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Il comunismo staliniano è di tipo totalitario, cioè cerca di penetrare nella società per educarla in
funzione dello stato. Il sistema comunista di Stalin si basa sull’idea di classe, in particolare sulla classe
operaia.
Le tappe della rivoluzione russa sono:
- febbraio 1917, con la rivoluzione liberal-democratica;
- aprile 1917, con il ritorno di Lenin;
- introduzione di un partito unico;
- rivoluzione bolscevica;
- NEP.
La NEP è un nuovo tipo di politica economica instaurata nell’Unione Sovietica da Lenin, che così,
tenta di superare la crisi provocata dalla politica del comunismo di guerra. Il comunismo di guerra è
una politica economica che i bolscevichi instaurano tra la fine della guerra civile e il 1921. Essa è
fortemente accentrata nelle mani dello stato che si impossessa dei prodotti agricoli per garantire
l’approvvigionamento delle città. È, quindi, una politica fortemente repressiva verso le campagne. Tale
economia porta Lenin, nel 1921, a proporre la NEP, politica economica di relativa liberalizzazione dei
mercati. Essa è stata definita anche capitalismo di stato. Prevede da un lato che alcuni settori-chiave
dell’economia rimangano in mano allo stato; dall’altro lascia anche una relativa libertà di commercio
per la produzione agricola (l’agricoltore, cioè, dà parte dei suoi prodotti allo stato ed utilizza la parte
rimanente per il suo approvvigionamento e per venderla al mercato). La relativa liberalizzazione del
mercato crea l’arricchimento dei kulaki (= contadini meno poveri). La NEP dura fino al 1927-28.
Lenin è l’indiscusso leader della rivoluzione bolscevica. Essa ha come gruppo dirigente l’ufficio
politico del partito. Nel 1922 Lenin si ammala e ha sempre meno influenza sul partito bolscevico.
Siamo in un periodo in cui il partito bolscevico assume sempre più importanza nel condurre le strutture
dello stato. Ciò trova attuazione nella Costituzione, votata nel 1924, che fissa un partito unico (quello
bolscevico) che si sovrappone allo stato. Contemporaneamente c’è la lotta contro la Chiesa ortodossa.
Nel 1924, quindi, c’è un abbandono totale dei progetti liberal-democratici nati durante la rivoluzione
del 1917 ed emerge sempre più una politica comunista.
Nel 1924, muore Lenin e Stalin prende il potere, diventando segretario del partito. Stalin era già
emerso durante il periodo della rivoluzione del 1917. Dopo la morte di Lenin, Stalin accentra sempre
più il potere eliminando le diverse linee esistenti nel partito bolscevico stesso. Al suo interno ci sono
due correnti, una guidata da Trosky, l’altra da Bukarin:
1) quella guidata da Trosky, comandante dell’Armata Rossa, teorizza l’espansione della
rivoluzione comunista al di fuori della Russia. Trosky guarda soprattutto alla Germania, perché
essa è fortemente industrializzata e, quindi, ha una classe operaia forte. Si scontra, però, con
Stalin, che teorizza il socialismo in uno solo paese, cioè nella Russia stessa. Trosky, perciò,
viene messo in minoranza ed esiliato. Viene, poi, ucciso in Messico su mandato della polizia
segreta russa;
2) quella guidata da Bukarin, invece, ritiene che la volontà di costruire un paese con un’economia
moderna e socialista attraverso l’industrializzazione debba essere attuata gradualmente senza
farla pesare sulle classi contadine. Questo processo gradale deve continuare sulla linea della
NEP. Stalin vince anche su Bukarin, che viene fatto uccidere.
Dopo aver vinto su Trosky e Bukarin, Stalin, tra il 1927-28, pone fine alla politica della NEP,
considerata una fase transitoria del socialismo. Inoltre pone l’attenzione sull’industrializzazione della
Russia, che viene vista come risposta al marxismo e come un elemento che rende la Russia
economicamente autonoma, dandole forza per fronteggiare le minacce del mondo capitalistico.
L’industria che si vuole sviluppare è quella pesante (cioè quella meccanica e quella di guerra). Nasce
l’idea di industria forzata: lo stato si fa carico dello sviluppo industriale traendo le risorse
dall’agricoltura 8tutto ciò che è prodotto in agricoltura si deve usare per l’industrializzazione).
L’industria, quindi, è forzata perché non si sviluppa in maniera naturale, ma è controllata dallo stato che
paralizza l’agricoltura. Vengono, quindi, eliminati i livelli minimi di liberalizzazione della NEP e si
colpiscono, di conseguenza, i kulaki che vengono repressi. Questo tipo di industrializzazione provoca
la collettivizzazione del mondo agricolo: vengono eliminate la proprietà privata e la conduzione privata
della terra e vengono imposte le proprietà collettive e la condizione pubblica della terra attraverso la
costruzione di fattorie collettive. Milioni di famiglie sono costrette ad entrare nella collettivizzazione
attraverso la forza e la violenza. I contadini si ribellano, ma vengono sempre repressi. La
collettivizzazione fa sì che si modernizzi l’agricoltura arretrata (il contadino, cioè, diventa operaio
agricolo) e che le risorse prodotte vengano deviate verso l’industrializzazione. Questa operazione, però,
incontra forti resistenze ed è operata attraverso forti persecuzioni. La collettivizzazione dell’agricoltura
ha come elemento connesso il primo piano quinquennale, che progetta la crescita dell’industria
attraverso la pianificazione dell’economia. Tale piano è sostenuto da una forte mobilitazione
ideologica, che lo presenta come riscatto della Russia dall’arretratezza e come difesa da eventuali
attacchi del capitalismo. Tale ideologia, inoltre, ha il suo simbolo nell’operaio che si adopera nella
costruzione del nuovo stato. Grazie a questo piano, la Russia è l’unico paese a non risentire della crisi
del 1929. Inoltre tale piano attira le simpatie degli intellettuali europei, perché si vede che il proletariato
è arrivato al potere e sta modificando radicalmente la società. La Russia, quindi, è oggetto di un mito di
una grande speranza di trasformazione e di un mito di un paese che si modernizza velocemente in nome
del proletariato. La Russia, in seguito, ferma l’avanzata del Nazismo a Stalingrado e anche questo fatto
dà importanza al mito russo.
Perché si passa da un obiettivo liberal-democratico della rivoluzione del 1917 ad un uso della violenza?
C’è chi afferma che l’elemento violento e sanguinoso sia già presente nel leninismo (anni ’20). Altri,
invece, pensano che tale aspetto sia tipico solamente dello stalinismo. Negli anni ’30, c’è in Russia un
regime che intreccia consenso e terrore. La popolazione (soprattutto i ceti più poveri) dà il consenso
allo stalinismo. Infatti le masse contadine e popolari russe uscivano da un’arretratezza non presente
negli altri paesi europei e lo stato riesce a dare a queste classi elementi base per la sopravvivenza che
rappresentano un salto qualitativo rispetto alla miseria precedente. Inoltre c’è un’organizzazione della
società, ed in particolare un’organizzazione della gioventù, attraverso l’altissimo controllo della radio,
dell’istruzione, del dopolavoro… In più c’è lo sviluppo di un apparato burocratico-statale che vede in
Stalin la personalità di riferimento. Infatti si crea un culto della figura di Stalin, visto come conoscitore
del marxismo e come protettore dei deboli e, quindi, della patria. Inoltre Stalin è considerato lo
strumento di coesione della società non solo russa, ma anche di tutta l’umanità. La Russia di Stalin,
quindi, viene vista come il paese utopico dove c’è il rovescio del resto del mondo che è negativo (ad
esempio, la Russia è il paese in cui le donne sono emancipate). Sul culto di Stalin, quindi, nascono
grandi liturgie collettive. Accanto al consenso, c’è il terrore. Esso, secondo alcuni, è già presente nel
periodo di Lenin, ma aumenta con Stalin, perché è attuato contro coloro che si oppongono alla
collettivizzazione. Si usano, quindi, i gulag, la deportazione nei campi ad Est in luoghi inospitali e
ghiacciati e lo sterminio. Nei gulag i deportati sono usati come forza-lavoro per la costruzione di grandi
opere (ferrovie, ponti…). Ci sono qui anche molti prigionieri politici che si oppongono al socialismo.
C’è, quindi, un alto tasso di mortalità a causa delle condizioni climatiche ad Est, dello sfruttamento del
lavoro, delle malattie e della scarsa igiene. Si muore, però, anche a causa della carestia, dovuta alla
collettivizzazione, che si sviluppa tra il 1932-33. Segue il periodo di terrore tra il 1937-38 con le grandi
purghe che già erano state attuate nel 1934. Nel 1937-38, però, si aggiunge anche un’operazione
violenta contro i soggetti interni al partito socialista che vengono sospettati di tramare contro il partito
socialista stesso.
Lo stalinismo si basa su due punti: lo sviluppo economico e la difesa della Russia dalle minacce
esterne. Quest’ultimo aspetto giustifica l’eliminazione interna dei personaggi considerati cospiratori