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I NFIAMMAZIONE CRONICA GRANULOMATOSA

Interviene quando nei macrofagi rimangono microrganismi o detriti che gli enzimi

lisosomiali non riescono a digerire. La persistenza dell’agente patogeno causa il

reclutamento continuo e la proliferazione dei macrofagi Si instaura quindi

un’infiammazione cronica e persistente caratterizzata dall’accumulo di leucociti per lo

più mononucleati.

Il rifornimento dei monociti nel focolaio infiammatorio avviene principalmente con 3

meccanismi:

mediante una migrazione costante di monociti indotta da fattori chemiotattici,

• associata anche ad una aumentata produzione nel midollo osseo

mediante l’induzione alla proliferazione, per cui i monociti, una volta raggiunto il

• focolaio, possono andare incontro a una o più divisioni mitotiche

mediante il rilascio di fattori solubili capaci di inibire la mobilità dei macrofagi

• fissandoli nel sito infiammatorio (immobilizzazione)

Tra gli stimoli lesivi che provocano risposta infiammatoria di tipo granulomatoso

ricordiamo:

microrganismi, in particolare micobatteri; ad esempio il Mycobacterium Tubercolosis

• (responsabile della tubercolosi) e il Mycobacterium Leprae (responsabile della

lebbra)

materiale estraneo inerte (sia endogeno che esogeno) che gli enzimi dei neutrofili

• non sono in grado di distruggere ma rimane come irritante

cronico all’interno dei tessuti

alcuni funghi

• fattori ancora ignoti come nella malattia “sarcoide”

L’infiammazione cronica granulomatosa è così definita per la presenza nell’infiltrato di

granulomi, formazioni sferiche con diametro di 1-2 mm. Ogni granuloma ha una

struttura concentrica ed è costituito da aggregati di macrofagi trasformati in cellule

epitelioidi (accumulo di macrofagi attivati). Queste ultime possono fondersi a loro volta

a formare cellule giganti. Attorno sono presenti leucociti mononucleati (soprattutto

linfociti e occasionalmente plasmacellule). Una parete di fibroblasti e tessuto

connettivo circonda i granulomi più vecchi.

Dal punto di vista morfologico il granuloma assume caratteristiche specifiche a

seconda dell’agente eziologico che ne ha indotto la comparsa.

I granulomi possono essere distinti in due diversi tipi a seconda del ritmo di ricambio

cellulare.

Granuloma ad alto turnover, detto anche immunologico o da ipersensibilità

1. è il più frequente

2. è indotto da agenti dotati di alta tossicità per i macrofagi (infezioni batteriche e

fungine)

3. è definito inoltre ad alto turnover perché la migrazione e la proliferazione cellulare

sono continue, così come il ricambio dei macrofagi

granuloma tubercolare

Il è il granuloma di tipo immunologico più tipico e frequente.

L’agente eziologico è il Mycobacterium tubercolosis. I granulomi tubercolari possono

formarsi in qualsiasi organo in cui il microrganismo ha indotto un processo

infiammatorio cronico ma si localizzano più frequentemente a livello polmonare. Il

tubercolo ha forma sferica e struttura concentrica; al centro è presente una cellula

gigante multinucleata, definita cellula di Langhans, circondata dalle cellule epitelioidi

da cui deriva. Queste a loro volta derivano dai macrofagi e sono avviluppate da uno

strato cellulare periferico costituito da linfociti.

La cellula gigante può andare incontro a necrosi sia per ipossia (dovuta alla difficoltà di

diffusione di ossigeno e nutrienti attraverso gli strati del granuloma) sia per la

presenza di materiali tossici dovuti ai microrganismi presenti al suo interno. Prende il

nome di necrosi caseosa per il suo aspetto macroscopico. Treponema pallidum

Altro esempio di granuloma immunologico è quello dovuto al

(agente eziologico della sifilide). Questo tipo di granuloma viene definito anche

gomma luetica perché in conseguenza della necrosi nella zona centrale si formano

detriti con l’aspetto filante della gomma. La struttura istologica non è ordinata come

quella del tubercolo; la zona periferica è vascolarizzata e infiltrata da linfociti e

plasmacellule.

Oltre ai granulomi di cui è accertato l’agente eziologico, esistono anche granulomi

granuloma

dovuti a malattie la cui eziologia è in via di definizione. Ne è un esempio il

sarcoiditico. La sarcoidosi è stata riscontrata tipicamente negli adulti, nella maggior

parte dei casi è presente in pazienti di età compresa tra 10 e 40 anni. Può dare

localizzazioni differenti (cute, polmone, fegato, tessuto osseo); il granuloma non

presenta però fenomeni di necrosi.

Granuloma a basso turnover detto anche non immunologico o da corpo

estraneo

è così chiamato perché caratterizzato dalla longevità dei macrofagi; ha quindi un

• tasso di ricambio cellulare basso

è provocato da materiale inerte, scarsamente solubile e digeribile, che permane

• all’interno del granuloma poiché i macrofagi non sono in grado di eliminarlo

è caratterizzato dalla presenza modesta di fenomeni essudatizi

• la sua evoluzione naturale è la fibrosi

Esempi di questo tipo sono i granulomi da corpo estraneo. Negli alveoli polmonari

questi possono essere prodotti da:

polvere di carbone (antracosi)

• silice cristallina (silicosi)

• microfilamenti di amianto (asbestosi)

La parte centrale del granuloma può andare incontro a necrosi, sia per la liberazione di

prodotti tossici da parte dei microrganismi presenti al suo interno, sia per lo scarso

apporto di ossigeno e nutrienti attraverso gli strati cellulari. L’area necrotica può

quindi:

essere assorbita e sostituita da tessuto fibroso (cicatrizzazione)

• andare incontro a deposizione di sali di calcio insolubili (calcificazione)

• essere circoscritta da una capsula connettivale (incapsulazione)

• MANIFESTAZIONI SISTEMICHE DELL’INFIAMMAZIONE

L’infiammazione è una reazione preferenzialmente locale che si manifesta nel sito in

cui è presente l’agente flogogeno. Tuttavia quando i fenomeni locali sono duraturi e/o

particolarmente intensi, le citochine tramite il sangue raggiungono organi anche

distanti e interagiscono con le cellule che espongono recettori specifici per esse. In

questo modo determinano la comparsa delle manifestazioni sistemiche della flogosi.

I principali effetti sistemici dell’infiammazione sono leucocitosi, risposta di fase acuta e

febbre.

Per leucocitosi si intende l’aumento del numero di leucociti nel sangue

3

(fisiologicamente presenti nella concentrazione di 4000-8000 mm ). Può essere a

carico di tutti i tipi di leucociti (leucocitosi assoluta) o solo di alcuni di essi (leucocitosi

relativa). Generalmente si ha:

l’aumento del numero di neutrofili nell’infiammazione acuta

• l’aumento del numero di eosinofili nelle flogosi allergiche e nelle infezioni da

• parassiti

l’aumento dei linfociti e dei macrofagi nelle infiammazioni croniche

La leucocitosi è dovuta al rilascio di una particolare categoria di citochine, i fattori di

crescita ematopoietici, che stimolano i progenitori emopoietici nel midollo osseo a

immettere nel circolo sanguigno più cellule.

Durante il processo flogistico le modificazioni a carico del sangue riguardano non solo

la sua componente cellulare ma anche quella plasmatica. Si verifica infatti un

incremento del suo contenuto proteico, dovuto sia alla maggior concentrazione di

alcune proteine fisiologicamente presenti sia alla comparsa di proteine di nuova

sintesi. Si tratta delle proteine di fase acuta, così denominate per la precocità della

loro comparsa (qualche ora, sintetizzate e secrete dagli epatociti su stimolo di alcune

citochine (IL-1, IL-6 e TNF).

L’incremento o la sintesi di queste proteine non è in rapporto con l’agente eziologico

specifico che ha causato il processo infiammatorio ma dipende più in generale dalla

presenza della flogosi.

La risposta di fase acuta determina:

la riduzione della sintesi di alcune proteine, tra cui l’albumina

• la diminuzione del ferro plasmatico

• l’aumento del fibrinogeno (essenziale per la coagulazione)

• l’aumento della proteina C reattiva

Aumenta inoltre la VES (velocità di eritrosedimentazione) -> è un saggio che consiste

nella misura del tempo necessario perché in un tubo capillare i globuli rossi possano

sedimentare. L’aumento della VES è legato all’aumento della concentrazione di

proteine nel sangue. In condizioni normali gli eritrociti hanno cariche negative

superficiali e non aggregano. In condizioni patologiche, invece, quando il fibrinogeno

aumenta, questo si lega agli eritrociti e ne maschera le cariche negative. Gli eritrociti

tendono quindi ad impilarsi formando dei rouleaux che avendo peso maggiore dei

singoli globuli rossi precipitano più rapidamente.

Mentre le proteine di fase acuta vengono rilasciate immediatamente e sono sintomo di

un quadro infiammatorio appena iniziato, la VES indica la presenza o meno di

un’infiammazione, anche in fase tardiva.

LA FEBBRE

Nell’uomo in condizioni fisiologiche la T corporea è di 37°C con piccole variazioni nel

corso delle 24 ore e con il minimo nelle ore mattutine e il massimo nel pomeriggio.

Variazioni della T corporea avvengono fisiologicamente in condizioni di aumentato

metabolismo (durante lo sforzo fisico e durante la digestione) o in rapporto alle fasi del

ciclo mestruale nella donna.

La termoregolazione, cioè la capacità dell’organismo di mantenere costante la T

corporea, rappresenta una condizione di equilibrio omeostatico tra la quantità di calore

prodotto dall’organismo (termogenesi) e la quantità di calore da esso perduto

(termodispersione).

I meccanismi di termoregolazione si basano su 3 diversi livelli di integrazione: periferici

1. i sensori di temperatura, periferici e centrali: i sensori di temperatura

sono rappresentati dai recettori cutanei, terminazioni nervose sensibili al caldo e al

centrali

freddo e quindi alla T esterna. I sensori di temperatura sono invece

rappresentati dai recettori ipotalamici, sensibili alla temperatura del sangue

afferente e quindi alla T interna; in particolare consistono nei cosiddetti neuroni W

(da warm, caldo).

2. un centro neuronale di elaborazione dati, l’ipotalamo: l’ipotalamo è situato nel

sistema nervoso centrale ed è responsabile del set-point della T corporea. Funziona

da centro elaborazione dati in quanto i nuclei termoregolatori, situati nella regione

preottica, sono costituiti da:

neuroni afferenti, che ricevono il segnale

• neuroni efferenti, che comandano la ri

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A.A. 2017-2018
12 pagine
10 download
SSD Scienze mediche MED/04 Patologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher minni.1221 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Patologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Mancini Patrizia.