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Il Partito Nazionale Fascista (PNF) e la sua crescita
Il 12 novembre 1921 nasceva il Partito Nazionale Fascista (PNF), trasformando il movimento in partito e accettando alcuni compromessi legalitari e costituzionali con le forze moderate. In quel periodo il PNF giunse ad avere ben 300.000 iscritti (nel momento di massima espansione il PSI aveva superato di poco i 200.000 iscritti) forte anche dell'appoggio dei latifondisti emiliani e toscani. Proprio in queste regioni le squadre guidate dai ras furono più determinate a colpire i sindacalisti e i socialisti, intimidendoli con la famigerata pratica del manganello e dell'olio di ricino, o addirittura commettendo omicidi che restavano il più delle volte impuniti. In questo clima di violenze, alle elezioni del 15 maggio 1921 i fascisti ottennero a sorpresa 45 seggi.
La celebrità del partito crebbe ancora quando i sindacati proclamarono per il 1 agosto 1922 uno sciopero generale come ritorsione per degli scontri avvenuti a Ravenna: i fascisti per
ordine di Mussolini sostituirono gli scioperanti facendo fallire la protesta. Con questa mossa si guadagnarono credibilità e quasi una sorta di simpatia da parte dell'opinione pubblica italiana.
Nell'agosto del 1922 gli abitanti di Parma, con epicentro nel quartiere popolare di Oltretorrente, organizzati dagli Arditi del Popolo, comandati da Guido Picelli e Antonio Cieri riuscirono a resistere alle squadre fasciste guidate da Italo Balbo, futuro "trasvolatore atlantico". Si trattò dell'ultima resistenza all'incalzare del fascismo.
Marcia su Roma e primi anni di governo
Dopo il Congresso di Napoli, in cui 40.000 camicie nere inneggiarono a marciare su Roma, Mussolini si vide costretto ad agire: il momento parve propizio, ed un forte contingente di 50.000 squadristi venne radunato nell'alto Lazio e spinto dai quadrumviri contro la Capitale, il 26 ottobre 1922. Mentre l'Esercito si preparava a fronteggiare il colpo di mano fascista (con
Badoglio (principale sostenitore della linea dura), il re Vittorio Emanuele III impedì questo ulteriore bagno di sangue che avrebbe precipitato il paese in una seconda guerra civile, e non firmò il decreto di stato d'emergenza. Le camicie nere marciarono sulla Capitale il 28 ottobre. Il 30 ottobre, dopo la Marcia su Roma, il re incaricò Benito Mussolini di formare il nuovo governo. Il capo del fascismo lasciò Milano per Roma, ed immediatamente si mise all'opera. A soli 39 anni Mussolini diveniva presidente del consiglio, il più giovane nella storia dell'Italia unita. Il nuovo governo comprendeva elementi dei partiti moderati di centro e di destra e militari, e - ovviamente - molti fascisti. Fra le prime iniziative intraprese dal nuovo corso politico vi fu il tentativo di "normalizzazione" delle squadre fasciste - che in molti casi continuavano a commettere violenze -, provvedimenti a favore dei mutilati e degli invalidi di guerra.drastiche riduzioni della spesa pubblica, la riforma della scuola (Riforma Gentile), la firma degli accordi di Washington sul disarmo navale, e l'accettazione dello status quo col regno di Iugoslavia circa le frontiere orientali e la protezione dellaminoranza italiana in Dalmazia. Nei primissimi mesi del Governo Mussolini venne anche istituito il Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Il fascismo diventa dittatura
In vista delle elezioni del 6 aprile 1924 Mussolini fece approvare una nuova legge elettorale (c.d. "Legge Acerbo") che avrebbe dato i tre quinti dei seggi alla lista che avesse raccolto il 40% dei voti. La campagna elettorale si tenne in un clima di tensione senza precedenti con intimidazioni e pestaggi. Il listone guidato da Mussolini ottenne il 64,9% dei voti.
Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti prese la parola alla Camera contestando i risultati delle elezioni. Il 10 giugno 1924 Matteotti venne rapito e ucciso. L'opposizione rispose a questo
avvenimento ritirandosi sull'Aventino (Secessione aventiniana), mala posizione di Mussolini tenne fino a quando il 16 agosto il corpo decomposto di Matteotti fu trovato nei pressi di Roma. Uomini quali Ivanoe Bonomi, Antonio Salandra e Vittorio Emanuele Orlando esercitarono allora pressioni sul re affinché Mussolini fosse destituito ma Vittorio Emanuele III appellandosi allo Statuto Albertino replicò: "Io sono sordo e cieco. I miei occhi e i miei orecchi sono la Camera e il Senato" e quindi non intervenne.
Ciò che accadde esattamente la notte di San Silvestro del 1924 non sarà forse mai accertato. Pare che una quarantina di consoli della Milizia, guidati da Enzo Galbiati, ingiunsero a Mussolini di instaurare la dittatura minacciando di rovesciarlo in caso contrario.
Il 3 gennaio 1925 alla Camera Mussolini recitò il famoso discorso in cui si assunse ogni responsabilità per i fatti avvenuti: "Dichiaro qui, al cospetto di questa"
Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù