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GLOSSARIO DI GENETICA
Eterogeneità genetica (di locus): fenomeno per cui mutazioni in loci diversi possono dare lo stesso risultato
fenotipico.
(Sordità)
Eterogeneità allelica: fenomeno per cui mutazioni nello stesso locus ma in alleli diversi possono dare lo
stesso risultato fenotipico.
(Fibrosi cistica)
Aploinsufficienza: condizione in cui la quantità di proteina prodotta (da una sola copia sana del gene) non è
sufficiente ad assicurarne la normale funzione.
(Stenosi aortica sopravalvolare)
Loss of function: quando una mutazione in un solo allele non ha effetti patologici viene detta recessiva e le
conseguenze biologiche sono evidenti solo quando anche il secondo allele normale viene mutato. Quando
solo uno dei due geni viene mutato, diversamente dalla situazione di GAIN OF FUNCTION, la proteina che
ne deriva non funziona più correttamente ma la cellula non subisce nessuna ripercussione perché l'altro
allele, funzionante, può continuare a svolgere la propria funzione e può supplire all'allele perso. Qualora
anche la seconda copia del gene perdesse funzionalità, la cellula perderebbe completamente la funzione
svolta da quello specifico gene. Solo a questo punto si manifesta l'effetto dovuto alla mancanza totale della
proteina.
(Meyer-Gorlin, fibrosi cistica, sindrome di Kabuki)
Gain of function: la proteina è prodotta in quantità sovrabbondante; la mutazione può essere presente anche
solo su un allele, purché abbia effetto dominante.
Aplotipo: combinazione di varianti alleliche lungo un cromosoma o segmento cromosomico strettamente
associate tra loro che, in genere, vengono ereditate insieme. L'associazione statistica tra loci si manifesta in
assenza di ricombinazione tra i loci stessi. Per quanto riguarda gli autosomi (cromosomi non sessuali) e le
regioni pseudoautosomiche dei cromosomi sessuali questo può essere dovuto alla vicinanza fisica tra i loci
considerati e all'assenza di hot-spot di ricombinazione tra di loro. Invece gli alleli della regione non
ricombinante del cromosoma Y sono sempre associati a formare aplotipi, così come gli alleli del genoma
mitocondriale (mtDNA). Infatti queste due porzioni del genoma non ricombinano, essendo ereditate con
modalità uniparentali, paterna la prima, materna la seconda.
(Sindrome di Darier)
Penetranza incompleta: nella genetica il termine penetranza indica la frequenza con cui un allele (sia esso
dominante o recessivo) si manifesta fenotipicamente all'interno di una popolazione, ciò dipende sia dal
genotipo (ad esempio la presenza di geni epistatici o di altri geni) sia dall'influenza dell'ambiente. In altre
parole la penetranza corrisponde alla frequenza con cui, dato un certo genotipo, si manifesta il fenotipo
corrispondente (ad esempio una malattia). La penetranza è completa (100%) quando tutti gli omozigoti
recessivi manifestano un fenotipo, tutti gli omozigoti dominanti mostrano un altro fenotipo e tutti gli
eterozigoti sono simili. Si ha invece penetranza incompleta se meno del 100 % degli individui con un
particolare genotipo manifesta il fenotipo atteso.
(TAR, di rado retinoblastoma)
Genome Wide Association Study: un genome-wide association study, o GWAS, è un'indagine di tutti, o
quasi tutti, i geni di diversi individui di una particolare specie utile per determinare le variazioni geniche tra
gli individui in esame. In seguito si tenta di associare le differenze osservate con alcuni tratti particolari, ad
esempio una malattia. In questi casi vengono valutati campioni provenienti da centinaia o migliaia di
individui, di solito cercando SNPs. Questi studi normalmente mettono a confronto il DNA di due gruppi di
persone: gli individui che presentano la malattia e individui sani il più possibile simili ai malati. Vengono
prelevati dei campioni cellulari, e da queste cellule viene estratto il DNA che è poi analizzato tramite un
microarray, in grado di leggere milioni di sequenze. Questi "chip" vengono studiati al computer con tecniche
bioinformatiche. Invece di leggere intere sequenze geniche, questi sistemi individuano di solito SNP
marcatori di gruppi di variazioni geniche (aplotipi). Se alcune variazioni genetiche sono significativamente
più frequenti negli individui malati, allora le variazioni si dicono "associate" con la malattia. Queste
variazioni sono poi considerate come indicative della regione in cui è probabile che si trovi anche la
mutazione che causa la malattia. Erano di gran moda tra il 2000 e il 2010; Teri Manolio ha dimostrato in
seguito ad uno studio di questo tipo che gran parte degli SNP associati a malattia cadono entro sequenze
intergeniche o introniche, quindi non codificanti.
FISH: la Fluorescent in situ hybridization (FISH) è una tecnica citogenetica che può essere utilizzata per
rilevare e localizzare la presenza o l'assenza di specifiche sequenze di DNA nei cromosomi. Essa utilizza
delle sonde a fluorescenza che si legano in modo estremamente selettivo ad alcune specifiche regioni del
cromosoma.
(Traslocazioni: leucemia mieloide cronica)
Low Copy Repeats: le duplicazioni segmentali (note anche come dupliconi o LCR Low Copy Repeats) sono
blocchi di poche sequenze ripetute con omologia reciproca molto alta (94-99%) grandi 200-400kb. Esse
rappresentano circa il 6% del genoma umano e sono intersperse in tutto il genoma ma maggiormente
concentrate nelle regioni pericentromeriche e subtelomeriche. Spesso sono duplicati nell'ambito di una stessa
regione cromosomica a distanza reciproca di poche megabasi e tramite il meccanismo della ricombinazione
omologa non allelica (crossing-over che avviene tra due sequenze omologhe ma che non sono alleliche)
possono causare delezioni e duplicazioni, ma anche inversioni e traslocazioni.
(Digeorge, Smith-Magenis)
Mutazioni dominanti negative: si hanno quando una proteina mutata non solo perde la propria funzione ma
nel caso di eterozigosi interferisce anche con il prodotto dell’allele normale; effetto frequente nelle proteine
strutturali (es. collagene).
Next Generation Sequencing: consiste nel sequenziamento parallelo di molte porzioni di DNA lunghe da
100 a 800 bp in tempi brevi e a basso costo; ogni nt durante questo procedimento viene letto in media 50
volte per ridurre al minimo la possibilità di errore della macchina.
Quello a cui si vorrebbe arrivare è il Whole Genome Sequencing, ma per ora si effettua soprattutto il Whole
Exome Sequencing: dall’mRNA si ottiene il cDNA (DNA Complementare) riuscendo così ad analizzare
l’1,5% del genoma (pur sapendo che molte mutazioni cadono in regioni non tradotte del DNA): è molto
utilizzata perché richiede poco tempo e costi relativamente bassi e registra comunque un buon numero di
successi (nel 40-50% dei casi si arriva ad una diagnosi molecolare, e questa è di solito certa al 100%).
L’approccio al Whole Exome è un approccio di filtraggio discreto: una volta sequenziato l’esoma si
ottengono un gran numero di varianti, e a quel punto si eliminano le mutazioni sinonime (che non cambiamo
il polipeptide) e quelle note e si prendono invece in considerazione quelle comuni a tutti gli affetti. Il limite
di tale tecnologia è la diagnosi molecolare di malattie sporadiche e di quelle geneticamente molto
eterogenee.
Si possono altrimenti fare piattaforme specifiche per i geni causativi di ogni malattia (targeted platforms),
ma il problema è che per molte malattie ci sono geni causativi ancora ignoti, e quindi tali piattaforme hanno
un uso molto limitato.
Two-Hits Model: modello applicato al retinoblastoma da Alfred Knudson nel 1971 secondo il quale per
sviluppare il tumore sono necessari due “hits”, due mutazioni. Nel caso del retinoblastoma, questo si
presenta bilateralmente in bambini di (mediamente) 15
mesi quando il primo hit è ereditato da un genitore e il
secondo hit avviene in una cellula somatica (il fenotipo si
manifesta solo se questo secondo hit si verifica nelle
cellule retiniche), e appare invece unilateralmente intorno
ai 24 mesi in bambini che hanno entrambe le mutazioni
nelle cellule somatiche. In qualche modo, l’aver ereditato
il first hit (che nel caso del retinoblastoma segrega in
maniera autosomica dominante) predispone il paziente ad
avere anche il secondo (e nel caso del retinoblastoma,
quindi, il tumore compare nelle cellule con due alleli
recessivi mutati).
Questo modello può essere applicato a molti altri tipi di cancro e può spiegare la penetranza incompleta: essa
compare se nella generazione P il first hit è una mutazione missenso (per cui un po’ di proteina, anche se
malfunzionante, viene codificata) o in generale una mutazione poco importante, e alla generazione F1 il
portatore sano ha sì il secondo hit, ma anch’esso è una mutazione leggera. Se invece la mutazione somatica è
pesante, come nel caso di F2, si avrà comunque il fenotipo retinoblastoma.
(Retinoblastoma, cancro al colon e alla mammella, TAR)
Copy Number Variation: nelle persone sane, sono normalmente presenti differenze nel numero di copie di
determinate regioni di DNA, corrispondenti quindi a variazioni nel numero di geni: l’uomo, quindi, non è al
100% diploide come si pensa.
Le CNVs possono originarsi sia a livello mitotico che meiotico, e le CNVs mitotiche sono state evidenziate
in alcuni tessuti di pazienti gemelli omozigoti. Un buon esempio di CNV non patogenetica è quello dei geni
per l’amilasi1A (AMY1A), presenti in 6 o 7 copie in popolazioni la cui alimentazione include alte dosi di
amido, e in 2 copie negli scimpanzè, che si nutrono prevalentemente di frutta.
Le CNVs possono dare patologie chiamate disordini genomici, causate non da mutazioni puntiformi ma da
delezioni o duplicazioni di intere porzioni di genoma. Persone con la stessa CNV patogenetica possono avere
fenotipi variabili e presentare penetranza incompleta e questo può essere spiegato con il two-hits model.
(Smith-Magenis, sindrome Xq28, sindrome di Digeorge). CNVs ricorrenti nella popolazione possono essere
spiegate con la presenza di LCR altamente omologhe a monte e a valle della sequenza deleta o duplicata che
inducono una NAHR.
Array CGH: la Comparative Genomic Hybridization o Array-CGH è una tecnica sviluppata per identificare
anomalie cromosomiche di tipo numerico (aneuploidie) a carico dei 22 autosomi e dei cromosomi sessuali, o
anche variazioni (CNV) del contenuto di piccole porzioni cromosomiche, come duplicazioni/amplificazioni
o delezioni. Il principio su cui si basa la tecnica dell’Array CGH è la comparazione quantitativa del DNA in
esame o DNA test (estratto dalle cellule fetali, in caso di diagnosi prenatale, o dal prelievo ematico del
paziente, in caso di diagnosi post-natale) e del DNA genomico di riferimento proveniente da un soggetto
sano (reference DNA). Durante il processo analitico questi DNA sono marcati in maniera differe