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Il problema del male in rapporto al ruolo di Dio nel mondo (Malebranche, Arnauld, Bayle, Leibniz e Cartesio)
Il dibattito riguardo al ruolo di Dio e al problema del male nasce nel XVII secolo ma ha come punto di partenza il dialogo platonico EUTIFRONE. Eutifrone è un sacerdote che accusa Socrate di empietà e dice di aver denunciato il padre per aver ucciso un lavorante, ma in realtà il padre aveva fatto imprigionare il lavorante che aveva ucciso un servitore. Socrate incontra Eutifrone e gli chiede cosa, secondo lui, sia empio e cosa sia pio. Secondo Eutifrone, empio è ciò che gli dei non amano e pio è ciò che gli dei amano.
Un'altra figura da cui il dibattito ha inizio è il Giobbe biblico: un uomo giusto, che non pecca, ha fede in Dio, ma a un certo punto nella sua vita contra delle difficoltà (perde la famiglia e tutti i suoi beni) e questi mali diventano insopportabili. Per la prima volta quindi alza la voce e si lamenta dei mali subiti.
Il tema della sofferenza degli innocenti e del successo dei malvagi è un tema importante se crediamo che esista un Dio. Se vogliamo imputare Dio di qualcosa, dobbiamo attribuirgli tre caratteristiche: 1. onnipotente: può fare tutto ciò che vuole, la sua volontà non ha limiti 2. onniscente: conosce tutto, anche i difetti delle cose che ha prodotto 3. buono: vuole solo ciò che è bene, è saggio, benevolo e giusto Se Dio ha queste caratteristiche, allora come è possibile che il mondo sia punteggiato di imperfezioni, catastrofi, ingiustizie, mali e sofferenze? Come può Dio permettere il male nel mondo che lui stesso ha creato? A questo punto si aggiunge anche una nuova questione: nel NUOVO TESTAMENTO Dio vuole che tutti gli uomini si salvino, ma il problema è che non tutti ottengono la salvezza, la grazia generata da Dio non ha l'effetto voluto. Da queste premesse fondamentali possiamo entrare nel pieno del dibattito. Nel 1680, ilIl filosofo Nicolas Malebranche pubblica il TRATTATO SULLA NATURA E SULLA GRAZIA, in cui spiega come la perfezione, la bontà e la benevolenza di Dio possano conciliarsi con l'esistenza del male e con quella che sembra un'iniqua distribuzione della grazia. Malebranche parte dal presupposto che Dio possieda le caratteristiche sopraindicate (onniscienza, onnipotenza, bontà) in modo infinito e che queste siano efficaci, che Dio abbia voluto creare il migliore dei mondi possibili. Tuttavia questo mondo ci appare imperfetto e ingiusto, esistono malattie, catastrofi naturali. Dobbiamo però capire, dice il filosofo, che Dio non guarda solo al risultato finale quando crea la natura, ma si ispira alla massima semplicità, all'uniformità, alla fecondità e all'universalità. Dio non compie con mezzi complessi ciò che può eseguire con mezzi semplici, non segue le volontà particolari ma la volontà generale. Il mondo nasce
perché Dio ha voluto che nascesse: ciò significa che al mondo creato da Dio potevano essere risparmiate alcune imperfezioni, le quali però avrebbero compromesso la semplicità e la generalità delle sue operazioni. Dio potrebbe aumentare la perfezione assoluta del mondo, diminuendo i difetti e i mali, ma ciò comporterebbe una maggiore complessità delle vie divine e implicherebbe allontanarsi dalle leggi generali della natura stabilite nella creazione. Quindi, Dio crea il mondo con leggi semplici e generali: il mondo che ha creato è l'unico dei mondi possibili che meglio concilia la perfezione del disegno con la semplicità e la generalità dei mezzi di produzione e conservazione. Per Malebranche la soluzione al problema del male si trova proprio nell' semplicità e nell' uniformità della condotta di Dio nel mondo, nella generalità della volontà divina: con le volontà particolari Dio.Potrebbe correggere i difetti del mondo ma questo significherebbe richiedere miracoli continui. Lo stesso vale anche per la grazia, la quale è distribuita secondo un criterio di generalità imposto da Dio. La distribuzione effettiva della grazia fa sì che non tutti abbiamo il risultato sperato.
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