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CAP XIX
IL TRATTATO DI MAASTRICH
Dall’atto unico al trattato di Maastricht
Dopo il collasso dell’unione sovietica si pose il dilemma se allargare la comunità ai paesi centro-orientali
prima di procedere all’unione o viceversa. Nel 1990 a dublino il consiglio aveva scelto di attendere ed indire
due conferenze intergovernative: una sull’unione economica e monetaria, l’altra sull’unione politica, dato
che con il crollo del muro di berlino si era vista la necessità di affiancare pilastro economico e politico.
Nel 1991 a Maastricht gli stati membri della CE decisero di emendare il trattato di roma e la nuova
formulazione andò sotto il nome di trattato di Maastricht, dove la CE divenne Unione Europea (UE).
Dalla comunità all’unione
Con il trattato di Maastricht i 12 paesi membri della vecchia CEE (non solo l’eurozona) istituiscono tra di
loro una Unione Europea che non si sostituisce a CECA, CEE ed EURATOM, ma si sovrappone ad esse.
Il fine è di instaurare una politica economica comune fondata su uno stretto coordinamento delle politiche
economiche dei paesi membri, sul mercato interno, su obiettivi comuni, nell’ambito di una completa e
libera concorrenza.
Il trattato di Maastricht lascia nel periodo di transazione verso l’UEM un ampio margine d’azione ai singoli
governi, ma le politiche economiche nazionali dovranno evitare che qualunque decisione possa avere
effetti destabilizzanti sul sistema e sulla moneta unica.
Le disposizioni relative all’UEM sanzionano dunque l’irreversibilità del processo di convergenza delle
politiche economiche e monetarie, accompagnato da un progressivo abbandono della sovranità nazionale
in questo campo. Tale abbandono sarà nella fase finale, totale per quanto riguarda la moneta e parziale per
quanto concerne la conduzione della politica di bilancio.
Tre tappe per arrivare all’unione:
- Periodo interlocutorio per la piena realizzazione del mercato comune
- Fissata per il I gennaio 1994 è decisiva perché i paesi devono conseguire gli obiettivi di convergenza
previsti per il passaggio alla terza fase (1999) in questa fase sarebbe nato anche l’istituto monetario
europeo con compiti relativi alla convergenza.
- In quest’ultima fase la politica monetaria sarà gestita dal sistema europeo di banche centrali con
mansione di vigilanza sulle banche nazionali.
La sorveglianza multilaterale e i disavanzi eccessivi
Il consiglio ECOFIN elabora un progetto di indirizzi di massima per le politiche economiche degli stati
membri riferendone i risultati al consiglio europeo il quale adotta una raccomandazione che i suddetti
indirizzi di massima.
Il consiglio sulla base di relazioni presentate dalla commissione sorveglia l’evoluzione economica degli stato
membri nonché la coerenza delle loro politiche economiche con gli indirizzi di massima dell’ECOFIN e
procede regolarmente ad una valutazione globale. In caso di politiche non coerenti o che rischino di
compromettere il corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria, il consiglio ha il potere di
rivolgere allo stato membro in questione le necessarie raccomandazioni (warning).
In merito ai disavanzi pubblici eccessivi, che gli stati membri devono evitare, la commissione sorveglia
l’evoluzione della situazione di bilancio e dell’entità del debito pubblico degli stati mambri, al fine di
individuare errori rilevanti. In particolare esamina la conformità alla disciplina di bilancio sulla base di 2
criteri:
- Se il rapporto tra il disavanzo pubblico previsto o effettivo e il PIL superi un valore di riferimento, a
amno che non sia in diminuzione o sia solo eccezionale.
- Se il rapporto tra debito pubblico e Pil superi un valore di riferimento ammenochè non si stia
riducendo.
La politica monetaria e il sistema europeo di banche centrali
Per la terza fase si ipotizzò la creazione di una banca centrale europea, con l’esistenza ancora delle banche
nazionali.
Il sistema europeo di banche centrali è composto dalla banca centrale europea e dalle banche centrali
nazionali ed è retto dagli organi decisionali della banca centrale che sono il consiglio direttivo e il comitato
esecutivo.
I suoi compiti sono:
- Definire e attuare la politica monetaria della comunità
- Svolgere le operazioni sui cambi in linea
- Detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli stati membri
- Promuovere il regolare funzionamento dei siatemi di pagamento (vigilanza)
I criteri della convergenza economica
Sempre nel trattato di Maastricht vengono introdotti i quattro criteri destinati a governare la transizione e
sui quali sarà fondato lo scrutinio per l’ammissione di ciascuno stato membro che lo richieda, alla UEM.
Essi sono:
- raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi quindi tasso di inflazione prossimo a quello
dei tre stati membri che hanno conseguito i migliori risultati di stabilità economica
- sostenibilità della situazione della finanza pubblica non caratterizzata da un disavanzo eccessivo
(debito pubblico, disavanzo pubblico)
- rispetto dei margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del sistema
monetario eurpeo per almeno 2 anni, senza svalutazioni nei confronti della moneta di un qualsiasi
stato membro.
- I livelli dei tassi di interesse a lungo termine devono riflettere la stabilità della convergenza
raggiunta dallo stato membro e dalla sua partecipazione al meccanismo di scambio dello SME.
I valori della convergenza:
- Il 3% per il rapporto tra il disavanzo pubblico, previsto o effettivo e il PIL a prezzi di mercato
- Il 60% per il rapporto tra il debito pubblico e il Pil ai prezzi di mercato
La verifica finale del consiglio
La verifica della rispondenza delle varie situazioni finanziarie dei paesi membri sarebbe stata materialmente
redatta nelle relazioni della commissione e dell’IME.
In base a queste il consiglio avrebbe valutato:
- Se i singoli stati membri soddisfacevano le condizioni necessarie per l’adozione di una moneta unica
- Se la maggioranza degli stati membri le soddisfaceva
E avrebbe trasmesso le conclusioni al consiglio dei capi di stato o di governo. Il parlamento sarebbe stato
consultato per emettere il proprio parere ed a seguito il consiglio avrebbe deicso se la maggioranza degli
stati membri soddisfaceva le condizioni per l’adozione di una moneta unica e se fosse opportuno passare
alla terza fase.
CAP XXIII
I VERTICI DI DUBLINO E DI AMSTERDAM
Due problemi da risolvere
La prima questione riguardava le relazioni che avrebbero dovuto intercorrere tra le valute dei paesi con
deroga nonché quelle dei paesi che si erano avvalsi della clausola di opting out prevista dal TUE e le valute
dei paesi partecipanti alla terza fase dell’UEM.
Il problema che si poneva tra gli stati appartenenti all’area monetaria intergrata e gli altri paesi membri
dell’UE era dato dal fatto che la possibilità di agire sul tasso di cambio conservata da questi ultimi, poteva
costituire un fattore di forte squilibrio nelle relazioni economiche e monetarie tra le due aree. Gli “out”
avrebbero potuto infatti utilizzare l’arma delle svalutazioni competitive come manovra di politica
economica, compromettendo le capacità concorrenziali dei paesi “in” impossibilitati dagli accordi di cambio
ad utilizzare tale strumento.
Il nuovo meccanismo di cambio fu posto alla base del nuovo sistema monetario europeo (SME2).
La seconda questione incompiuta riguardava la gestione delle politiche di bilancio dopo il ’99. Il trattato di
Maastricht non prevedeva infatti norma di esclusione per quei paesi che una volta entrati nell’UEM
avessero amntenuto politiche di bilancio divergenti ma solo sanzioni miti e procedure molto lente. Il timore
era che i criteri imposti da Maastricht venissero rispettati solo dopo la creazione di una moneta unica, con
gravi ripercussioni sulla stabilità dell’UEM.
Nel 1995 il ministro delle finanze tedesce Weigel proponeva la conclusione del Patto di Stabilità per
assicurare che, una volta introdotto l’€, tutti i paesi continuassero nello sforzo dicontrollare la finanza
pubblica.
Nel consiglio dell’ECOFIN di verona 1996, la posizione tedesca aveva prevalso sulle perplessità della
commissione e la proposta di Weigel era stata ufficializzata. A dublino nello stesso anno venne approvato il
patto di stabilità e crescita (proposta francese).
Gli accordi dello SME2
Al consiglio europeo di dublino furono approvate le conclusioni sul nuovo meccanismo di cambio
(SME2)proposte dall’IME e dal consiglio ECOFIN incaricato di preparare un progetto di risoluzione che
illustrasse i principali elementi dello SME2. L’accordo di cambio fu quindi definitivamente approvato nel
corso del vertice di Amsterdam del 1997, sulla base delle proposte presentate durante il 1996 e secondo la
struttura approvata a dublino. Il 26 giugno 1998 vennero conclusi gli accordi per l’adesione allo SME2 dalla
danimarca e dalla grecia (due anni in cui la moneta sarebbe stata nel corridoio dello SME2) gli unici stati che
espressero le loro volontà di agganciare le loro monete all’€ tramite il nuovo sistema di cambio. Per la
corona danese venne stabilita una banda di oscillazione del 2.5% in + o in meno; alla dracma greca venne
invece attribuita una banda del 15% in più o in meno.. la permanenza di quest’ultima valuta nello SME2
venne a cessare il primo gennaio 2001 in seguito all’adesione della grecia all’eurosistema.
Il consiglio europeo di Amsterdam
I negoziati sui vari punti in discussione si conclusero con un progetto di trattato strutturato non come
successione di modifiche e innovazioni rispetto ai trattati esistenti, ma come un testo quasi autonomo.
Ottobre 1997 firma trattato di Amsterdam dopo la pubblicazione del trattato iniziarono i processi
nazionali di ratifica, secondo le procedure istituzionali degli stati membri.
Caratteristiche principali:
- Carattere istituzionale comunitarizzazione del terzo pilastro (segue le regole della comunità)
- Meccanismi della politica estera e della sicurezza (PESC)
- Cooperazione rafforzata (esistente fra un gruppo limitato di paesi dell’UE)
- Integrazione ad una serie di politiche comuni dell’Unione.
L’ambito economico-sociale:
l’innovazione più rilevante in materia sociale è costituita dalla decisione di introdurre nel trattato della
comunità europea uno specifico titolo dedicato all’occupazione. In precedenza questo argomento,
malgrado la sua importanza per gli stati membri e per l’unione in quanto tale non era stato oggetto di
normativa autonoma; con il trattato di Amsterdam questa lacuna venne colmata e l’occupazione acquistò
risalto come obiettivo della comunità.