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La crisi politica e il ''biennio rosso''; le elezioni del 1919: Nelle prime

elezioni politiche del dopoguerra, nel novembre 1919 si usò il nuovo metodo

della rappresentanza proporzionale con scrutinio di lista: metodo che

prevedeva il confronto tra liste di partito, anziché tra singoli candidati,

assicurando alle forze politiche un numero di seggi proporzionale ai voti

ottenuti, favorendo i gruppi organizzati su base nazionale. Esito disastroso per

la vecchia classe dirigente: i liberal-democratici, presentati divisi alle

elezioni, persero la maggioranza assoluta passando da 300 a 200 seggi; i

socialisti, che dichiararono di ispirarsi al modello sovietico, ottennero un

successo clamoroso (156 seggi); il Partito popolare italiano si affermò come

principale novità politica del dopoguerra, fondato all'inizio del 1919 da un

sacerdote italiano, don Luigi Sturzo. Il Ppi, riuniva forze di aspirazione

cattolica, pur non esprimendo direttamente gli interessi della Chiesa, e

adottando un programma democratico, questo partito godeva dell'appoggio

della Chiesa, spaventata dai socialisti. L'unica maggioranza possibile era

quella basata sull'accordo tra popolari e liberal-democratici. Su questa

debole alleanza si fondarono gli ultimi governi dell'era liberale, prima

dell'arrivo del fascismo.

Lo squadrismo fascista; i fasci di combattimento: Il 23 marzo 1919, l'ex

socialista rivoluzionario Benito Mussolini, direttore del quotidiano ''Il Popolo

d’Italia'', fondò a Milano i ''Fasci di combattimento''. Il nuovo movimento si

schierava politicamente a sinistra, chiedeva grandi riforme sociali e si

dichiarava favorevole alla repubblica; nel contempo ostentava un acceso

nazionalismo e avversione nei confronti del Partito socialista. Nelle elezioni

del 1919 le liste dei Fasci ottennero poche migliaia di voti e nessun

deputato.

Fascismo agrario e leghe rosse: Tra la fine del 1920 e l'inizio del 1921, il

movimento subì un rapido processo di mutazione che lo portò a mettere da

parte il programma radical-democratico, e organizzare formazioni para-

militari (le squadre d'azione), e condurre una lotta spietata contro il

movimento socialista, in particolare contro le organizzazioni contadine nella

Valle Padana, le leghe rosse. A causa di questo riflusso antisocialista da

parte di Mussolini si parlò di ''fascismo agrario''. Le leghe rosse, avevano

conosciuto un notevole sviluppo: controllavano il mercato del lavoro e avevano

in mano buona parte delle amministrazioni comunali. Ad aprire le prime brecce

nell'edificio delle organizzazioni rosse fu proprio l'offensiva fascista. L'episodio

scatenante si verificò a Bologna il 21 novembre 1920, quando gli squadristi

impedirono la cerimonia d'insediamento della nuova amministrazione

comunale socialista. Vi furono scontri e sparatorie, con morti e feriti, dentro e

fuori il Palazzo d'Accursio, sede del municipio. Per errore, i socialisti

incaricati di difendere il palazzo comunale gettarono bombe a mano sulla folla,

composta dai loro stessi sostenitori, provocando una decina di morti. I

proprietari terrieri cominciarono a sovvenzionare i Fasci generosamente (questi

ultimi potevano abbattere il potere delle leghe). Il movimento fascista vide

affluire nelle sue file numerose reclute: ufficiali smobilitati, ex arditi che

volevano reinserirsi nella vita civile, figli della piccola borghesia e vari

giovani. Nel giro di pochi mesi, il fenomeno dello squadrismo dilagò in

tutte le province padane, estendendosi anche ad altre zone del Centro-

nord. Immune dal contagio fascista rimaneva il Mezzogiorno, eccetto la

Puglia dove vi era una fitta rete di leghe socialiste.

Le tecniche squadriste: Le squadre partivano in genere dalle città e si

spostavano in camion per le campagne, verso i centri rurali. Obiettivo delle

spedizioni erano non solo le sedi delle amministrazioni locali e delle

rappresentanze sindacali socialiste, ma anche i municipi, le Camere

del lavoro, le leghe, le Case del popolo, che vennero devastate e

incendiate, le persone stesse, dirigenti e militanti socialisti, furono sottoposti a

ripetute violenze e spesso costretti a lasciare il loro paese. Le

amministrazioni ‘’rosse’’ della Valle Padana furono in buona parte

costrette a dimettersi. Centinaia di leghe furono sciolte e molti dei loro

aderenti passarono, per scelta o costrizione, alle nuove organizzazioni fasciste.

La forza pubblica, vedendo nei fascisti dei naturali alleati nella lotta contro i

‘’rossi’’, non si oppose all’efficacia delle azioni squadristiche. Pesanti furono le

responsabilità del governo. Giolitti, pur evitando di favorire apertamente lo

squadrismo, pensò di servirsi del movimento fascista per ridurre le pretese

socialiste (e gli stessi popolari), con la speranza di poterli assorbire in seguito

nella maggioranza liberale.

Mussolini alla conquista del potere: Le elezioni del 1921: Alle elezioni

del maggio 1921, candidati fascisti entrano nei cosiddetti blocchi nazionali,

cioè nelle liste di coalizione in cui i gruppi ‘’costituzionali’’ (conservatori,

liberali, democratici) si unirono. La campagna elettorale fornì loro lo

spunto per intensificare intimidazioni e violenze contro gli avversari. I risultati

delle urne delusero chi aveva voluto le elezioni. I socialisti furono indeboliti,

mentre i popolari si rafforzarono. I gruppi liberal-democratici

migliorarono le loro posizioni, ma non abbastanza da riacquistare il

completo controllo del Parlamento. Fecero ingresso alla Camera 35 deputati

fascisti, con a capo Mussolini.

Il patto di pacificazione e la nascita del Pnf: L’esito delle elezioni di

maggio pose fine al governo di Giolitti, che si dimise nel luglio 1921. Il suo

successore, l’ex socialista Ivanoe Bonomi, tentò di far uscire il paese dalla

guerra civile, favorendo una tregua d’armi tra le due parti in lotta. Nell’agosto

1921 fu firmato un patto di pacificazione tra socialisti e fascisti, che si

impegnavano a rinunciare alla violenza e a sciogliere le loro formazioni armate.

Il patto rientrava nella strategia di Mussolini, che mirava a inserirsi nel gioco

politico ‘’ufficiale’’ e temeva il diffondersi di una reazione popolare contro lo

squadrismo. Questa strategia non era condivisa dai fascisti intransigenti, i ras.

I ras (Grandi a Bologna, Farinacci a Cremona, Balbo a Ferrara ecc..)

sabotarono il patto di pacificazione e misero in discussione l’autorità di

Mussolini. La ricomposizione si ebbe al congresso dei Fasci tenutosi a Roma

ai primi di novembre. Mussolini si rese conto di non poter fare a meno dello

squadrismo agrario e sconfessò il patto. I ras riconobbero la guida politica di

Mussolini e accettarono la trasformazione del movimento fascista in partito,

cosa che avrebbe limitato la loro libertà d’azione. Nasceva così il Partito

nazionale fascista (Pnf), con una base di oltre 200 mila iscritti, in gran parte

nelle regioni del Centro-nord.

L’agonia dello Stato liberale: Il ministero Bonomi cadde nel febbraio 1922.

Il debole governo di Luigi Facta non mise alcun freno alla violenza fascista

che si rese protagonista di operazioni sempre più ampie e clamorose:

scorrerie che coinvolgevano intere province, occupazione di grandi centri,

come Ferrara, Bologna e Cremona. In risposta ai dirigenti sindacali sulla

proclamazione di uno sciopero generale legalitario in difesa delle libertà

costituzionali, i fascisti lanciarono una nuova e più violenta offensiva contro il

movimento operaio, che fu sconfitto. Il fascismo doveva porsi il problema della

conquista dello Stato. In questa fase delicata, Mussolini, stipulò trattative

con tutti i più autorevoli esponenti liberali, rassicurò la monarchia e si

guadagno il favore degli industriali. D’altra parte prepara l’apparato militare

del fascismo ad un colpo di Stato.

La marcia su Roma: Prese corpo il progetto di una marcia su Roma, ossia

una mobilitazione generale di tutte le forze fasciste, con obiettivo la

conquista del potere centrale. L’esercito regolare avrebbe potuto fermarli,

ma nessuna delle autorità lo fece. Mussolini contava sulla debolezza del

governo e sulla neutralità della monarchia. Spaventato dalla prospettiva di una

guerra civile, Vittorio Emanuele III rifiutò, la mattina del 28 ottobre 1922 (il

giorno della marcia fascista), di firmare il decreto per la proclamazione dello

stato d’assedio (cioè il passaggio dei poteri alle autorità militari), preparato

di fretta dal governo Facta. Mussolini non si accontentò della partecipazione

fascista a un governo guidato da un esponente conservatore, ma chiese e

ottenne di essere chiamato lui stesso a presiedere il governo. Il 30 ottobre

1922, mentre gli squadristi entravano nella capitale senza incontrare

alcuna resistenza, Mussolini fu ricevuto dal re. La sera stessa il nuovo governo

guidato da Mussolini era pronto. Ne facevano parte, oltre ai fascisti,

liberali giolittiani, liberali di destra, democratici e popolari.

Cambio di governo o nuovo regime?: La crisi si era risolta in modo

ambiguo. I fascisti gridarono al trionfo. I moderati si rallegrarono del fatto che

la legalità costituzionale, violata nei fatti, era stata rispettata nelle forme. I

rivoluzionari (socialisti massimalisti e comunisti) si illusero che nulla fosse

cambiato. Il paese nel suo complesso fu indifferente o si rassegnò, non

capendo che presto si sarebbe verificato un cambio di regime.

Verso il regime: Il Gran consiglio e la Milizia: Salito al potere con una

finta rivoluzione, Mussolini, con 35 deputati, non disponeva di una sua

maggioranza alla Camera. Riuscì ugualmente a consolidare il suo potere,

grazie agli alleati di governo liberi e cattolici, i cosiddetti ‘’fiancheggiatori’’.

Nel dicembre 1922 fu istituito il Gran consiglio del fascismo, che indicava le

linee generali della politica fascista e le camicie nere (milizia dei volontari)

che diventeranno una carica legalizzata. Nel gennaio 1923, le squadre fasciste

vennero inquadrate nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale: un

corpo armato di partito, che doveva disciplinare lo squadrismo e limitare il

potere dei ras. L’istituzionalizzazione della Milizia non fece cessare le violenze

illegali contro gli oppositori, alle quali ora si sommava la repressione ‘’legale’’

condotta dalla magistratura e dagli organi di polizia. Tutto ciò fu disastroso. Il

numero degli scioperi diminuisce e i salari reali subirono una costante

riduzione.

La ripresa economica: Fu alleggerito il carico fiscale sulle imprese,

privatizzato il servizio telefonico e contenuta la spesa statale,

sfoltendo i dipendenti pubbl

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Publisher
A.A. 2018-2019
10 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/02 Storia moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher agostino067 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzione di storia moderna d'italia e d'europa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Meringhi Teodoro.