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TRASFORMAZIONE
I O
Trasf
equilibrio
organizzativo
ed economico
4)Con il termine relazione, invece, si intende una connessione logica o fisica tra le componenti della
attivata con l’esercizio dell’azione. La relazione, quindi,
struttura ed una potenzialità che può essere
è da intendersi come strutturale, ha un carattere stabile nel tempo ed è di oggettiva percezione.
L’interazione, invece, è da intendersi come sistemica, ha un carattere dinamico ed è di soggettiva
percezione, in quanto dipendente sia dal sistema che dall’osservatore.
In sintesi, la relazione costituisce il collegamento tra componenti, mentre l’interazione è definibile
come l’uso di tale collegamento.
delle teorie d’impresa)
LEZIONE 2 (classificazione
1. L’approccio neoclassico
L’approccio all’economia d’impresa sosteneva che:
neoclassico
1. mancavano i presupposti del mercato (mercati perfetti, perfetta informazione, razionalità
illimitata, libertà di ingresso e di uscita, ecc.);
2. la proprietà era diversa dal management;
valeva il concetto di profitto come unico obiettivo per l’impresa, ma ciò non andava bene.
3. sull’organizzazione sull’esistenza
La teoria neoclassica non richiede spiegazioni né nè delle
imprese, ma: della creazione di ricchezza sull’organizzazione dell’impresa;
1. analizza gli effetti
2. studia i driver di valore sulle strategie ed i processi aziendali.
Nel tempo, gli studi sulla teoria d’impresa hanno cercato di dare risposta a due grandi categorie di
sono due categorie di teorie d’impresa:
domande e, quindi, ci
1. la prima si chiede perché esistono le imprese e come funzionano internamente;
la seconda categoria, invece, si chiede come si rapportano le imprese con l’ambiente esterno
2. ed in cosa consiste la loro diversità.
DEGLI APPROCCI TEORICI PER L’ORGANIZZAZIONE INTERNA
MAPPA
Costi di transazione Teorie sul coordinamento
(Coase) (Williamson, Grossman e Hart) L’impresa come
Teorie
comportamentiste risposta ad un
(Simon, Cyert e problema
Teorie dell’agenzia
March) informativo
(Jensen e Meckling)
Separazione
proprietà e controllo
(Berle e Means) Teorie manageriali Teorie evoluzionistiche
(Penrose, Marris e (Nelson e Winter)
Baumol)
Rischio e L’impresa come
imprenditorialità risposta ad un
(Knight) problema
cognitivo
Teorie sulle risorse
(Grant)
2. Teorie per l’organizzazione interna (prima categoria)
Nei periodi storici nei quali l’approccio neoclassico era dominante, alcuni contributi
veri e propri punti di riferimento per le più moderne teorie d’impresa.
rappresentarono
Tali contributi introducono tre concetti fondamentali:
1. i costi di transazione (Coase);
2. il rischio imprenditoriale (Knight);
3. la separazione tra proprietà e controllo (Berle e Means).
1)I costi di transazione sono dovuti al fatto che gli agenti economici non hanno la perfezione
dell’informazione, degli scambi e dei mercati.
Chiunque prova a sviluppare transazioni di mercato, si troverà sempre di fronte a diversi casi nei
quali il mercato di riferimento non è per nulla trasparente in termini informativi, ed avrà
sperimentato che per scambiare beni o servizi occorre sostenere dei costi aggiuntivi, al di là
dell’effettivo valore della transazione.
Secondo Coase, quindi, le imprese esistono in quanto, al loro interno, può risultare più conveniente
coordinare con meccanismi gerarchici alcuni rapporti, contratti o transazioni, piuttosto che
utilizzare il mercato: in questo contesto, l’entità dei costi di transazione definirà i confini
dell’impresa e il coordinamento tra gli agenti economici.
2)Secondo Knight, le imprese esistono in quanto per una particolare risorsa, quella imprenditoriale,
non esiste un mercato: ciò vuol dire che, data l’incertezza dell’evoluzione di un’impresa e il rischio
all’attività aziendale, non esiste un mercato in grado di scambiare con prezzi efficienti tutte
sotteso
le competenze aziendali e, in particolare, quelle imprenditoriali: nonostante ciò, il governo è unico
l’imprenditore.
ed è affidato ad un soggetto decisore razionale, cioè
Il rischio e le competenze imprenditoriali risultano fondamentali per il tema del vantaggio
competitivo e per la visione basata sulle risorse o conoscenze.
scoprono che, all’interno delle imprese di maggiori dimensioni, si
3)Berle e Means ha un particolare
dell’impresa e quelli che
fenomeno di progressiva separazione tra i soggetti che hanno la proprietà
hanno il controllo sulla gestione. In particolare, nelle imprese con una proprietà frammentata, cioè
azionisti, la gestione dell’impresa viene delegata a
in presenza di un elevato numero di manager
professionisti, a cui è lasciata ampia discrezionalità di comportamento e su cui è esercitato un
limitato controllo: in questa situazione, viene falsificato l’assunto di massimizzazione dei profitti.
La separazione tra proprietà e controllo, indicando la presenza di numerosi soggetti decisori, è
fondamentale per supportare le teorie sulla governance, che spiegano gli assetti e i meccanismi
decisionali interni.
3. Teorie comportamentiste
Negli anni Cinquanta e Sessanta, le teorie comportamentiste danno importanza alla dimensione
individuale del processo decisionale, superando l’ipotesi neoclassico di perfetta razionalità.
Il focus di ognuna di queste teorie comportamentiste diventa, quindi, l’analisi dei meccanismi di
comportamento dei soggetti che operano all’interno dell’impresa.
Il primo concetto rilevante in queste teorie è quello di razionalità limitata, evidenziata da Simon, in
quanto le decisioni vengono prese in condizioni di incertezza e di soggettività. Le regole di
comportamento assunte in condizioni di razionalità limitata sostituiscono la massimizzazione del
profitto, coordinandosi con un livello di profitto non massimo, ma soddisfacente.
Un altro contributo nell’ambito della teoria comportamentista è quello di Cyert e March, secondo i
quali l’impresa esiste in ragione delle procedure, formali e informali, che regolano il
comportamento quotidiano dei soggetti che ne governano l’attività.
Gli elementi centrali nell’approccio di Simon e in quello di Cyert e March sono:
l’attenzione ai meccanismi di funzionamento interni del decision making;
1.
2. la considerazione della dimensione individuale di questo processo.
dell’impresa.
Tutto ciò è in linea con una classica visione burocratica
4. Teorie manageriali che pongono l’attenzione sul ruolo del
Negli anni Sessanta, ci furono anche teorie manageriali,
management e della crescita aziendale.
Secondo l’approccio manageriale all’impresa, l’esistenza ed i confini di impresa sono definiti dalla
necessità di gestire la conoscenza, che è alla base delle competenze.
il quale vede l’impresa come un set di
Un contributo rilevante di queste teorie è quello di Penrose,
risorse produttive che l’impresa organizza per poter offrire beni e servizi sul mercato: da un lato,
queste risorse hanno dimensioni fisse e creano spesso un eccesso di capacità che porta le imprese a
crescere e migliorare la produttività; dall’altro lato, invece, i limiti di conoscenza e di abilità del
management non consentono il completo utilizzo e impiego di tali risorse in eccesso, che occorre,
quindi, far gestire al manager in possesso di competenze distintive.
Un altro contributo nell’ambito della teoria manageriale è quello di Marris e Baumol, secondo i
quali i manager finiscono per spingere verso la massimizzazione della crescita aziendale. Il manager
è, quindi, in grado di assumere forme di leadership e decisioni spesso in contrapposizione alla
proprietà.
5. Teorie sul coordinamento
I principali contributi alle teorie sul coordinamento sono:
1. la teoria dei costi di transazione (Williamson);
2. la teoria dei contratti incompleti (Grossman e Hart);
teoria dell’agenzia
3. la (Jensen e Meckling).
1)Secondo Williamson, i costi di transazione si formano a causa di caratteristiche individuali dei
soggetti decisori (opportunismo e razionalità limitata) e di caratteristiche della transazione stessa
(specificità del bene scambiato, l’incertezza e la frequenza degli scambi.
Quando i costi di transazione sono elevati, l’impresa può decidere di espandere la propria attività
integrandosi verticalmente, sviluppando internamente le funzioni di approvvigionamento o di
distribuzione, invece che ricorrere al mercato, i cui meccanismi di coordinamento e di governance
falliscono. questa visione, l’impresa
2)Secondo esiste anche perché, in molte transazioni, non è possibile
redigere contratti completi o perfetti: in questo contesto, si collocano gli studi di Grossman e Hart, i
quali vedono l’impresa come un insieme di asset a proprietà di più soggetti, dove la proprietà
diventa il meccanismo che disciplina i rapporti e il funzionamento delle relazioni, definendo
l’esistenza e i confini dell’impresa.
teoria dell’agenzia, infine, afferma che l’impresa si configura come un flusso di
3)La rapporti di
agenzia, di cui il più importante è quello tra proprietà e management, i cui interessi sono
contrastanti.
Infatti, da un lato, i manager possono perseguire i loro interessi a scapito della proprietà, mentre,
dall’altro lato, gli azionisti non riescono ad evitare completamente questo fenomeno e devono
volti a ridurre l’asimmetria informativa.
sostenere una serie di costi di agenzia,
Secondo la teoria dell’agenzia, l’impresa è, quindi, una finzione legale, ossia un insieme di contratti
sviluppato per disciplinare i rapporti interni tra proprietà e controllo e per creare una struttura di
incentivi al management e alla proprietà, al fine di ridurre i problemi di agenzia.
6. Teorie evoluzionistiche e sulle risorse
I tre tipi di teorie manageriali sono:
la teoria dell’agenzia;
1.
2. la teoria evoluzionistica (Nelson e Winter);
3. la teoria delle risorse o Resource-based View (Grant).
l’impresa è uno strumento di cambiamento
2)Secondo la teoria evoluzionistica, e di apprendimento,
è, infatti, rappresentabile come
perché è in continua evoluzione. Secondo Nelson e Winter l’impresa
un insieme di routine, ossia una serie di regole di condotta che ne determinano le