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NAZIONALE:

Gli anni che precedono l'Unità d'Italia del 1861 e il decennio immediatamente successivo

risultano fondamentali per il rinnovamento estetico dell'arte italiana, perseguito peraltro anche al

di fuori dell'ambito accademico con la costituzione di "scuole" locali nel napoletano, in Piemonte

e in Toscana. Fin dagli anni quaranta Firenze è il cntro più vitale. All'interessante produzione

libraria si affianca un'intensa attività teatrale e la città diviene in breve tempo punto di incontro di

differenti culture europee. I rapporti con la Francia appaiono molto stretti fin dall'inizio del

secolo, soprattutto col ritorno in patria di Lorenzo Bartolini, dopo un ventennio di successi

parigini.

Lo scultore toscano, legato a Ingres da lunga amicizia e molto stimato in ambiente accademico,

nel 1841 era stato eletto membro onorario dell'Istituto parigino delle Belle Arti. La fondazione

della rivista "Antologia" e del famoso "Gabinetto" letterario e scientifico annesso, diffonde tra gli

intellettuali italiani la conoscenza della lettura straniera, francese in particolare, grazie a una

biblioteca aggiornata con periodici e quotidiani esteri. Tali fervidi scambi sembrano non influire

sull'ambiente accademico. I rappresentanti ufficiali della cultura figurativa italiana confermando

il divario tra cultura italiana e francese e molti pittori, non mostrano alcun interesse per il purismo

di Ingres, nè per il cromatismo di Delacroix; gli artisti fiorentini non allineati sulle posizioni degli

accademici si riuniscono dal 1845 circa nel Cafè Michelangelo a discutere d'arte e di politica.

Ai giovani artisti verrà attribuito nel 1862 l'epiteto dispreggiativo di "Macchiaioli". Il Gruppo del

Cafè Michelangelo si costituisce in questi anni e a Signorini e Cecioni, i personaggi più

impegnati sulla definizione teorica degli ideali comuni, si affiancano Fattori, Lega, Abbati,

Sernesi, Cabianca, Borrani e Banti. L'unico vero teorico del gruppo è tuttavia Diego Martelli, a

cui va attribuito il merito di aver stimolato negli anni '60 gli artisti italiani a una più profonda

comprensione dell'Impressionismo francese, di cui però tra i molti macchiaioli acquisiscono

soltanto una conoscenza assai superficiale.

Nel frattempo anche alcuni dei protagonisti del rinnovamento della pittura francese soggiornano a

Firenze e nel 1853 Monet vi studia agli Uffizi i maestri italiani del '400 e del '500, mentre Degas

che vi giunge nel 1858, durante gli otto mesi del suo soggiorno, ottiene permessi speciali per

studiare e copiare La Battaglia di San Romano di Paolo Uccello. Il Ritratto della Famiglia

Bellelli, che Degas inizia a Firenze e termina a Parigi intorno al 1860, è un'opera innovativa, ricca

di conseguenze tanto per l'Italia, quanto per il costituirsi dell'iconografia impressionista. Dal 1855

le discussioni del "Gruppo del Cafè Michelangelo" si accendono intorno ai resoconti di tre pittori,

reduci dalla visita all'Esposizione Universale di quell'anno: il toscano De Tivoli e i napoletani

Morelli e Altamura.

L'attardamento della cultura figurativa italiana è confermato dalle profezie dei tre visitatori. La

pittura da loro più ammirata è quella di Delacroix. Nei successivi viaggi a Parigi i pittori italiani

apprezzano anche i paesaggisti italiani della Scuola di Barbizon, Corot, Millet e soprattutto

Courbet. Altamura aggiorna i fiorentini sui nuovi sviluppi della pittura di paesaggio, sulla

sperimentazione del ton gris, sul modo cioè di ritrarre la natura del vro attraverso la riflessione di

uno specchio nero che filtra e abbassa i contrasti chiaroscurali.

Le esperienze francesi di Altamura e Morelli rielaborate a Firenze conducono in breve alla

definizione della "macchia". La macchia consisteva nel vedere sul vero una figura, umana o

animale stagliata su uno sfondo, fosse un muro bianco o aria limpida o altri oggetti. Si trattava

dunque di sottolineare i valori tonali, di accentuare il chiaroscuro a vantaggio della forza

strutturale della luce-colore, in contrapposizione alla leggerezza della consueta tecnica a velature.

Ritrarre gli effetti di luce utilizzando il colore come macchia-contrasto chiaro su scuro è, in

sintesi, l'innovazione formale proposta dai macchiaioli stimolati dalle esperienze francesi.

L'arte della macchia vive una breve intensa stagione indicativamente compresa fra il 1855 e il

1875. Anche dal punto di vista teorico essa si impone come il tentativo più organico e originale di

orientamento antiaccademico dell'arte italiana. La nuova pittura utilizza il colore, steso in zone

ampie, la macchia, per definire in modo sintetico i volumi, ma conserva anche la tecnica

tradizionale del chiaroscuro per dar risalto alla modellazione plastica. Ne deriva una pittura

equilibrata, di grande concretezza formale e, nel contempo, ricca di mediazioni culturali.

L'ESPOSIZIONE NAZIONALE DEL 1861:

L'Esposizione Nazionale del 1861, tenutasi a Firenze favorì lo sviluppo di nuove esperienze da

parte degli artisti fiorentini, che si confrontano con opere provenienti da tutti i principali centri

italiani. Se nei padiglioni espositivi prevalgono i tradizionali soggetti di storia, un nucleo di opere

macchiaiole affronta soggetti di storia contemporanea.

I consueti riferimenti al Medioevo ispirano La cacciata del duca d'Atene di Stefano Ussi,

rinnovata da una pennellata più libera, presente anche nei dipinti di Morelli e dell'allievo

Celentano che dipinse Il consiglio dei Dieci. I novellieri fiorentini del XIV secolo del

macchiaiolo Cabianca si distingue per la stesura del colore luminoso, a larghe zone contrapposte.

La partecipazione agli eventi risorgimentali è affermata invece da Borrani in Le cucitrici di

camicie rosse del 1863. Nel dipinto la luce filtra dalle finestre attraverso le cortine bianche

mettendo a fuoco con misurato realismo le figure e i particolari dell'arredamento. In tal modo

rinforza e si rinnova con i macchiaioli toscani una tendenza peculiare della cultura italiana

ottocentesca.

Mentre Delacroix rivolge la propria attenzione soprattutto agli aspetti epici della storia

contemporanea, finalizzati all'autocelebrazione della monarchia francese, Giovanni Fattori

espone, infatti, a Firenze Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta, un dipinto che ricorda

l'eroismo dei soldati italiani senza accenti retorici. Egli privilegia una sorta di microstoria rispetto

alla grande storia nazionale e degli eventi risorgimentali coglie, come Borrani, gli aspetti più

legati alla quotidianità. Il tono descrittivo dell'opera è accentuato dall'importanza riservata al

paesaggio, studiato sul posto, reso con colori chiari e limpidi, che sottolineano i valori

atmosferici, giudicati tuttavia poco armoniosi dalla commissione esaminatrice della mostra

fiorentina.

LE SCUOLE NAZIONALI DEI MACCHIAIOLI:

Gli anni successivi all'esposizione del 1861 sono i più significativi per lo sviluppo dello stile

macchiaiolo, sperimentato nei quadri di soggetto storico, in quelli di genere, nei paesaggi e nei

ritratti. Tra il 1860 e il 1870 la vitalità del gruppo è accresciuta dai frequenti viaggi all'estero. Il

momento di massimo vigore creativo del gruppo è segnato dalla Scuola di Castiglioncello e dalla

Scuola di Pergentina, contraddistinte dai nomi delle località presso le quali i macchiaioli

lavorano.

A Castiglioncello lavorano Abbati, Sernesi, Borrani e Fattori, a Pergentina, nei dintorni di

Firenze, Lega, al cui fianco si alternano gli amici del Cafè Michelangelo. La pittura del livornese

Fattori rielabora con autonomia le premesse accademiche che conserva nel taglio ingresiano del

bellissimo Ritratto della cugina Argia, che tuttavia rinnova nei valori cromatici sull'esempio di

Corot. La densità dei colori suggerisce effetti quasi materici che definiscono la volumetria della

figura. L'accordo tonale è perfettamente risolto: il colore verde-grigio dell'abito, freddo e

luminoso, sul quale contrasta il bianco della camicia, si armonizza con il giallo caldo del fondo

attraverso il passaggio graduale dall'incarnato bruno del volto.

Soldati e campi di battaglia costituiscono uno dei temi favoriti di Fattori, nei quadri di grandi

dimensioni come in quelli di piccolo formato. Nell'opera In vedetta del 1872 Fattori dà pari

rilievo a due generi solitamente distinti: quadro di storia e paesaggio. Il soggetto militare è

inserito nello spazio naturale, reso quasi astratto dall'abbagliante luce solare e dall'essenziale

intersezione delle tre superfici che lo definiscono:il cielo, il terreno e il muro in diagonale sul

quale si staglia la silhouette del soldato a cavallo. Fattori raggiunge tale alta intensità luminosa

anche nell'incisione con risultati di notevole qualità, come nell'acquaforte Gli spaccasassi,

analogo nel tema sociale alla poetica courbettiana.

Colori e supporto sono i due mezzi attraverso i quali Fattori dà consistenza materica alla propria

pittura e nella tavoletta Silvestro Lega che dipinge sugli scogli del 1866 egli sfrutta e intensifica

le venature del legno per creare visivamente la sensazione del vento che investe gli scogli, sui

quali siede esile la figura dell'amico pittore.

Silvestro Lega a sua volta rinnova la poetica degli affetti familiari, usurata e banalizzata dagli

epiloghi del Romanticismo italiano. Con L'Educazione al lavoro del 1863, mostra di aver

pienamente assimilato l'esperienza purista nella positura della bambina accovacciata ai piedi della

madre, e nella severa composizione spaziale tessuta sulle diagonali:del tutto nuovo è, però, il

valore attribuito alla luce che filtra dalla finestra.

Analoga severità compositiva ritroviamo ne Un dopo pranzo, esposto alla Promotrice di Firenze

nel 1868, visione nitida, strutturata con una semplicità ed un rigore che la fanno apparire ispirata

a modelli del primo '400 italiano. Nello stesso anno il francese Bazille presentava al pubblico

parigino del Salon Riunione di famiglia e, mentre Lega immerge figure e paesaggio in una luce

calda che impregna anche i verdi del pergolato, in Bazille prevalgono i toni freddi azzurrati che

accentuano i netti profili delle forme. Nel quadro di Lega le ombre che si proiettano sul

pavimento sono ottenute alternando tonalità più scure ai gialli delle zone luminose, secondo il

tradizionale procedimento chiaroscurale. L'inquadratura creata da Bazille si avvicina per certi

aspetti alle pose fotografiche ma, nel contempo, risulta quasi irreale.

In sostanza Lega offre una personale interpretazione della macchia, meno essenziale di Fattori,

attenta a più sottili gradazioni di colore.

L'esperienza in plein air della Scuola di Castiglioncello è anticipata da Raffaello Sernesi in Tetti

al

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
10 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher violet881 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Gallo Francesca.