoratore migrante risiede in un altro stato membro:
- Oneri delle visite regolari nel paese di provenienza
- Alti affitti da pagare
- Costo psicologico di non vivere nel proprio stato
Ma essi non comportano la diminuzione delle migrazioni.
Il modello di migrazione del Sim
Descrive ciò che potrebbe accadere se l’allargamento ai PECO avvenisse lasciando che l’aggiustamento del
processo di transizione fosse soggetto alle sole pressioni del mercato.
Nel breve periodo, dato l’insufficiente stock di capitale nei PECO, parte della forza lavoro dei nuovi stati
membri emigrerebbe verso l’Europa occidentale.
Progressiva scarsità di lavoro:
il capitale comincerebbe a spostarsi gradualmente verso i nuovi stati membri. L’aumento di stock di capitale
accrescerebbe in questi la domanda di lavoro, il saggio di salario, l’occupazione e questo implicherebbe
l’inversione dell’ondata migratoria.
Tale processo si arresterebbe quando i salari fossero uguali in entrambe le aree e la vecchia forza lavoro si
fosse reinstallata in nuovi stati membri.
I liberisti tedeschi prendevano come esempio quello che era successo alla riunificazione della Germania. Si
è risolta con un trasferimento pubblico del 5% del PIL dalla Germania occidentale ai lender orientali. Il
trasferimento pubblico potrebbe così ammontare al 4.5% del PIL complessivo degli attuali stati membri.
Dopo la riunificazione della Germania, l’occupazione è diminuita di due terzi.
Nel 1999 il consumo è stato del 50% più alto della produzione.
La politica dei salari tedesca è caratterizzata ancora da un approccio neoclassico due tipi di costi sociali:
- Non è riuscita a permettere ai lavoratori occidentali licenziati di emergere e quindi di partecipare al
processo produttivo della Germania.
- Ha distrutto, negando bassi salari, posti di lavoro la cui produttività era al di sopra, al netto dei costi
di produzione, di quella che i posti di lavoro nella Germania occidentale avrebbe potuto offrire.
L’approccio seguito dall’UE per l’allargamento
Una strategia di lungo periodo
L’allargamento porterà nell’unione 110mln di cittadini con un reddito complessivo che non arriva a quello
dell’olanda.
I paesi candidati hanno avuto per molti anni una crescita annua del PIL molto superiore di quella dei 15.
Il reddito procapite medio dei paesi dell’Europa centro-orientale più ricchi è sempre più vicino a quello di
Grecia e Portogallo.
Per l’anno 2000 il finanziamento dell’UE ai PECO è stato pari al 3 per mille del PIL complessivo di questi
paesi, che se paragonato al piano Marshall (2.5% del PIL dei paesi beneficiari) appare notevolmente esiguo.
La transizione e le politiche economiche dei PECO
Trasformazione dell’Europa del centro est dopo il 1989
- Paesi dell’Europa centrale (Ungheria, Polonia, rep. Cece, Slovacchia e Slovenia) caratterizzati da
rapidi cambiamenti strutturali e da una crescita economica relativamente sostenuta
- Paesi dell’Europa sud orientale (Bulgaria, Romania) caratterizzati da una transizione più difficile
- Paesi Baltici (Estonia, Lettonia, Lituania) in una posizione intermedia tra i primi due gruppi.
Transizione a più velocità
I due modelli di transizione
Tra il 1990 e il 1992 vasto processo di trasformazione economica attraverso l’adozione di programmi di
stabilizzazione finanziati da fondo monetario internazionale, banca mondiale e paesi occidentali al fine di:
- Ridurre l’inflazione
- Trasformare l’economia in economia di mercato
- Ristabilire gli equilibri macroeconomici
Due diversi modelli:
- Terapia shock vengono introdotte simultaneamente un insieme di misure radicali destinate a
provocare un cambiamento irreversibile (es. programma polacco). Comporta teoricamente il
capovolgimento rapido della situazione economica
- Strategia di gradualismo prevede l’attuazione progressiva delle riforme, presentando il vantaggio
di poter essere più facilmente accettata dalla popolazione, limitando i conflitti sociali e diluendo nel
tempo i costi della transizione.
Il fondo monetario internazionale, le cui considerazioni sono determinanti per gli investimenti stranieri è
nettamente favorevole alla terapia shock.
Agricoltura e politica agricola sono tra i temi più importanti dell’allargamento alle economie in transizione
In tali paesi:
- Il settore agricolo assorbe il 16.4% degli occupati rispetto al 4.3% dell’UE a 15
- In Polonia e Romania l’agricoltura impiega una grande quota dell’occupazione totale
- I PECO sono importatori netti dei prodotti agricoli considerati nell’insieme
- Solo Romania e Bulgaria sono esportatori netti
- L’agricoltura è caratterizzata da una bassa produttività e da occupazione nascosta, che implicano
problematiche economico-sociali serie.
- Gli attuali membri dell’unione terranno i bassi i prezzi ed il basso costo del lavoro.
Nei PECO, nell’89, le aziende agricole erano di proprietà pubblica.
Il processo di transizione in agricoltura: le implicazioni di politica economica
Le implicazioni dell’allargamento per il bilancio europeo: la PAC
Con l’ingresso dei 10 paesi candidati nel 2004 il numero degli agricoltori aumento del 120%, mentre l’area
coltivata del 42% (la produttività dell’agricoltura cadeva).
I PECo pensavano che i fondi UE sarebbero aumentati così da poterne usufruire, senza levarne agli altri.
Questo non successe perché coloro che erano contributori netti del bilancio europeo si ribellarono perché
non volevano pagare di più. Così il bilancio (2000) è stato mediamente costante. Se i 10 avessero avuto i
fondi che gli spettavano non sarebbero più stati disponibili per spagna, Portogallo e Irlanda. La soluzione fu
che ai nuovi entranti i fondi sarebbero stati dilazionati fino al 2013, anno in cui sarebbero stati a regime. Ciò
fu giustificato tramite il criterio del cofinanziamento e con la scusa che l’introduzione immediata avrebbe
comportato effetti negativi nelle economie in transizione perché freno per i processi di ristrutturazione
delle aziende.
È di rilevante interesse l’evoluzione futura del supporto diretto al reddito degli agricoltori e dei pagamenti
diretti.
1992 riforma MacSharry pagamenti diretti introdotti per compensare la forte riduzione del supporto ai
prezzi agricoli.
In un primo tempo l’orientamento dell’UE era stato quello di non estendere ai paesi candidati i pagamenti
diretti (agenda 2000)- ma un diverso trattamento tra gli agricoltori dei vecchi e nuovi stati membri sarebbe
andato contro il principio di divieto di discriminazione (art 12 trattato CE)
Tre categorie di spesa agricola nel bilancio europeo:
- Interventi di mercato (supporto ai prezzi) riguardanti le spese per il supporto ai prezzi dei
prodotti agricoli attraverso sussidi all’esportazione e interventi sugli acquisti dei prodotti.
Nel 2000 costituiva il 12% del bilancio europeo.
- Pagamenti diretti (direttamente agli agricoltori) relativi a sussidi per ettaro o animale.
Attualmente rappresentano la quota più importante del BE (30%)
- Spese per lo sviluppo rurale (II pilastro PAC) occupava il 15% del BE
Nel totale la spesa agricola pesa sul BE per un 47%.
Politica di solidarietà e coesione nell’UE
Trattato di Roma 1957 istituiti:
- FSE addestramento lavoratori
- FEOGAorientamento (miglioramento vita agricoltori) e garanzia (sostenere prezzi)
Detti strutturali perché rivolti a migliorare la struttura socioeconomica della CE.
1986 atto unico temi: coesione economica e sociale (obiettivi e mezzi)
Dall’atto unico in poi tutti i nuovi trattati si interessano di coesione economica e sociale, con l’obiettivo di
sviluppo armonioso per ridurre il divario regionale.
In particolare:
- Aiutare stati e