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B. I REGOLAMENTI
I regolamenti sono fonti adottate dagli organi del potere esecutivo (art. 87, comma 5 della Costituzione) o da altre
autorità nei limiti in cui è loro attribuita un’autonoma potestà normativa. Essi, di regola, non attribuiscono particolari
diritti, obblighi o facoltà, ma ne regolano l’esercizio.
Anzitutto, parlando di norme emanate dal potere esecutivo, dobbiamo evitare la possibile confusione di far
coincidere il concetto di regolamento con ogni norma che provenga dal governo. Infatti, i decreti legislativi (emessi in
forza di delega legislativa: come quelli emanati in virtù delle leggi comunitari per applicare le norme dell’Unione
europea) e i decreti legge (emessi dal potere esecutivo in attesa della loro conversione entro sessanta giorni) hanno
la stessa forza della legge; nella gerarchia delle fonti vanno considerati come leggi, pur non essendo leggi formali, e
possono a loro volta essere integrati da un regolamento. Invece, il regolamento è per sua natura, in quanto fonte
secondaria, subordinato all’atto legislativo.
Tipica forma di regolamento è quello esecutivo: esso è un mezzo per facilitare la retta applicazione delle leggi e serve ad
assicurare l’operatività.
Invece i regolamenti di attuazione sono emanati anche per integrare atti legislativi contenenti norme di principio.
Vi sono inoltre i regolamenti indipendenti, emanati nelle materie in cui manchi un disciplina di legge e che non risultino coperte
da riserva di legge (art. 17, comma 1, lett. c) e i regolamenti di organizzazione, con i quali l’esecutivo provvede a disciplinare i
pubblici uffici. 6
C. LE NORME CORPORATIVE
L’art. 1 delle disp. Prel., che stabilisce l’ordine delle fonti, risulta superato nell’indicazione del n. 3, dove sono
previste quelle norme corporative che sono legate a passate strutture politiche. La Costituzione ha stabilito, agli
artt. 35 ss., e specialmente negli artt. 39 e 49, i princìpi fondamentali per la disciplina di una materia che ha tanta
importanza per una democrazia come la nostra, la quale, bisogna ricordarlo, si proclama fondata sul lavoro (art. 1
Cost.) e riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro (art. 4). Ma un apposita legge sindacale non è stata mai
approvata, nonostante ne sia stata più volte auspicata l’emanazione per il bene dei lavoratori e per la chiarezza dei
rapporti giuridici che li vedono coinvolti.
D. GLI USI: CONCETTO, ELEMENTI COSTITUTIVI E SPECIE
L’art. 1, disegnando la gerarchia delle fonti del diritto italiano, enumera, dopo la legge, i regolamenti, le norme
cooperative, anche gli “usi”. In breve, l’uso è una regola di condotta osservata uniformemente e costantemente dai
membri di una società con la convinzione di obbedire ad un imperativo giuridico. Esso si forma, non come una legge,
ma in maniera spontanea, anche senza la consapevolezza che si viene creando una norma.
Sotto l’aspetto materiale, l’uso deve essere: costante, generale, e deve durare nel tempo. Sotto l’aspetto psicologico,
deve essere osservato con la convinzione di osservare un precetto giuridico. Nel nostro ordinamento, sono posti
all’ultimo posto della gerarchia: il che significa che sono ammesse soltanto dove non vi sia una norma superiore.
Infatti l’art. 8 delle “Preleggi” precisa che “nelle materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli usi hanno efficacia
solo in quanto sono da essi richiamati”: questo significa che la consuetudine può operare in materie non regolate da
fonti-atto (c.d. consuetudine praeter legem), oppure per richiamo esplicito della legge (consuetudine secundum
legem); invece non può esistere la consuetudine contra legem, cioè quella che dispone in contrasto con le fonti-atto.
Dagli usi di cui abbiamo parlato, chiamati anche normativi, vanno tenuto distinti gli usi contrattuali (detti anche usi negoziali o d’affari) che
sono contemplati in clausole d’uso o sottintesi per pratiche generali creati nei vari mercati.
Questi usi rappresentano una viva possibilità di adattamento dell’ordinamento legale alle esigenze del commercio, e la pratica dei mercati può
con tal mezzo derogare alle norme non imperative della legge.
Poiché l’uso è una norma non scritta, ci si deve accertare della sua esistenza. A tale scopo sono istituite raccolte, a cura del Ministero
dell’Industria per gli usi generali del commercio, e a cura delle Camere di Commercio per gli usi commerciali e agrari locali.
4. La giurisprudenza, la dottrina, l’equità
Oltre alle fonti summenzionate, che sono riconosciute espressamente dal codice civile, si sogliono ricordare, come
fonti indirette, la giurisprudenza, la dottrina, e l’equità.
- La giurisprudenza sono il complesso delle decisioni (sentenze) giudiziarie. È importante sottolineare che oggi i
giudizi hanno funzioni molto diverse da quelle di un tempo passato, come avveniva per esempio con i Pretori romani
che potevano dettare anche loro la legge e per i giuristi che possedevano il ius respondendi ex auctoritate principis.
Infatti, un tempo i giudici applicavano la legge e dove c’era incertezza o mancanza di diritto erano proprio loro che si
sostituivano al legislatore e creavano le norme su misura al caso in concreto che avevano di fronte.
Invece, oggi il ruolo del giudice è stato limitato democraticamente con la scissione del potere giudiziario da quello
esecutivo e da quello legislativo, per evitare contrasti ed egemonie. Infatti, le sentenze dei giudici, oggi, sono
vincolante soltanto fra le parti in giudizio e non costituiscono precedenti da seguire ed interpretare.
- La dottrina, sono i risultati dello studio scientifico del diritto.
- Infine, l’equità è la giustizia del caso concreto, data secondo coscienza del giudice (e non necessariamente secondo
diritto) alle parti che ne facciano concorde richiesta, su questioni riguardanti diritti disponibili.
Diritti disponibili e diritti indisponibili (Approfondimento)
Sono disponibili i diritti di cui il titolare può disporre mediante atti di trasferimento, rinuncia, ecc.
Ad esempio, sono generalmente disponibili tutti i diritti aventi contenuto patrimoniale, economicamente valutabile (come il
diritto di proprietà su beni mobili o immobili).
Sono indisponibili quei diritti che soddisfano non solo il titolare, ma anche interessi pubblicistici, e che per questo non sono
negoziabili. Sono tali i diritti della personalità, gli status familiari (riconoscimento di un figlio, validità di un’adozione, ecc.).
Premesso questo, la legge 21 nov. 1991, n 374 riconosce al giudice di pace il compito di giudicare secondo equità le
cause il cui valore sia inferiore a millecento euro (art. 113 c.p.c.).
Nei pochi casi in cui il giudice decide secondo equità, un ricorso per cassazione è ammesso soltanto per denunciare
la violazione di norme o principi di carattere costituzionale. 7
SEZIONE III – Le fonti del diritto (vedi pag 2-3)
SEZIONE IV – L’efficacia delle norme nel tempo e nello spazio
1. La legge nello spazio: il diritto internazionale privato e il cosiddetto diritto internazionale pubblico
Il principio generale è che la legge ha vigore territorialmente entro i confini del Paese che l’ha promulgata per cui
entro tali confini si applica l’ordinamento in vigore per tale Stato.
Tuttavia, nel campo del diritto Privato, spesso accade che bisogna fare i conti con casi in cui un cittadino di uno
Stato, nello svolgere la sua attività, ha a che fare con cittadini di altri stati e magari per cose o situazioni residenti in
altri stati ancora. Chiaramente, ogni Stato ha le sue leggi e questo può causare dei conflitti tra le diverse legislazioni.
A questo pone un rimedio il Diritto internazionale Privato che mira appunta a regolare questi casi.
Il nostro diritto per risolvere la complessità di questa materia distingue tra due tipi di norme:
- norme di applicazione che stabiliscono quando e sotto quali condizioni si deve applicare il diritto italiano;
- norme di rinvio che stabiliscono in altri casi l’applicazione del diritto straniero.
Tutte queste norme fanno parte del nostro diritto positivo, cioè della legge vigente in Italia, ed è comunque fatta
salva l’applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per la Repubblica italiana.
A tal proposito va sin d’ora precisato che, prima di applicare le norme interne di diritto internazionale privato,
occorre verificare infatti l’esistenza di eventuali convenzioni internazionali in vigore per la Repubblica italiana in
quanto le disposizioni in esse contenute prevalgono su quelle interne. Inoltre, è da considerare l’incidenza dei
regolamenti comunitari adottati al fine di garantire l’uniforme disciplina delle fattispecie caratterizzate da elementi
di internazionalità.
Le “disposizioni sulla legge in generale” che regolavano le conseguenze del conflitto tra le diverse leggi degli Stati
sono state radicalmente riformate dalla legge 31 maggio 1995, n. 218 sulla “riforma del sistema italiano del diritto
internazionale privato”. Tale legge consolida ora in un unico testo normativo la disciplina dei casi che implicano
conflitti tra le diverse legislazioni, e comprende sia le norme di diritto processuale civile internazionale relative
all’individuazione dell’ambito della giurisdizione italiana, nonché quelle concernenti l’efficacia delle sentenze e degli
atti stranieri, sia le norme di diritto internazionale privato sostanziale per l’individuazione della legge applicabile ai
diversi rapporti giuridici. La nuova disciplina si applica nei giudizi iniziati dopo l’entrata in vigore della legge di
riforma, mentre le previgenti norme di diritto internazionale privato trovano applicazione in relazione alle situazioni
“esaurite” prima del 1° settembre 1995.
Di notevole importanza è l’art. 16 della suddetta legge che vieta l’applicazione del diritto internazionale ogni volta
questo venga a porsi in contrasto con i principi costituzionali ed etico fondamentali del nostro ordinamento.
Infine, con tale legge, ogni aspetto del diritto Privato è sottoposto alla gestione della stessa e trova chiari e semplici
rimedi ad ogni tipo di conflitto privato come quelli per le successioni, diritto di famiglia, condivisione di beni, ecc.
2. La successione delle leggi nel tempo
La legge, dopo la sua promulgazione, con la quale il Capo dello Stato ne afferma l’esistenza e ne ordina l’esecuzione,
viene inserita nella Raccolta ufficiale degli Atti normativi della Repubblica italiana, e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale. Dopo quindici giorni dalla pubblicazione in Gazzetta la legge entra in vigore in tutto il territorio dello Stato
(art. 73 della Costituzione e 10 disp. Prel.). Il periodo intermedio tra la pubblicazione e l’entrata in vigore, chiamato
vacatio legis, può essere allungato, per