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Quando la proposizione della querela di falso avviene in via incidentale, il giudice deve interpellare
la parte che ha prodotto il documento (di cui si chiede la dichiarazione di falsità) e chiederle se
vuole mantenerne la produzione oppure lo vuole ritirare. Se la parte decide di ritirarlo, allora il
documento non è più utilizzabile in quel processo. Se invece non lo ritira, il giudice deve valutarne
la rilevanza autorizzandone, nel caso in cui risulti (per l’appunto) rilevante, la presentazione della
querela. Nell’udienza in cui è presentata la querela, si forma – ex art.223 – processo verbale di
deposito nelle mani del cancelliere del documento impugnato.
Se il giudice che ammette la querela di falso è un giudice di pace o una corte di appello, occorre che
la causa di falso sia riassunta di fronte al tribunale e ciò comporta la sospensione necessaria del
processo originario. Se, invece, il processo pende di fronte al tribunale, allora il giudice istruttore
può scegliere se continuare anche l’istruttoria della causa originaria oppure sospenderla per
dedicarsi soltanto a quella della causa di falso.
Ad ogni modo, l’art.225 stabilisce che sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio. Il giudice
istruttore può rimettere le parti al collegio per la decisione sulla querela indipendentemente dal
A cura di Simone Ventriglia
merito. Il collegio, con la sentenza che rigetta la querela di falso, ordina la restituzione del
documento e condanna la parte querelante a una pena pecuniaria. Con la sentenza che, invece,
accerta la falsità, il documento viene privato della sua efficacia probatoria.
[La falsità, che si fa valere con la querela di falso, rileva anche penalmente e quindi determina
l’apertura di un processo penale la cui pendenza non implica la sospensione del processo civile.
Difatti, i due processi vanno avanti parallelamente e ognuno arriva autonomamente alla sua
conclusione il cui esito può essere anche contrastante con quello dell’altra. Tuttavia – ai sensi
dell’art.654 c.p.p. – se la sentenza penale passa in giudicato in un momento in cui essa può essere
ancora recepita nel processo civile, allora ciascuna parte, producendo in giudizio la sentenza penale,
vincola il giudice civile all’accertamento dei fatti storici, effettuato nella sentenza penale.]
36) Documenti informatici.
La rappresentazione di atti o fatti può essere anche informatica, in quanto si considera documento
qualsiasi oggetto dotato di capacità rappresentativa. A tal proposito, il Codice dell’amministrazione
digitale – vale a dire il D.Lgs.n.82/2005 – disciplina i documenti elettronici ed informatici che
hanno forma scritta, sebbene necessitino di particolari apparecchiature per essere percepiti.
Così, con riguardo ai documenti informati, il primo problema che si pone è quello circa la loro
provenienza, ovvero di trovare un meccanismo – alternativo alla sottoscrizione – che dia certezza
della loro imputabilità. A tal proposito, per il documento informatico si è reso necessario concepire
una sottoscrizione elettronica in grado di assicurare il legame tra il firmatario e il documento
informatico. Si tratta di un processo informatico basato su algoritmi crittografici utilizzati come
metodo di identificazione.
Più in particolare – ai sensi dell’art.20, comma 1bis del sopracitato codice – si prevede che il
giudice possa liberamente valutare in giudizio circa il valore probatorio e l’idoneità del documento
informatico a soddisfare il requisito delle forma scritta, tenuto conto delle sue caratteristiche e
fermo restando quanto disposto dall’art.21. Quest’ultimo, difatti, stabilisce che il documento
informatico abbia una diversa efficacia probatoria a seconda della firma che gli è apposta:
• se si tratta di firma elettronica semplice – non essendo garantite l’integrità del documento e
l’identificabilità dell’autore – questa è liberamente valutabile in giudizio;
• se si tratta di firma elettronica avanzata, qualificata o digitale – essendo garantite
l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento – questa
attribuisce al documento piena efficacia legale ex art.2702 c.c. L’utilizzo del dispositivo di
firma elettronica, qualificata o digitale si presume, infatti, riconducibile al titolare, salvo
prova contraria. Vi è, dunque, una sorta di presunzione di provenienza che va vinta
dimostrando l’abusivo utilizzo del dispositivo.
In sintesi, le firme elettroniche avanzate sono lo strumento attraverso cui la valutazione di un
documento informatico avviene senza la libera discrezionalità del giudice, perché con l’apposizione
di esse risultano rispettati: il requisito di forma (integrità e immodificabilità del documento;
identificabilità dell’autore); l’efficacia probatoria di prova legale; la riconducibilità del dispositivo
al titolare.
Da evidenziare, infine, che l’art.2712 c.c. in materia di riproduzioni meccaniche sia stato modificato
nel 2005 con l’aggiunta del termine “informatiche”. In questo modo, si attribuisce la piena efficacia
probatoria anche a tali riproduzioni, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la
conformità ai fatti o alle cose rappresentate.
37) Prove atipiche.
A cura di Simone Ventriglia
Gli strumenti probatori hanno la caratteristica della tipicità, nel senso che i mezzi di prova sono solo
quelli previsti dal legislatore. Ne consegue che si dovrebbero ritenere inutilizzabili quei mezzi di
prova atipici, ossia non espressamente previsti dalla legge. Questo principio tuttavia deve essere
interpretato nel senso che il legislatore prevede in concreto tutti i mezzi di prova astrattamente
idonei. Pertanto, il principio di tipicità delle prove di fatto non esclude strumenti probatori che
potrebbero essere utilmente utilizzati, ma esclude quei mezzi di prova che, secondo la communis
opinio , non sono attendibili.
In mancanza di una legge che ne legittimi espressamente l’ammissibilità, giurisprudenza e dottrina
sono concordi nel ritenere che nel processo civile siano utilizzabili le prove atipiche – ossia quelle
prove formatesi in altro procedimento giudiziario – nel rispetto del contradditorio delle parti in
causa, la cui efficacia probatoria deve essere assimilata a quella delle presunzioni semplici ex
art.2729 c.c. o argomenti di prova e che tecnicamente trovano ingresso con lo strumento della
produzione documentale, soggiacendo ai limiti temporali posti a pena di decadenza e nel rispetto,
quindi, delle preclusioni istruttorie.
La scelta di dottrina e giurisprudenza ad escludere che l’elencazione delle prove nel processo civile
sia tassativa, e a ritenere quindi ammissibili le prove atipiche, si fonda sulle seguenti osservazioni:
l’assenza dell’indicazione del numerus clausus delle prove; l’oggettiva estensibilità contenutistica
del concetto di produzione documentale; l’affermazione del diritto alla prova ed il correlativo
principio del libero convincimento del giudice; il principio di acquisizione di un fatto utile allo
svolgimento del processo. A ciò va, poi, aggiunto che l’atipicità del mezzo probatorio dipende –
spesso – da un’utilizzazione “distorta” dello stesso: quando, ad esempio, lo si usa per una finalità
diversa da quella ad esso riservata; o ancora, quando la prova sia acquisita al giudizio con modalità
diversa rispetto a quella prevista.
Fermo restando l’assoluto rispetto del contradditorio delle parti, l’ingresso delle prove atipiche nel
processo civile avviene con certe precise modalità: innanzitutto, non può che essere effettuato con
lo strumento della produzione documentale, e deve conseguentemente soggiacere ai limiti temporali
posti a pena di decadenza ed alla possibilità della controparte di replicare e controdedurre; inoltre,
una volta acquisite, le prove atipiche vanno utilizzate come meri indizi, dunque devono essere
connotate da gravità, precisione e concordanza; il nesso inferenziale da fatto noto a ignoto deve
avere una logica persuasiva molto ampia.
Sebbene sia sostanzialmente impossibile ricondurre concettualmente ad unità le prove atipiche,
l’esperienza giurisprudenziale ne ha individuate quelle principali: gli scritti provenienti da terzi a
contenuto testimoniale; i verbali di prove espletate in altri giudizi; gli atti dell’istruttoria penale od
amministrativa; i chiarimenti resi al CTU, informazioni da lui assunte e risposte eccedenti il
mandato; le perizie stragiudiziali; le sentenze di altri processi e quelle di patteggiamento.
Ad ogni modo, le prove atipiche non sono utilizzabili se contrarie alla legge o alla costituzione e per
la loro utilizzazione occorre un’adeguata motivazione.
38) Interrogatorio formale.
L’interrogatorio formale è un mezzo di prova costituendo, in quanto è lo strumento attraverso il
quale può essere provocata la confessione giudiziale della parte per ottenerne l’acquisizione al
processo. Esso ha, pertanto, efficacia probatoria solo quando si ottiene la dichiarazione di fatti a sé
sfavorevoli.
L’art.230 c.p.c. disciplina le modalità attraverso cui si svolge l’interrogatorio formale. Ai sensi del
comma 1, esso deve essere richiesto dalla parte – non essendo disponibile d’ufficio – mediante
l’individuazione dei fatti, che saranno oggetto dell’interrogatorio, con articoli separati e specifici. È,
A cura di Simone Ventriglia
quindi, necessario far riferimento a precise circostanze di fatto di cui l’interrogato dovrà affermare
la verità o la falsità.
Di fronte alla richiesta di interrogatorio formale, il giudice – come per qualunque mezzo di prova
costituendo – deve valutarne l’ammissibilità e la rilevanza: la prima con riferimento ai presupposti
di efficacia della confessione; la seconda con riferimento all’idoneità o meno di quel fatto ad
integrare un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo.
Formulate le questioni, inoltrata la richiesta, valutate ammissibilità e rilevanza, il giudice istruttore
procede all’assunzione dell’interrogatorio nei modi e nei termini stabiliti nell’ordinanza che
l’ammette. Ancora, con riferimento a ciò che può essere dedotto, il comma 3 stabilisce che non
possono farsi domande su fatti diversi da quelli formulati nei capitoli, ad eccezione delle domande
su cui le parti concordano e che il giudice ritiene utili; ma il giudice può chiedere sempre i
chiarimenti opportuni sulle risposte date.
All’udienza la parte deve comparire personalmente.