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L’ALLEGRIA
L’edizione definitiva dell’Allegria esce nel 1931, prima importante raccolta in
cui Giuseppe Ungaretti riunisce, sistema e riordina le precedenti pubblicazioni
che, con altri titoli, avevano contenuto le poesie che via via l’autore aveva
prodotto.
La prima di queste precedenti pubblicazioni risale al dicembre del 1916 e
porta il titolo Il porto sepolto, un piccolo volume pubblicato a Udine da un suo
amico e commilitone, il tenente Ettore Serra. Conteneva il primo nucleo
dell’edizione definitiva del 1931, comprese le poesie scritte al fronte, dal 22
dicembre 1915 al 2 ottobre 1916. La prima poesia è Veglia stesa a Cima
Quarto il 23 dicembre 1915. L’ultima poesia è Commiato, concepita a
Locvizza il 2 ottobre 1916.
Veglia:
è una poesia scritta al fronte il 03/12/1915. Si assiste ad un confronto
continuo con la morte, ciò che rimane dopo il confronto bellico è il silenzio, la
morte. L’insegnamento ricevuto dalla guerra è la necessità di confrontarsi con
il tempo e la memoria e di mettere in contrasto, di far incontrare la
dimensione dell’effimero con l’eterno.
Commiato:
dedicata al suo benefattore che ha stampato le sue poesie, Ettore Serra. La
parola è il mondo e l’umanità il frutto del suo dramma. La poesia è meraviglia
e il poeta trova la parola nel pozzo della memoria.
Questi componimenti sono nati dall’esperienza dolorosa della guerra, dal
compianto per la perdita di tanti commilitoni, della cui violenta fine il poeta era
stato testimone nel corso degli scontri armati a cui aveva partecipato.
Un’importante porzione di questa raccolta è costituita da ricordi della vita
civile, che però in qualche modo la guerra ha contribuito a far rievocare. La
guerra è, dunque, il momento, l’occasione che induce alla meditazione sui
grandi temi della vita e della morte, sui temi dell’amore e della trascendenza.
I versi che compongono In memoria erano incentrati proprio su un fatto
riguardante la sfera personale dell’autore: la poesia rievoca la sfortunata vita
dell’amico Moammed Sceab, suicida senza patria nel 1931, con cui Giuseppe
Ungaretti aveva condiviso l’indirizzo di Parigi. Tale vicenda consente di
inserire il tema dell’esilio. Il suicidio dell’amico comprende e racchiude in
qualche modo il destino stesso del poeta, corrispondendo a un’analoga
ricerca di valori, che si conclude tragicamente in chi non sa esprimerli e
comunicarli. Il gesto del suicida diventa l’equivalente della poesia con la
quale a in comune la medesima ansia di liberazione e di abbandono.
La poesia che da il titolo alla raccolta del 1916 Il porto sepolto reca anche un
valore introspettivo, per Ungaretti è ciò che di segreto rimane in noi,
indecifrabile. Un porto, sommerso, ad Alessandria, città natale dell’autore,
doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che la città era un porto già
prima d’Alessandro.
Il «porto sepolto» equivale al segreto della poesia, nascosto nel fondo di un
«abisso» nel quale deve immergersi il poeta.
Nel 1919 esce la seconda edizione della raccolta, in cui aggiunge alcune
poesie inedite. La sintetica lirica Allegria dei naufragi, che da il titolo all’opera,
annuncia che il destino è una serie di rovesci, ma «il lupo di mare» non si
arrende; dopo il naufragio ricomincia a navigare, euforico di affrontare
l’occasione insperata di un nuovo inizio. Altra celebre poesia di questa
edizione è Mattina.
Nel 1931 esce l’edizione definitiva con il titolo L’Allegria. L’apertura della
raccolta è affidata alla poesia Eterno, due versi enigmatici e profondi:
“Tra un fiore e l’altro donato
L’inesprimibile nulla,,
Questa breve composizione preannuncia i caratteri della poesia ermetica
della seconda opera di Ungaretti: Sentimento del tempo.
Un’altra famosa composizione de L’Allegria è Natale:
il poeta si trova in licenza presso la casa dell’amico Marone e qui sente tutta
la malinconia accumulata al fronte. Ora gli sembra di essere una cosa posata
e ha il solo desiderio di starsene al caldo, perché pensa di aver trovato una
casa che gli dia pace. Esprime la sua volontà di solitudine dopo la violenza di
cui è stato testimone, cosciente che la pausa è temporanea e dovrà tornare
presto in prima linea.
Per quanto riguarda la scelta del titolo della raccolta, il primo, Il porto sepolto,
allude a ciò che segreto rimane in noi, indecifrabile, equivale al segreto della
poesia. Il secondo titolo, Allegria di naufragi, costituisce un’espressione
ossimorica. I due termini vengono spiegati dall’autore stesso: per il primo in
una nota parla dell’«esultanza di un attimo», di un’«allegria che, quale fonte,
non avrà mai se non il sentimento della presenza della morte da
scongiurare»; il secondo sta a indicare proprio l’effetto distruttivo della morte
e come tutto sia «travolto, soffocato, consumato da tempo». La decisione,
nell’edizione definitiva, di eliminare il secondo termine è motivata forse dalla
volontà di sottolineare maggiormente l’elemento positivo dell’opposizione.
L’opera è articolata in cinque sezioni. La prima è intitolata Ultime, perché
raccoglie testi del 1914-15 ancora legati alla fase precedente, poi ripudiata.
La seconda, Il porto sepolto, e la terza, Naufragi, rinviano a due poesie in
esse contenute che diedero il titolo alle edizioni precedenti. Seguono la
sezione intitolata Girovago, che comprende la poesia del titolo omonimo, dal
sapore emblematico, e la sezione conclusiva, Prime, così intitolata in quanto
prelude alla stagione poetica successiva.
Il poeta stesso sottolinea la componente autobiografica della propria opera,
intesa come “confessione”, ma si tratta di un autobiografismo che trasfigura il
vissuto, in quanto i singoli eventi assumono il valore di situazioni pragmatiche
in cui l’uomo incontra la verità. Questo aspetto si spiega attraverso la
particolare concezione dell’arte elaborata da Ungaretti, che accorda alla
letteratura il compito privilegiato,quasi religioso, di cogliere e svelare il senso
nascosto della vita a partire dalle esperienze fondamentali dell’esistenza. Il
mezzo espressivo che permette di attingere l’essenza profonda delle cose è
l’analogia, un procedimento sintetico che mette in contatto immagini lontane,
apparentemente slegate tra di loro, facendo vedere «l’invisibile nel visibile».
In questo senso la parola poetica s’incarica di penetrare intuitivamente il
mistero della realtà, assumendo il valore di una improvvisa e folgorante
“illuminazione” che rappresenta l’unica forma di conoscenza possibile.
Questa ricerca si traduce, in una “scarnificazione” dell’enunciato, ridotto alle
sue funzioni essenziali: la sintassi rifiuta le costruzioni complesse, i versi
sono liberi e brevi per dare il massimo risalto alla singola parola, il lessico
predilige termini astratti o comunque capaci di trasferire gli elementi della
realtà su un piano superiore di risonanze metafisiche e spirituali.
I principali temi della raccolta rendono evidente la componente biografica di
fondo. Un gruppo di poesie si lega all’infanzia e all’adolescenza trascorse da
Ungaretti ad Alessandria d’Egitto: si tratta di un motivo strettamente correlato
a quello dell’esilio, inteso come perdita irrimediabile di ogni punto di
riferimento, come sradicamento esistenziale che la poesia ha il compito di
sublimare e sanare, proponendosi come ricerca di un’originaria identità
perduta, sono particolarmente significativi, a questo riguardo i componimenti
In memoria e Girovago.
Girovago:
il titolo allude alla condizione esistenziale del poeta,che, privo di radici, non
riesce a trovare un punto stabile di riferimento. La situazione è analoga a
quella attribuita all’amico arabo di In memoria; riferendola adesso a se
stesso, Ungaretti la trasforma metaforicamente in un percorso della sua
ricerca poetica e delle ragioni individuali da cui è guidata.
Altro tema fondamentale è quello legato all’esperienza del fronte, che offre a
Ungaretti gli spunti per alcune delle sue liriche più crude e sofferte: la guerra
si configura sia come occasione di riscoprire il valore della solidarietà e di
ritrovare le proprie radici nel contatto con gli altri (I fiumi, San Martino del
Carso,Veglia) sia come emblema della condizione di precarietà che
caratterizza l’uomo (Vanità, Soldati).
I fiumi:
attraverso di essa Ungaretti ripercorre le tappe della sua vita. È questa la
poesia della consapevolezza, di una raggiunta identità che deriva dal
recupero del proprio passato attraverso la memoria. L’acqua è un simbolo
ella vita, che dalle sue origini giunge alla chiarezza del presente, alla
maturazione dell’uomo che la guerra ha dolorosamente determinato.
San Martino del Carso:
contiene immagini di desolazione e di morte legate alla guerra. Dal paesaggio
il pensiero si sposta sui molti compagni caduti; di loro, a differenza delle case,
non è rimasto più nulla.
Vanità:
il poeta riprende qui il motivo morale e religioso della “vanità” delle cose
umane. Anche qui viene sottolineato il contrasto tra la fragilità della
condizione umana e la dimensione infinita in cui l’individuo conduce la sua
esistenza. La poesia sviluppa gli elementi di un’antitesi esistenziale:
all’immagine dell’altezza si sostituisce quella dell’«uomo curvato», in un
rovesciamento che attua il passaggio dal cielo alla terra, dalla luce
all’«ombra». Il sostantivo astratto indica la fragilità e la precarietà della
condizione umana, quale si riflette nella mobile superficie dell’acqua,
elemento essenziale e simbolo della vita.
Soldati:
anche in questa poesia il titolo entra a far parte integrante del testo,
risultando un elemento essenziale per la sua composizione. Esso costituisce
il punto di riferimento del procedimento analogico, che assimila la vita del
soldato alla fragilità di una foglia d’autunno. L’intera poesia è formata da un
complemento di paragone, retto da un verbo comune, il cui uso impersonale
sottolinea una condizione di anonimato, ad accentuare il senso acuto di
solitudine desolata e di abbandono:
“Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie,,
Alcuni testi, come Il porto sepolto, riflettono infine il significato della poesia; in
altri compaiono i motivi del naufr