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LA MONETA E IL PRINCIPIO NOMINALISTICO.
La moneta è un bene destinato a costituire mezzo di scambio per l’acquisto di beni e
servizi di ogni genere. Le unità nelle quali essa si esprime possono costituire una
misura di valore dei beni e servizi stessi. Gli strumenti monetari sono cose mobili sulle
quali è impresso un numero di unità monetarie che ne esprime il valore nominale.
Altra cosa è il potere d’acquisto della moneta. Vale il principio nominalistico: il debitore
si libera pagando la somma originariamente determinata, anche se il suo potere di
acquisto si è modificato nel tempo intercorso fra la nascita del debito e la sua
scadenza (art. 1277). Nel caso di svalutazione della moneta questo principio opera a
favore del debitore.
DEBITI DI VALORE.
Vi sono rapporti nei quali al creditore deve essere attribuito il valore di un bene o di
una quota di patrimonio. Nello svolgimento di questi rapporti occorre perciò procedere
alla liquidazione, cioè alla determinazione numerica della somma dovuta. La
liquidazione avviene sulla base del valore del bene in un certo momento, assunto
come tempo di riferimento. Si parla, perciò, di debiti di valore (contrapposti ai debiti di
valuta, per i quali vale il principio nominalistico). Con la liquidazione il debito di valore
diventa debito di valuta.
L’ADEMPIMENTO EDLLE OBBLIGAZIONI PECUNIARIE.
I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo
del pagamento e per il suo valore nominale (art. 1277).
XXXVI. OBBLIGAZIONI SOLIDALI, INDIVISIBILI, ALTERNATIVE,
FACOLTATIVE.
LA SOLIDARIETÀ PASSIVA.
Nella sua forma più semplice il rapporto obbligatorio lega un solo debitore ad un solo
creditore. Ma può anche accadere che i debitori o i creditori siano più di uno.
Consideriamo l’ipotesi di una pluralità di debitori. Se la prestazione dovuta è divisibile
sono possibili due diversi regimi giuridici. Può darsi che il creditore possa chiedere a
ciascuno dei debitori solo una quota del totale: se uno dei condebitori non paga la sua
parte, il creditore subisce la perdita corrispondente. Quando è applicabile questa
regola, l’obbligazione si dice parziaria. Può darsi, invece, che il creditore possa
pretendere l’intero da uno qualunque dei debitori il quale, dopo aver pagato, dovrà
rivolgersi ai condebitori per ottenere da ciascuno il rimborso della sua parte. Questa
regola si chiama solidarietà passiva. Se uno dei condebitori non paga, la perdita
corrispondente è ripartita fra gli altri e non è risentita dal creditore: in questo modo
ciascuno dei condebitori garantisce per gli altri. La solidarietà passiva costituisce la
regola: se più persone sono obbligate insieme per la medesima causa o per il
medesimo oggetto, esse sono tenute normalmente in solido, salvo patto contrario con
il creditore (art. 1294). Se il debito è solidale, il creditore è normalmente libero
discutere i debitori nell’ordine che preferisce. Talvolta invece la legge, o la
convenzione fra le parti, impone un determinato ordine successivo. Il debitore che
abbia pagato al creditore l’intero eserciterà contro gli altri obbligati un’azione di
regresso. Da ciascuno egli potrà pretendere un rimborso pro quota; ma se
l’obbligazione è stata contratta nell’interesse esclusivo di uno degli obbligati, questi
dovrà rimborsare per l’intero chi ha pagato. Gli atti con i quali il creditore interrompe la
prescrizione contro uno dei debitori in solido hanno effetto anche riguardo agli altri
debitori (art. 1310). Il principio generale è, comunque, che si propagano agli altri
condebitori solo le conseguenze favorevoli, non quelle sfavorevoli.
LA SOLIDARIETÀ ATTIVA.
Quando vi è una pluralità di creditori, si ha solidarietà attiva se ciascuno di essi ha
diritto di chiedere l’adempimento per l’intero, salvo il suo obbligo di riversare agli altri
la parte che spetta loro (art. 1292, 1298). Se invece ciascuno dei creditori può
pretendere solo il pagamento della sua quota, il credito di dice parziario. La solidarietà
attiva rappresenta l’eccezione. Essa si può avere solo per volontà dei creditori, o in rari
casi previsti dalla legge. Altrimenti il credito si divide fra i creditori.
OBBLIGAZIONI INDIVISIBILI.
Quanto si è detto circa solidarietà e parziarietà vale solo se l’obbligazione ha per
oggetto una prestazione che possa essere divisa e seguita in parti. Quando invece ciò
non sia possibile valgono regole analoghe a quelle delle obbligazioni solidali, in quanto
applicabili (art. 1217); ma, come è ovvio, l’indivisibilità opera anche nei confronti degli
eredi. (art. 1318). Un esempio potrebbe essere la consegna di una statua o il rilascio di
un appartamento.
OBBLIGAZIONI ALTERNATIVE.
L’obbligazione è alternativa se al creditore o a debitore o a un terzo è attribuita la
scelta fra diverse prestazioni, poste sullo stesso piano di importanza (art. 1285). La
scelta, se non è stato stabilito diversamente, spetta al debitore (art. 1286). La scelta
rende semplice l’obbligazione, da alternativa che era; perciò, se l’oggetto scelto
diventa successivamente impossibile, l’obbligazione si estingue. Se invece una delle
prestazioni è impossibile fin dall’origine o diventa impossibile prima della scelta per
una causa non imputabile ad alcuna delle parti, la scelta stessa si restringe alle altre
prestazioni (art. 1288).
OBBLIGAZIONI FACOLTATIVE.
L’obbligazione è facoltativa se prevede come oggetto una sola prestazione, ma
attribuisce al debitore la facoltà di liberarsi eseguendo un’altra prestazione in funzione
di surrogato della prima. Se la prestazione principale diventa impossibile per una
causa non imputabile al debitore, questi è liberato: l’esecuzione dell’altra costituisce
per lui una facoltà, non un dovere.
XXXVII. L’ADEMPIMENTO E ALTRE CAUSE DI ESTINZIONE
DELLE OBBLIGAZIONI.
L’ADEMPIMENTO IN GENERALE.
L’adempimento consiste nell’eseguire la prestazione dovuta, qualunque ne sia la
natura. L’adempimento del debitore è un atto materiale, non un negozio giuridico. Il
pagamento eseguito dal debitore incapace non può essere impugnato (art. 1191): si
tratta di una prestazione dovuta, poco importa la volontà del debitore. Anche la
volontà del creditore non ha importanza, se egli ha materialmente ottenuto ciò che gli
spettava. Ma se il creditore è incapace, vi è il pericolo che disperda quanto gli venga
pagato. Perciò il pagamento va fatto al suo rappresentante legale; altrimenti può
ugualmente liberare il debitore, ma solo se questi prova che ciò che fu pagato è stato
rivolto a vantaggio dell’incapace (art. 1190). L’obbligazione può essere adempiuta dal
debitore personalmente, oppure per mezzo di un ausiliario. Ma la possibilità di far
eseguire la prestazione ad un ausiliario è esclusa quando la prestazione stessa abbia
carattere personale. Il pagamento può essere effettuato al creditore o al suo
rappresentante. Oppure al soggetto indicato dal creditore o autorizzato dalla legge o
dal giudice a riceverlo (art. 1188). Il pagamento fatto a un terzo non legittimato a
riceverlo non libera il debitore, il quale dovrà perciò pagare nuovamente, a meno che
non dimostri di aver eseguito il pagamento in buona fede. Anche qui dunque si tutela
l’affidamento. La prestazione deve essere eseguita per intero: salvi eventuali usi
diversi, il creditore può rifiutare un adempimento parziale, anche se la prestazione è
divisibile, senza incorrere perciò in mora del creditore (artt. 1181, 1208). Inoltre il
debitore deve eseguire esattamente ciò che è dovuto: non può liberarsi eseguendo
una prestazione diversa, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore
consenta.
L’ADEMPIMENTO DEL TERZO.
L’obbligazione può essere adempiuta da un terzo non obbligato. L’interesse che spinge
il terzo a pagare il debito altrui può essere vario. Una volta eseguito il pagamento, i
rapporti fra il terzo e il debitore saranno regolati dai loro accordi, se ve ne sono.
Altrimenti il terzo potrà chiedere al debitore il rimborso in base alla regola generale
dell’arricchimento senza causa (art. 2041): la liberazione dal debito costituisce infatti
un arricchimento ottenuto a spese del terzo. Il debitore non può opporsi
all’adempimento del terzo: qualunque sia la ragione che lo spinge ad opporsi, la legge
considera prevalente l’interesse all’attuazione del rapporto obbligatorio. Il creditore
può rifiutare l’adempimento del terzo solo quando l’obbligazione abbia per oggetto
una prestazione di fare di carattere personale. In ogni caso l’intervento del terzo è
escluso se tanto il creditore quanto il debitore vi si oppongano (art. 1180). L’esistenza
oggettiva del debito è sufficiente a giustificare il pagamento, anche senza una volontà
piena e consapevole del debitore. Il terzo non è obbligato a pagare, perciò il
pagamento deve essere giustificato dalla sua volontà di adempiere il debito altrui. Se
questa volontà manca, o è viziata, il pagamento è invalido, e il terzo potrà chiedere la
restituzione in base all’art. 2033, o in base all’art. 2036. La causa del pagamento del
terzo sta nel rapporto obbligatorio fra debitore e creditore. Se questo rapporto non
esiste, il pagamento è invalido e il terzo può chiedere la restituzione.
IL PAGAMENTO CON SURRUGAZIONE.
Il terzo, nel pagare il debito altrui, può subentrare al creditore nel diritto di credito
verso il debitore. La surrogazione può avvenire:
Di diritto (surrogazione legale);
Per volontà del creditore;
Per volontà del debitore.
LA COMPENSAZIONE.
La compensazione è l’estinzione di due debiti reciproci, esistenti fra le stesse persone.
L’estinzione è totale se i due debiti reciproci hanno lo stesso ammontare; se invece
hanno misure diverse, il minore si estingue del tutto, mentre il maggiore si riduce di
una quantità corrispondente. In questo modo si ha un risparmio di attività inutili e una
semplificazione. La legge prevede tre tipi di compensazione: la compensazione legale,
la compensazione giudiziale e la compensazione volontaria. Perché la compensazione
legale si verifichi, occorre che le obbligazioni reciproche abbiano le seguenti
caratteristiche (art. 1243):
Devono essere omogenee e fungibili: avere cioè per oggetto entrambe una<