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Il 1989 e la fine dell’URSS
16.1. Millenovecentottantanove
Tra il 1988 e il 1989 la penuria di beni si fece più acuta. La crisi economica si aggravò anche a
causa del terremoto in Armenia (7 dicembre 1988) e per gli scioperi dei minatori nel Donbass. La
contestazione dell’autorità di Mosca ebbe una prima manifestazione nel novembre 1988, con la
dichiarazione di sovranità da parte del Soviet Supremo dell’Estonia
In questo contesto si svolsero le elezioni per il Congresso dei deputati del popolo dell’URSS. La
giornata di apertura (25 maggio) fu trasmessa in diretta televisiva e inaugurò sedute caratterizzate
da dibattiti accesi e interminabili. I delegati elessero il Soviet Supremo, che avrebbe svolto le
funzioni di parlamento. In seguito si costituì all’interno del Congresso il “gruppo interregionale”,
composto dai deputati radicali che volevano procedere sulla strada delle riforme e smantellare il
regime comunista.
Irrompevano con forza i movimenti e le rivendicazioni nazionali, che dilagavano nei nuovi canali di
espressione e partecipazione creati dalle riforme. Una grave crisi scoppiò in Georgia nel mese di
aprile, quando una manifestazione a favore dell’indipendenza a Tbilisi fu repressa nel sangue
dall’esercito. L’Armata rossa fu impiegata, in seguito, solo per dirimere i conflitti interetnici.
Questi ultimi divamparono in Uzbekistan, Kazachstan, Georgia. In agosto i cittadini delle
Repubbliche baltiche dettero vita a una catena umana per il cinquantenario del patto Molotov-
Ribbentrop. Il Soviet Supremo della Moldavia aveva abolito il russo come lingua ufficiale e lo
aveva sostituito con il rumeno. A settembre cominciò a mobilitarsi anche l’Ucriana. Il 19 novembre
il Soviet Supremo della Georgia dichiarò la propria sovranità e denunciò l’occupazione sovietica
del 1921.
Intanto l’”impero esterno” dell’URSS si sgretolava rapidamente:si dissolsero tutti i regimi
comunisti europei, tranne quello albanese, che era estraneo al blocco sovietico. In Polonia, dove
l’opposizione al regime, raccolta attorno al sindacato operaio di Solidarnosc, aveva acquisito
maggior peso, gli scioperi si intensificarono dal 1988. In Ungheria furono decretate libere elezioni,
abolito il monopolio del partito unico e la Repubblica popolare si trasformò in semplice Repubblica.
In Germania orientale si svolsero manifestazioni di massa e i cittadini tedeschi in Ungheria e
Cecoclovacchia attraversarono la frontiera in massa per emigrare verso la RFT. Il leader della DDR
Erich Honecker fu costretto dalle manifestazioni popolari dare le dimissioni nel giro di pochi
giorni. In novembre il muro fu abbatturo e le frontiere di fatto aperte.
Gorbacev aveva più volte affermato che i paesi dell’Europa centro-orientale dovevano essere
pienamente padroni del proprio destino: la dottrina della “sovranità limitata” era superata e ciascuno
avrebbe dovuto operare a modo suo. Le dichiarazioni contribuirono a indebolire i regimi comunisti
e a incoraggiare i movimenti di opposizione. Nell’incontro i Malta (dicembre 1989) Bush ottenne
da Gorbacev rassicurazioni esplicite sull’intenzione dell’URSS di non ricorrere alla forza in Europa
orientale. Tra il 1989 e il 1990 le forze armate sovietiche si ritirarono dai paesi ex satelliti (il patto
di Varsavia sarà sciolto nel marzo 1991). Con una serie di incontri fu messo a punto il trattato 2+4
( le due Germanie più le potenze vincitrici) per la riunificazione tedesca, firmato a Mosca. Il 3
ottobre rinacque la Germania unita.
16.2. Il declino di Gorbacev e l’ascesa di El’cin 1
All’inizio del 1990 le divergenze tra Gorbacev e radicali (El’cin) riguardo alla riforma del PCUS
erano giunte ad un punto critico: i radicali sostenevano che il partito comunista doveva essere
sciolto e auspicavano la nascita di una nuova organizzazione politica, il segretario generale rifiutò di
rompere nettamente con il passato e rimase fedele al progetto di rinnovare il partito “dall’interno”.
Dopo discussioni, riuscì a far approvare l’abbandono del principio del ruolo-guida del partito,
l’accettazione di un sistema multipartitico. L’espilita critica della tradizione autoritaria che aveva
caratterizzato la storia del partito sanciva la rottura con il leninismo. Nei giorni seguenti
ricominciarono i lavori del Congresso dei deputati del popolo. Il congresso procedette a emendare
la Costituzione rivedendo l’articolo 6, che sanciva il monopolio del PCUS, e istituendo la carica di
presidente dell’Unione, atribuita a Gorbacev.
Nei mesi di febbraio-marzo si era votato in tutta l’URSS per eleggere i congressi dei deputati del
popolo nelle repubblice, i quali avrebbero eletto i rispettivi Soviet o parlamenti. La
democratizzazione prodotta dalle elezioni costituì un fattore di accelerazione della dinamica
disgregatrice.
Nei mesi seguenti si succedettero dichiarazioni di sovranità, e in alcuni casi di indipendenza e
secessione, da parte dei nuovi parlamenti delle repubbliche. In marzo fu la Lituania a dichiarare
l’indipendenza dall’Unione. In maggio il parlamento della Lettonia indicò nell’indipendenza
l’obiettivo da perseguire, e altrettanto fece quello dell’Estonia. Nella RSFSR il Congresso dei
deputati del popolo elesse a maggio El’cin alla presidenza del Presidium del Soviet Supremo.
Seguirono, con le dichiarazioni di sovranità, l’Uzbekistan in giugno, Ucriana, Bierlorussia e
Moldavia in luglio, Turkmenistan, Armenia e Tagikistan in agosto, l’Azerbaigian in settembre, il
Kazachstan in ottobre e il Kirghizistan in dicembre.
Boris El’cin perseguiva l’obiettivo di svuotare l’Unione e le sue istituzioni per trasferire tutti i
poteri alle repubbliche. Aveva intenzione di costituire una nuova Unione della quale facessero parte
solo le repubbliche dove la presenza russa era maggiore, ma la sua azione rafforzò le spinte
separatiste delle altre nazionalità.
Nel frattempo la situazione economica si aggravava e la popolarità di Gorbacev cominciava a
risentirne. Fu elaborato un programma di riforma economica radicale, noto come il programma “dei
500 giorni” perché prevedeva la transizione completa all’economia di mercato appunto in 500
giorni. Esso fu reso pubblico in luglio dopo la fine del congresso e ottenne l’appoggio di El’cin.
Gorbacev decise inizialmente di sposare il piano e rafforzò l’allenaza stipulata con El’cin durante i
lavori del congresso. Alla metà di settembre, però, chiese ed ottenne dal Soviet Supremo dell’Urss
poteri speciali per 18 mesi al fine di gestire la transizione economica governando per decreto.
Gorbacev aveva adottato una tattica più cauta e cerato il compromesso con le forze conservatrici: fu
preparata una bozza del nuovo trattato dell’Unione che concedeva solo un controllo limitato delle
risorse alle repubbliche, non riconosceva il diritto di secessione.
La svolta conservatriche che caratterizzò in questi mesi la politica di Gorbacev fu interpretata come
il disvelamento della vera natura del leader. In realtà bisogna considerare le difficili circostanze del
periodo: la reazione dei conservatori alla radicalizzazione demostratica e nazionale era consistente e
Gorbacev cercò di contenerla facendo concessioni e aumentando il proprio potere personale.
16.3. Crisi e dissoluzione dell’Unione Sovietica. 2
Nel 1991 lo spazio di manovra politica del leader della perestroika si era ristretto, a causa della
polarizzazione in corso tra conservatori e democratici.
Nel tentativo di arginare le spinte centrifuge fu messa a punto una nuova bozza di trattato
dell’Unione che ripristinava il diritto di secessione, attribuendo la conduzione della politica estera al
potere federalee ripartendo tra centro e repubbliche la gestione delle tasse e la scelta delle strategie
di politica estera. Ma molte repubbliche non vollero neanche accettare di discuterne.
Mentre la Georgia proclamava l’indipendenza, egli avviò negoziati con le nove repubbliche che
ancora intendevano mantenere un legame con Monsca. Si raggiunse un accordo, detto appunto dei
“9+1”, per stipulare un nuovo Trattato dell’Unione, in base al quale alle repubbliche si riconosceva
libertà di secessione e il controllo sui finanziamenti che avrebbero dovuto affluire al centro, il
compito di stilare una nuova Costituzione e di indire nuove elezioni.
I negoziati avevano messo all’angolo i conservatori, mentre il partito comunista doveva fare i conti
con l’avvento del multipartitismo e il decreto di El’cin che espelleva il partito dagli apparati
istituzionali della Repubblica russa. La firma del trattato era stata programmata per il 21 agosto.
Gorbacev decise di trascorrere due settimane di vacanza a Foros, in Crimea. Si decise di attuare un
colpo di Stato: il 18 agosto dettero vita al Comitato di Stato per l’emergenza che ordinò l’arresto di
Gorbacev per alto tradimento e assunse ufficialmente il potere. Fu dichiarato lo stato d’emergenza
per se mesi. Dopo due giorni apparve chiaro che ai golpisti mancava il sostegno degli apparati
militari e civili. Non riuscirono a mettere sotto controllo i mezzi di comunicazione; avevano
sottovalutato la determinazione dei democratici, che riuscino a radunare nelle strade migliaia di
sostenitori.
Il 21 agosto il tentativo golpista era fallito. Gorbacev ritornò a Mosca, provato psicologicamente e
fisicamente. Gli eventi di agosto avevano minato definitivamente il suo potere e consacrato quello
di El’cin, che assunse il controllo delle forze armate sovietiche sul territorio russo e pose fine alle
attività del Partito comunista nella Repubblica. Il 24 agosto Gorbacev si dimise dalla carica di
segretario generale. (Leningrado ridivenne San Pietroburgo.
Tra il 24 agosto e il 21 settembre Ucraina, Bielorussia, Moldavia, Azerbaigian, Kirghisistan,
Tagikistan e Armenia dichiararono l’indipendenza. Intanto El’cin continuava a rafforzare il proprio
potere, e Gorbacev non rinunciava a dare vita a una forma pur blanda di unione tra le repubbliche
ancora disponibili. Dopo il referendum conn il quale l’Ucraina aveva ratificato l’indipendenza, si
riunirono l’8 dicembre nella foresta di Belaveza (nei pressi di Minsk) El’cin, Kravciuk e il
1
bielorusso Suskevic: dichiararono l’URSS dissolta e dettero vita alla Comunita degli Stati
indipendenti (CSI, connotata dall’unificazione dell’area economica e dalla comune gestione delle
forze strategiche di difesa= aperta ad altre adesioni.
Il 25 dicembre 1991 la bandiera dell’Unione Sovietica che sventolava sul Cremlino fu ammainata e
sostituita con il tricolore russo
16.4. Bilanci e interpretazioni.
La dissoluzione dell’URSS ha colto di sorpresa buona