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Il processo agli untori Pag. 1
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Estratto del documento

URSU DENISA IONELA

904213

un mezzo processuale, non un mezzo di prova, ma serviva ad ottenere la verità,

l’importante era che l’imputato parlasse, non che confessasse.

Venne sottoposto alla tortura della corda. Guglielmo Piazza resistette per le 3

volte, quindi aveva purgato gli indizi. Si diceva che girasse per fiere e che si

faceva torturare per poter resistere un giorno. I giudici capirono di aver sbagliato

strategia, così gli promisero di lasciarlo libero a costo che egli dica la verità.

Trascinò nella sua disgrazia Giangiacomo Mora, il quale non poteva fare lo

spezziere, quindi era conosciuto come un barbiere di professione. Quando

quest’ultimo vide irrompere nella sua bottega le guardie, lui temette che in realtà

vogliano contestargli un illecito amministrativo, ignaro di tutto quello che stava

avvenendo. Mora fu talmente spaventato che sbagliò tattica e confessò subito;

disse che quei signori erano venuti per l’unguento, perché lui in realtà ne aveva

preparato uno che avrebbe dovuto preservarlo dal contagio. Questi misero a

soqquadro la bottega e trovarono un unguento per evitare la rogna, ampolla di

olio di scorpioni, oro potabile… Uscirono nel cortile e trovarono un mastello sul

fondo del quale c’era una sostanza gialla, untuosa, quindi la sbatterono sul muro

per capire cosa fosse, e quest’ultima rimase appiccicata. Ma non erano convinti,

quindi chiamarono altri esperti per cercare di capire che cosa fosse, ma non

seppero dirlo.

Mora venne preso e imprigionato. Strappò in mille pezzi una carta sulla quale

aveva annotato la sua attività di spezziere di straforo, ma chiaramente questo fu

un indizio che dette molti sospetti. Prima di subire la tortura pregò e infine,

cedette alla tortura, soprattutto dopo un confronto serrato con Piazza e capì che

era lui l’uomo che lo aveva coinvolto. Disse che lui aveva preparato l’unguento,

ma era stato il commissario di sanità ad ordinarglielo e fu lui che gli aveva anche

procurato gli elementi per poterlo preparare. A quel punto i magistrati

imprigionano nuovamente Piazza perché lo avevano lasciato libero a costo che

lui dicesse la verità, e capirono che egli aveva mentito e che non aveva

rispettato il patto. A questo punto i due dissero che il mandante di tutta

l’operazione era stato Giovanni Gaetano Padilla, un nobile spagnolo. Quindi i

magistrati giunti a questo punto, pensarono che l’unzione non era un fatto

compiuto da gente pazza, ma che era un complotto politico. I giudici videro

implodere nelle loro mani il processo, con l’idea a quel punto che sia la Spagna

stessa che si era servita dei propri governatori per piegare la città di Milano. I

giudici erano in difficoltà: dovettero interrogare Padilla, il quale era un nobile e

quindi non poteva essere sottoposto alla tortura, ma stette in carcere per ben

due anni, poi venne dimesso.

Il 1 agosto si ebbe l’esecuzione della sentenza con cui si affermò quello che

sarebbe dovuto avvenire: per un reato così grave la morte non bastava. 17

persone vennero trascinate su un carretto e l’unico che non confessò fu un

ragazzo di 17 anni che messo sotto tortura disse che preferiva morire, ma non

perdere la sua anima. Queste persone vennero trascinate sul carretto in mezzo

alla folla: gli vennero amputate le mani, strappate le lingue e i nasi e vennero

intrecciati alle ruote, spezzando tutte le loro ossa. Bruciarono i corpi e dispersero

le ceneri perché chi commetteva un delitto così grave non era degno di una

sepoltura cristiana. Nella follia del momento la casa del Mora venne abbattuta e

venne elevata la Colonna Infame che serviva a ricordare che non si poteva più

costruire in quel punto e poi venne eletta la lapide. L’esecuzione avvenne in

Piazza della Vetra perché era il luogo delle esecuzioni delle persone “normali”

dove ordinariamente avveniva l’impiccagione perché era una maniera di morire 2

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
3 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/19 Storia del diritto medievale e moderno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ursu.denisa03 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del diritto medievale e moderno e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Parini Sara Veronica.