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(EAGLES).
93 W.J. Ong, Orality and literacy: the technologizing of the word, London and New York, Methuen, 1982 (Ed. it. Oralità e
scrittura: Le tecnologie della parola, trad. di G. Scatasta, Bologna, Il Mulino,1986). 33
che arricchisce la trascrizione attraverso una serie di dettagli descrittivi o interpretativi sulla
base delle finalità ultime per cui il corpus viene raccolto e codificato. Obiettivo principale
dell’annotazione è quello di rendere il testo “autonomo” rispetto al suo corrispettivo orale e si
realizza anche attraverso la resa degli elementi paralinguistici ed extralinguistici o
situazionali. Ad esempio sarebbe consigliabile inserire in nota – penso al nostro caso specifico
– determinate reazioni del pubblico (risate generali, interventi degli uditori), gesti specifici o
atteggiamenti del volto del relatore che sostituiscano o supportino specifici elementi verbali.
Nel linguaggio orale una parola deve essere espressa con una certa intonazione o tono di voce
a seconda delle circostanze: vivace, emozionata, tranquilla, adulatoria, rassegnata, e cosi via;
è impossibile pronunciare una parola senza alcuna intonazione. In un testo scritto la
punteggiatura può segnalare il tono solo in misura minima: un punto interrogativo o una
virgola, ad esempio, generalmente richiedono un leggero innalzamento della voce. Qualche
indizio extratestuale può essere segnalato in nota, ma in nessun caso potrà mai rispecchiare la
realtà performativa originale.
Ogni discorso orale, inoltre, è connotato da un diverso grado di spontaneità e
improvvisazione che si realizza in massimo grado durante le conversazioni interpersonali e
che in parte si può verificare anche durante interventi pubblici: è il caso dell’intervista del
Professor Paolo Briganti al poeta Pier Luigi Bacchini, ma anche di successivi interventi
relativamente pianificati. Un discorso orale improvvisato richiede solitamente, in fase
revisionale, un ampio intervento da parte del revisore.
Negli ultimi anni le tecnologie multimediali e le ricerche su comprensione e trattamento
del linguaggio naturale hanno aperto nuovi e inattesi orizzonti alle tradizionali attività di
94
resocontazione e trascrizione. Nell’epoca dell’oralità secondaria, dei testi elettronici e della
riproducibilità tecnica di (quasi) ogni cosa, il parlato è ancora quanto di più proteiforme (e
inflazionato) si possa immaginare, ed è ancora ben radicata la convinzione/convenzione che
verba volant, scripta manent, almeno nelle generazioni che ricordano i tempi in cui le bozze
si scrivevano a mano e non esistevano i computer. Come osservava infatti già Goethe, non
senza una sfumatura di ironia, «quando una cosa si possiede nero su bianco, si porta poi a
95
casa a cuor tranquillo». La trasformazione del detto in scritto costituisce tuttora una
94 W. J. Ong, Interfaces of the word. Studies in the evolution of consciousness and culture, Ithaca and London, Cornell
University Press, 1977 ( Ed. It. Interfacce della parola, trad. di A. Calanchi, Bologna, Il Mulino, 1989); W.J. Ong, Orality
and literacy: the technologizing of the word, London and New York, Methuen, 1982 (Ed. it. Oralità e scrittura: Le
tecnologie della parola, trad. di G. Scatasta, Bologna, Il Mulino,1986).
95 «… denn, was man schwarz auf weiß besitzt, kann man getrost nach Hause tragen.» (Goethe, Faust I, trad. di G.
Manacorda, Firenze, Sansoni, 1949). 34
necessità e spesso una prassi consolidata per numerosi ambiti sociali, sempre nel medesimo
intento di fissare un’entità acustica in forma grafica, di trasformare il parlato in caratteri
almeno potenzialmente imprimibili sulla carta per rendere accessibili più facilmente i
contenuti di un dato evento e conservarne traccia per il futuro. Lo scritto consente, infatti, un
accesso diretto al testo e offre una suddivisione grafica interna, immediatamente
riconoscibile, del contenuto che agevola sia l’accesso mirato a singole parti, sia la lettura
diagonale dell’intero contenuto. 96
Le nuove tecnologie per la comprensione e il trattamento del linguaggio naturale e la
tecnologia assistiva hanno aperto nuovi e inattesi orizzonti alla resocontazione nell’accezione
più ampia del termine (si pensi, ad esempio alla proliferazione di software applicativi che si
basano sul riconoscimento vocale o ai vari programmi di auto-dettatura). Al fine di ottenere
una buona trascrizione ci si avvale di innumerevoli forme di registrazione e soprattutto
elaborazione (segmentazione, indicizzazione, sintesi, commento e descrizione di aspetto,
struttura e semantica dei contenuti) per permettere la fruizione e l’archiviazione di dati sia
acustici sia grafici. Pur essendo notevoli e in parte già coronati da successo gli sforzi in atto
per automatizzare parte di questi processi, l’intervento umano ne costituisce ancora un fattore
indispensabile e cruciale, soprattutto per quanto riguarda la fase revisionale e, se vogliamo,
interpretativa.
Diventano pertinenti a tale prassi trascrittivo-revisionale tutta una serie di aspetti
riguardanti la tipologia testuale e le modalità di produzione del testo, sia monologico sia
97
dialogico, che ne determinano il posizionamento nel continuum diamesico orale-scritto.
Alcuni di questi aspetti sono:
il grado di pianificazione: continuum tra discorso del tutto improvvisato, presentato
−
senza ausilio di note e testo interamente scritto e letto. Durante il Convegno abbiamo
assistito ad entrambe le modalità, dalla conversazione spontanea tra il Prof. Briganti e Pier
Luigi Bacchini, all’intervento pre-pianificato del Prof. Fiorenzo Sicuri che si è limitato a
leggere il suo elaborato e sul quale non si è intervenuti minimamente in fase revisionale.
il lessico, da ricercato-raro a colloquiale-comune o gergale-dialettale, marcato o non
−
marcato. Il registro formale utilizzato da gran parte dei relatori ha subito, in alcuni casi,
variazioni diafasiche verso registri lievemente inferiori. Interessante è il caso dell’intervento
96 I. Chiari, Introduzione alla linguistica computazionale, Bari, Laterza, 2007.
97 D. Tannen, The oral/literate continuum in discourse, in D. Tannen, «Spoken and written language: exploring orality and
literacy», Norwood, N.J, Ablex, 1982, pp. 1-16. 35
del Prof. Umberto Sereni che ha utilizzato, in larga misura, espressioni gergali e ha fatto
ampio uso di varietà linguistiche regionali – toscane – che sono risultate di difficile
comprensione durante la fase trascrittiva.
il peso relativo della componente verbale e di quella extraverbale: parte verbale
−
autonoma o determinata dal contesto (come nel caso di interventi di altri relatori durante la
fase espositiva dei colleghi); riferimento a handout, lucidi o simili (è il caso del Professor
Briganti che ha analizzato alcune tavole di Piero Illari presentate su una lavagna o ancor più
della Professoressa Strukelij che ha illustrato al pubblico numerose diapositive); focus sul
contenuto del messaggio o sull’aspetto relazionale (di nuovo il caso dell’intervista a
Bacchini come massimo grado di comunicazione spontanea, a cui va contrapposto
l’intervento pre-registrato dell’ambasciatrice May Lorenzo Alcalà; mancando il contesto
extraverbale, cioè il confronto diretto con gli interlocutori, è risultato unicamente basato sul
contenuto del massaggio).
il grado di coinvolgimento personale degli interlocutori: la presenza del pubblico ha
−
contraddistinto tutti gli interventi ad esclusione della sopraccitata videoconferenza di May
Lorenzo Alcalà.
il contesto situazionale, i ruoli e le conoscenze condivise dei parlanti: appare evidente
−
che, nel nostro caso, tutti i relatori partissero da una base di conoscenze comuni relative, ad
esempio, alle principali nozioni storiche, politiche e artistiche riferite all’avanguardia
futurista. Meno largamente condivise erano le informazioni biografiche relative a Piero
Illari, personaggio parmigiano e quindi sconosciuto ai più.
il grado di cooperazione vs. non-cooperazione degli interlocutori e l’osservazione
− 98
delle massime conversazionali: trattandosi per lo più di interventi monologici, il grado di
interferenza da parte degli uditori è stato minimo. Le massime conversazionali sono
riscontrabili solo nella già citata intervista a Bacchini e in altri sporadici interventi dei
relatori convenuti durante gli interventi dei loro colleghi.
2.2. Il passaggio dal testo orale alla forma scritta: criteri e norme metodologiche
Il processo di trascrizione riguarda la relazione che intercorre tra il parlato di partenza, o
testo originale, e lo scritto d’arrivo: in altre parole, il tipo di trasformazione ammessa,
98 B. Alexieva, A typology of interpreter-mediated events, in «The Translator. Studies in Intercultural Communication»,
1997, cap. 3.2, pp. 153-174. 36
richiesta o postulata nei vari passaggi previsti. Durante l’ascolto della registrazione abbiamo
costituito una sorta di testo intermedio che è stato poi “interpretato”, “decrittato”, “elaborato”
e trasformato in un documento comunemente leggibile. Questo aspetto è strettamente
collegato allo scopo per il quale il testo scritto viene realizzato e all’utilizzo al quale è
destinato: produrre, in questo caso, dei testi che potessero essere considerati “atti” del
Convegno. I casi estremi del continuum di possibili trasformazioni sono la riformulazione
libera e riassuntiva del testo in esame o la fedele e completa trasposizione su carta del
contenuto audio, inclusi anacoluti, refusi, false partenze e così via. In questo specifico caso si
è proceduto attraverso una prima trascrizione integrale del testo registrato che è stato
successivamente elaborato e integrato ad opera dei revisori e dei relatori stessi.
La letteratura sulla trascrizione offre una ricca messe di preziose indicazioni
metodologiche, in particolare quella più recente sulle problematiche specifiche dei corpora
orali.
Il principio comunemente accettato è il seguente:
Il processo di trascrizione non è [...] un procedimento neutrale, in quanto i vincoli imposti dalla
diversità del mezzo utilizzato, la scrittura rispetto al canale orale, portano necessariamente il ricercatore a
delle scelte che si suppone non siano arbitrarie ma guidate dalle ipotesi che sono alla base dell’indagine.
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La trascrizione si può, quindi, considerare un primo livello di analisi del dato grezzo.
Per questo motivo
il dato di base del ricercatore che analizzi interazioni reali non può essere costituito dalla trascrizione
100
ma dalla registrazione, video o audio che sia, e a questa egli deve sempre tornare.
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