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Espressione dei complessi MHC-II-PEPTIDE sulla superficie delle APC

Le molecole MHC-II sono stabilizzate dal legame con il peptide e i relativi complessi sono trasportati alla membrana delle APC, dove sono esposti per il riconoscimento da parte dei linfociti T CD4+. Una volta espressi sulla membrana delle APC, i complessi peptide-classe II vengono riconosciuti dai linfociti T CD4+ specifici, con il co-recettore CD4 che ha ruolo essenziale di legarsi a regioni non polimorfe della molecola di classe II. Il basso grado di dissociazione e la lunga emivita del complesso peptide-MHC aumentano la probabilità che una cellula T specifica per tale complesso prenda contatto con esso, si leghi e venga quindi attivata. Un numero molto piccolo di complessi peptide-MHC è sufficiente ad attivare un linfocita T specifico. Come può un linfocita T riconoscere ed essere attivato da un antigene estraneo quando esso incontra APC che espongono prevalentemente complessi MHC-PEPTIDI self?I linfociti T sono molto sensibili, per attivarli sono sufficienti solo pochi complessi MHC-PEPTIDE riconosciuti specificamente. Perché di norma non si verificano risposte immunitarie contro le proteine self? I complessi PEPTIDE-MHC self si formano, ma non inducono autoimmunità perché i linfociti T specifici per tali complessi sono inattivati o deleti. Perciò le cellule T non possono rispondere normalmente agli antigeni self. Immunogenicità degli antigeni proteici Le molecole MHC determinano l'immunogenicità degli antigeni proteici in due modi tra loro correlati: - Gli epitopi delle proteine complesse che sono maggiormente capaci di evocare risposte cellulari T sono spesso quei peptidi che vengono generati per proteolisi nelle molecole APC e che si legano con maggiore avidità alle molecole MHC. Se un individuo viene immunizzato con un antigene proteico che possiede molte determinanti antigeniche, la maggior parte dei linfociti T.

responsivi sarà specifica per una o poche sequenze amminoacidiche lineari di quell'antigene. Queste sono denominate EPITOPI IMMUNODOMINANTI.

L'espressione di particolari alleli MHV-II in un individuo determina la possibilità di questo individuo di rispondere a un determinato antigene. Nella risposta immunitaria i geni che controllano le risposte anticorpali sono i geni strutturali MHC-II; essi influenzano la responsività immune in quanto le diverse forme alleliche delle molecole MHC-II differiscono nella loro capacità di legare i differenti peptidi antigenici e quindi di stimolare i linfociti T helper specifici.

È probabile che la maggior parte degli individui esprima almeno una molecola MHC capace di legarsi a uno dei determinanti di una proteina complessa, così che tutti gli individui possano essere responsivi a tali antigeni complessi. Inoltre la necessità per ciascuna specie di produrre molecole MHC capaci di legare molti peptidi.

differenti possono costituire la pressione selettiva utile al mantenimento del polimorfismo dell'MHC. Presentazione degli antigeni lipidici da parte delle molecole CD1. Un'eccezione alla regola che le cellule T possono vedere solo peptidi è il riconoscimento di antigeni lipidici e glicolipidici da parte di una popolazione di cellule T chiamate CELLULE NK-T. Le cellule NK-T riconoscono i lipidi e i glicolipidi espressi da molecole MHC "non-classiche", come le molecole "classe 1 simili", chiamate CD1. Le molecole CD1 appena sintetizzate legano i lipidi e li portano sulla superficie cellulare. Da qui i complessi CD1-LIPIDE sono endocitati negli endosomi e nei lisosomi, dove i lipidi che sono stati ingeriti dall'ambiente esterno sono catturati e i nuovi complessi CD1-LIPODI ritornano sulla superficie cellulare. Così le molecole CD1 durante il ricircolo prendono gli antigeni lipidici endocitati e li presentano, apparentemente senza processarli. Le cellule

NK. Tche riconoscono gli antigeni lipidici possono avere un ruolo nella difesa contro i microbi, soprattutto contro i microbi batteri (che sono ricchi di componenti lipidiche).

Superantigeni

I superantigeni sono particolari molecole di natura peptidica o oligo-proteica in grado di stimolare direttamente una risposta massiccia ed eccessiva da parte del sistema immunitario.

Nella patologia umana, sono particolarmente noti i superantigeni prodotti da batteri, come la tossina-1 della sindrome da shock tossico (TSST-1) prodotta dallo Staphylococcus aureus o come l'esotossina pirogena prodotta da Streptococcus pyogenes. Anche il virus della rabbia e il virus EBV sono in grado di interagire direttamente con i linfociti T, analogamente ai superantigeni.

Meccanismo d'azione

Differentemente dagli altri antigeni, i superantigeni sono riconosciuti dai linfociti T senza essere processati in peptidi ed esposti con le MHC-II. La particolare conformazione chimica dei superantigeni permette il loro legame.

Con le regioni invarianti del recettore delle cellule T e con gli MHC-II espressi dalle cellule presentanti l'antigene. La cascata delle chinasi intracellulare conseguente, innesca l'attivazione massiccia dei linfociti T, con produzione di citochine e connessa sintomatologia da SIRS; inoltre, i superantigeni sopprimono la risposta immunitaria adattiva, contribuendo allo sviluppo e alla permanenza delle infezioni sostenute da batteri e virus. Un superantigene può stimolare dal 2 al 20% di tutta la popolazione di linfociti T presenti.

Cellule che presentano l'antigene - APC (Antigen Presenting Cells)

Le APC svolgono due importanti funzioni nell'attivazione dei linfociti T CD4+. In primo luogo, le APC trasformano gli antigeni proteici in peptidi per poi presentarli, sotto forma di complessi peptidi-MHC, ai linfociti T. La trasformazione delle proteine native in frammenti peptidici che si legano all'MHC prende il nome di processazione dell'antigene da parte delle APC.

Secondo, le APC forniscono ai linfociti T stimoli ulteriori rispetto a quelli inviati dal recettore per l'antigene a seguito dell'interazione con il complesso MHC-peptide. Tali stimoli, definiti segnali costimolatori, sono necessari per la completa risposta dei linfociti T. La funzione di presentazione dell'antigene da parte delle APC è aumentata dalla presenza di prodotti di origine microbica. Infatti le cellule dendritiche e i macrofagi esprimono i "Toll-like receptors" che, dopo aver legato i microbi, inviano alle cellule segnali di attivazione che provocano l'aumento dell'espressione delle molecole MHC e delle molecole costimolatorie, aumentando l'efficienza della presentazione dell'antigene. Diversi tipi di cellule possono funzionare da APC per l'attivazione dei linfociti naïve e delle cellule T effettrici già differenziate. Le cellule dendritiche sono le APC più efficaci nell'attivare le cellule T CD4+ e

CD8+ e nel dare inizio alle risposteT. I macrofagi presentano gli antigeni ai linfociti T CD4+ differenziati nella fase effettrice dell'immunità cellulo-mediata mentre i linfociti B presentano l'antigene ai linfociti T helper durante la risposta immunitaria umorale. Le cellule dendritiche, i macrofagi e i linfociti B esprimono molecole MHC di classe II e molecole costimolatorie e sono perciò capaci di attivare i linfociti T CD4+. Per questo sono state chiamate APC professionali; tuttavia questo termine viene spesso utilizzato per riferirsi esclusivamente alle cellule dendritiche dato che queste sono le uniche cellule ad essere esclusivamente specializzate per la cattura e la presentazione dell'antigene.

Tipi: I due tipi principali sono: le DC convenzionali e le DC plasmacitoidi. Ogni DC può poi essere classificata come matura o immatura a seconda che abbia o meno incontrato l'antigene. Le cellule immature in genere non possono attivare i linfociti T.

ma possono esporre antigeni self per selezionare quelli più autoreattivi (e quindi pericolosi).o DC convenzionali

Le cellule dendritiche convenzionali (precedentemente note come DC mieloidi) derivano da progenitori midollari e costituiscono la maggiore sottopopolazione di DC. Hanno la capacità unica di migrare negli organi linfoidi secondari dopo aver incontrato l'antigene per esporlo sulla superficie ed attivare i linfociti T. Le dendritiche presenti negli epiteli sono denominate cellule di Langerhans, mentre negli altri tessuti DC interstiziali o dermiche. Negli epiteli le cellule di Langerhans, pur costituendo meno dell'1% delle cellule totali, coprono con i loro prolungamenti il 25% della superficie cutanea.

Si suddividono in tre tipologie:

  • CDc+: 0,4% nel sangue;
  • CD141+: 0,2% nel sangue;
  • SLAN DC: 1,2% nel sangue.

Le cellule cDC producono soprattutto TNF, INF-β e IL-12. Presentano recettori come TLR4 e TLR3, che oltre che RLR come

RIG-1 attraverso IRF3 porta alla produzione di IFN-β, e MDA5 che riconoscono Dan virale e attivano TBK1 e IKKε.

Le cellule dendritiche plasmacitoidi, pur avendo un'origine mieloide, assomigliano alle plasmacellule e subiscono una trasformazione morfologica dopo attivazione. Di numero limitato sono presenti nelle zone T della milza e dei linfonodi dove secernono grandi quantità di IFN di tipo I (durante infezioni virali) in risposta a stimoli captati.

Sono specializzate nella produzione di altissimi livelli di IFN-α grazie a recettori come TLR7, TLR9, TLR8. Inoltre si è visto che presentano pure RLR e recettori di DNA citoplasmatico come DHX36, DHX9. I recettori portano all'attivazione della via Myd88 dipendente e quindi attiva IRF7.

NF-κB

Cellula di Langerhans

Le cellule di Langerhans sono cellule dendritiche (presentanti l'antigene) abbondanti nella cute e in alcune mucose. Il nome deriva dal tedesco Paul Langerhans.

(1847-1888) che per primo le descrisse nella pelle. Insieme alle cellule dendritiche del derma e ai macrofagi cutanei costituiscono parte del SALT (Skin Associated Lymphoid Tissue) come DC monocitoidi IMMATURE della CUTE. Sono simili ai melanociti a causa della loro morfologia ramificata, ma differiscono da questi a causa dell'assenza di pigmento (e quindi dei granuli di melanina) e dalla presenza dei granuli di Birbeck. Non si confondano con le cellule di Langhans, ovvero cellule giganti plurinucleate sottoclasse di macrofagi, né tantomeno con le isole di Langerhans.

Origine: Le cellule dedritiche si sviluppano a partire da cellule staminali emopoietiche, ossia quel gruppo di cellule pluripotenti che danno origine a tutte le cellule del sangue. Le DC convenzionali e quelle plasmocitoidi si originano dalle cellule ematopoietiche midollari, collocate cioè nel midollo osseo, mentre quelle follicolari hanno origine mesenchimatica. Dalle cellule staminali si origina un

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Mirta_99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Immunologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi della Tuscia o del prof Velotti Francesca Romana.