vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
LA ROSA NECESSARIA
Dopo la tragica disfatta del ’39 si venne a creare una frattura con la tradizione riducendo la cultura
e la poesia ad una posizione di provincialità, tutto ciò a causa di almeno due fattori:
- Morte e dell’esilio di quasi tutti gli intellettuali della Repubblica e fra questi anche i maggiori poeti
della generazione del ’27;
- La censura caduta sulle loro opere e su ogni forma di dibattito culturale.
I poeti rimasti in patria risposero in difesa della Hispanidad, per ricondurre la Spagna alla sua
missione di baluardo della cattolicità
Quei poeti divenuti nostalgici dei fasti della Spagna, rifiutarono ogni contatto con la tradizione
spagnola e cultura europea contemporanee.
La maggiore rivista poetica di questi anni risale al 1943, organo d’espressione di quella “Gioventù
creatrice” si chiamò “Garcilaso”, cofondatore della rivista Garcia Nieto. La stessa portava avanti il
progetto di presentare al pubblico intellettuale sia spagnolo che internazionale l’immagine di una
nuova generazione che desse lustro al regime e che andasse a soppiantare quella della
Repubblica. Purtroppo però riuscirono solo a creare una poesia che nel suo preziosismo stilistico
rivelava una diffusa volontà evasiva. Sosteneva inoltre l’idea ortighiana di “Arte per l’Arte” e
operava, dunque, una netta separazione tra letteratura e politica.
In un’altra direzione si mossero invece poeti come Vivanco e Panero che se in un primo tempo
avevano aderito ai temi della poesia di propaganda, in un secondo momento avvertirono il bisogno
di riproporre la missione consolatrice della poesia nel suo valore sentimentale e neutrale, privato e
sopra ogni discussione storica e sociale.
Il 1944 è divenuto simbolo del rinnovamento che sul piano letterario vede la pubblicazione di libri
come “Figli dell’ira” di D. Alonso e “L’ombra del Paradiso” di Aleixandre, o l’inizio di riviste come
Espadaña che annunciavano la fine dell’incontrastato dominio della concezione consolatoria ed
evasiva della poesia.
Espadaña pubblica dal ’40 al 51’ e nasce a León intorno a De Lama un parroco di campagna e altri
due suoi collaboratori, giovani poeti, Crémer e de Nora. Il concetto espadañista della poesia
esprimeva una visione del mondo incentrata sulla realtà storica circostante come iniziativa di un
nuovo modo di far poesia. Tra De Lama che sosteneva un classicismo moderato, Crémer che
preferiva il populismo tremendista e dinnanzi all’autocritica di De Nora si manifestò una crisi,
prevalse però la posizione di De Lama.
De Nora infatti aveva posto, in termini politici, il problema del destinatario poetico chiedendo ai
collaboratori di scegliere tra il pubblico o il popolo i possibili lettori, i quali avrebbero potuto trovarsi
divisi in classi di idee, interessi, gusti, condizioni di vita etc. che potevano essere uguali o opposte
e per questo bisognava decidersi per gli uni o per gli altri. De Lama dichiarò che la rivista non
aveva mai operato scelte poetiche. Qualche mese dopo Espadaña interrompeva le sue
pubblicazioni.
In questi anni si fece più acuta e problematica la ricerca da parte degli intellettuali di una nuova
funzione pubblica, politica della letteratura e della cultura in generale. L’adozione del realismo servì
ad esprimere le nuove istanze etico-politiche della letteratura che serviva adesso ad esprimere
anche ciò che era proibito. L’assunzione della poesia come uno strumento al servizio della
trasformazione del Paese, aveva indotto a privilegiare gli aspetti contenutistici, gli interessi didattici
producendo per questo una poesia sfumata nel valore letterario.
Furono proprio intellettuali come Barral, Gil de Biedma, Valente, Gonzales a muovere contro il
rischio di immiserimento e degradazione della poesia. Essi sono diversi tra loro per estrazione