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Il principe Per Machiavelli il principe fu motivo d’odio da parte

“dell’universale” come

sosteneva Giovanni Battisti Busini condannato a morte per contumacia dalla

corte medicea ma fu anche ciò che più lo rese famoso, facendo in modo che

venisse ricordato relativamente al concetto storico proprio attraverso Il

Principe. Quest’ultimo fu sin dall’inizio motivo di attacchi o difese. Tra gli

strenui difensori ricordiamo Biagio Buonaccorsi che scrisse a Pandolfo

Bellacci, proprio riguardo alla difesa del manoscritto. La medesima cosa fu

fatta anche per mano di Bernardo Giunta nei riguardi di Giovanni Gaddi.

Quest’ultima richiesta risale al 1532. Nonostante la volontà di difendere

strenuamente l’opera, essa venne comunque attaccata sia da cattolici che da

protestanti, che non ne accettavano una lettura “medica” e cioè tecnica. Se la

fazione religiosa lo critica aspramente, la parte filosofico-letteraria lo sostiene

con personalità come Hegel che sostiene che il suo messaggio non sia stato

capito o con Bacone che sostiene che Machiavelli non ha dato consigli su

cosa fosse giusto fare ma ha semplicemente espresso ciò che gli uomini

sono soliti fare. Mentre Shakespeare gli accosta l’appellativo di micidiale. La

differenza comunque de Il Principe rispetto ad un’altra opera di Machiavelli

quale I Discorsi è data dal fatto che la prima esprima il progetto del hic et

nunc (quì e ora). Differente è anche il pensiero europeo da quello italiano.

Nel caso dell’Europa Il Principe viene inteso come sinonimo di genialità,

l’apertura verso un nuovo mondo, per gli italiani invece si identifica nella

ruina. All’interno della sua opera Machiavelli oppone due teorie quella del

bene e quella del male. Proprio perché il contesto politico è da sempre uno

scontro tra luce e tenebra o tra ethos e kratos, come sostiene Meinecke.

Questo scontro è diversamente inteso in una traduzione di Croce del 1946, in

cui il filosofo parla di impeto vitale e creatività morale, che non potrebbero

esistere l’uno senza l’altro. Anche Gramsci nel Quaderno 13, diversifica e

attualizza il pensiero machiavellico, facendolo diventare un caposaldo per la

lotta comunista del suo tempo. Nonostante ciò il politico stesso si rese conto

di come Machiavelli nel suo trattato volesse sottolineare i gravi problemi del

suo tempo. Tra questi esisteva l’incapacità di rendersi conto di quanta

differenza ci fosse tra la storia a lui contemporanea e quella latina, secondo

l’autore sostenere di essere continuatori di quella storia era improprio, in

quanto esisteva una radicale differenza e cioè l’avvento e la presenza ormai

radicata del cristianesimo. Esistevano infatti uomini illustri, come Petrarca che

con le sue opere poneva dei paragoni tra le sua epoca e quella precedente

paragonando l’entrata in Italia di stranieri al compromesso antico tra barbari e

romani. Altro problema del periodo machiavellico era la divisione in stati

dell’Italia che secondo Machiavelli stesso poteva essere risolta solo con la

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Publisher
A.A. 2015-2016
2 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nudoma di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof Ordine Nuccio.