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II)
Bisogna quindi chiedere agli uffici competenti la misura catastale, rilasciati oggi anche da
uffici tecnici comunali volti al rilascio delle misure.
Catasto fabbricati nel catasto fabbricati, che funziona in modo analogo, c’è una
2) complicazione in più, ossia il problema della proprietà verticale, ossia di più piani, per cui
non basta la proiezione ortogonale dall’alto per identificarlo, quindi il catasto aggiunge al
foglio e alla particella un altro indicatore, ossia il subalterno, indicati di nuovo con altri
numeri, il numero di foglio è lo stesso dei terreni, il numero di particella, che dovrebbe esser
quello dei terreni, poi 3 livelli, sub 1, per il piano terreno, sub 2 per il primo piano e sub 3
per il secondo piano. Nel catasto urbano gli elementi sono le unità immobiliari. Il catasto
urbano non si compone solo della planimetria, ma si compone anche di una documentazione
ulteriore, la busta, dove ci sono le planimetrie delle singole unità immobiliari. Poi i
fabbricati hanno una destinazione attraverso il classamento e la categoria che può essere:
Uso abitativo, caratterizzato da diverse classi: A1) di lusso, A2) normali, A3) modeste, e
A) poi si risale A7) ville e castelli e così via.
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Immobili ad uso non abitativo, la categoria C prevede garage.
B) Categoria D che identifica collegi.
C)
Dal punto di vista dei fabbricati i redditi si suddividono in un solo valore Rendita catastale
del fabbricato.
Le imposte sono sia sulle persone giuridiche, sia sugli immobili, che verranno assunti e
colpiranno gli immobili IMU.
Nell’esperienza giuridica romana i fondi si identificavano con l’appellativo fundus e poi con un
aggettivo che corrispondeva ad un nome, “Fundus Tullianus”. Anche a Roma c’erano sistemi di
catastazione nei quali veniva attribuita la coltura e veniva attribuito un valore più che un reddito ai
singoli fondi, e venivano disegnati dei catasti, tanto che la mappa catastale si chiamava forma.
C’erano le forme per ciascun centro urbano e il suo territorio. Le forme erano su marmo o su
bronzo. C’era una mappa fondamentale difficile da modificare tracciata una volta per tutte all’inizio
su marmo o bronzo, e poi le tavole venivano esposte su luogo pubblico, ma poi negli archivi
venivano custodite le carte che aggiornavano la forma segnando le modifiche di confine e i passaggi
di proprietà. La città da cui si sono ritrovate più tavole catastale sono nella città di Orange, perché il
territorio di Orange è stato accatastato 3 volte, delle quali si hanno tutte e 3 le documentazioni del
catasto. In Italia invece si ritrova la Tabula di Veleia, conservata nel museo nazionale di Parma.
Veleia era una città fiorentina, dove l’imperatore concesse a proprietari un cospicuo prestito di
denari, e i proprietari ipotecavano i propri terreni con l’impegno di restituire la somma in un
determinato periodo di tempo. Di questo quindi si sono conservati gli atti pubblici (Acer Veleias).
Nel catasto romano, meno preciso i fondi si identificavano con un aggettivo corrispondente a un
nome (“Fundus Cornelianus”).
Nel testo 50 c’è infatti un nome molto comune. Di fondi Corneliani in proprietà del committente ce
n’erano 15, e qui non si sa qual è perché si parla genericamente di fondo Corneliano. Le alternative
erano: Considerare la stipulatio invalida per invalidità dell’oggetto.
1) Considerare la stipulatio valida ma indicare la procedura per identificare l’oggetto, che non
2) era indeterminato, ma determinato all’interno di una classe ben definita.
La soluzione fu che l’identificazione spettava al promittente, e sino a che il promittente no naveva
indicato qual era il fondo che lui era disponibile a dare l’oggetto della stipulatio era ancora incerto,
all’interno della classe. Questa soluzione non è in contrasto con la regola individuata da Celso,
poiché visto che il promissario stipulante non ha invitato lui in fondo, per interpretatio contra
stipulatore il promittente potrà indicare l’immobile che gli conviene di più.
Questo caso è risolto applicando il principio indicato da Celso.
Testo 51 Digesto 45.1.109, Pomponio libro terzo a Quinto Mucio, anche qui si applica il principio
indicato da Celso, e si presume anche che sia nell’interesse del promittente dare, restituire dopo un
anno e non dopo due e dare la somma inferiore o con un termine più lungo.
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Testo 53 Principio di conservazione del negozio giuridico.
Testo 54 Digesto 45.1.137.2., il tipo di stipulatio in questo caso è una Stipulatio Efesi Dari, dove
dari è infinito passivo (essere dato), Efesi è invece un locativo, ossia un complemento di stato in
luogo, “promessa che sia dato ad Efeso”. La particolarità di questa Stipulatio è che si debba dare
non a Roma ma a Efeso. Questa corrisponde ad un elemento del negozio giuridico corrisponde ad
un termine, che non è però certus quandus (può essere certus o incertus an, se non si sa se si
verifica, o certus o incertus quandum se si verifica ad esempio la morte delle persone. Qui è Certus
an, perché è possibile adempiere ad Efeso, ed è incertus quandum, poiché si deve valutare attraverso
il parametro per cui si ritiene inadempiente il promittente dopo aver valutato le varie situazioni,
stagione, età, sesso, condizioni di salute. Non si può imporre il superamento di ostacoli
particolarmente difficili, poiché in questo caso il termine si allunga. Come si stabilisce se c’è stato o
meno l’adempimento? Non si può stabilire sul piano sostanziale, ma dal punto di vista procedurale,
e stabilisce la tempestività dell’adempimento, il rispetto del termine il giudice. Si da solo in sede
processuale attraverso una prudente valutazione del giudice che assume tutti i parametri richiamati
dal giurista ossia la “Causa cognita”. Bisogna adempiere nel tempo giusto, ma dopo che il
promittente è arrivato ad Efeso in anticipo non può più rifiutare l’adempimento. Nel momento in cui
arriva ad Efeso scade il termine e quindi bisogna adempiere. (Efeso è in Asia minore, sulla Costa
occidentale dell’attuale Turchia, era una delle prime colonie greche sulla costa dell’Asia minore, era
una città ricca e importante rimasta tale anche nei secoli del principato e dell’impero. Una delle città
dove si è sviluppata una delle prime comunità cristiane, la diaspora di Gerusalemme).
Testo 57 Digesto 45.1.83.2-, è invalida per l’indeterminatezza dell’oggetto. Nel Testo 50 c’era un
fondo fra tanti, il Fondo Corneliano, qui invece c’è un vizio nella formulazione, una
corrispondenza non univoca nella realtà sottostante, e quindi si potrebbe sostenere che promettere in
modo diretto l’alternativa sia un vizio di formazione che rende indefinito l’oggetto.
Testo 59 Digesto 45.1.126.2, Paulus libro tertio quaestionum. Flavio Candido è uno schiavo, e
sappiamo che la stipulatio può avvenire con uno schiavo.
1° Negozio giuridico. Abbiamo innanzitutto un mutuo, realizzato con la consegna del denaro:
Mutuatario Crisogono, per conto di Flavio Candido.
a) Mutuante Giulio Zosa, che agiva nell’interesse di Giulio Quintilliano.
b)
Poi hanno verbalizzato il mutuo avvenuto. A questo punto il verbale è stato sigillato non dallo
schiavo, ma Flavio Candido. Fra Zosa e Candido il mutuo era valido, ma se Candido si fosse
rifiutato di pagare cosa sarebbe successo? Zosa, creditore ha degli strumenti giuridici? Sì, ha
un’azione con trasposizione di soggetto (actiones adiecticae qualitatis), che venivano date quando il
figlio e lo schiavo erano forniti di peculio dal pater, quando agivano per un ordine espresso dal
pater, o quando dovevano esercitare un’azienda marittima. Si parla di processo formulare.
2° Negozio giuridico. Successivamente si ha una stipulatio. Le parti sono:
Promissario Zosa, che agisce sempre per Quintilliano;
1) Promittente Flavio Candido.
2)
L’oggetto della stipulatio la restituzione della somma di denaro.
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Da chi poteva esser incassata la restituzione? Da Quintilliano o dai suoi eredi, se Quintilliano fosse
venuto a mancare. Il promissario però è Zosa.
3° Negozio giuridico. Si ha una seconda Stipulatio, il cui oggetto è il pagamento degli interessi se
la prima Stipulatio non fosse stata onorata. Questa è una Stipulatio Usurarum, poiché gli interessi si
definiscono ururae, usurarum. I giorni venivano indicati con l’espressione “ante diem secundam
calendae (ecc).”.
Promissario Zosa.
1) Promittente Flavio Candido.
2)
La Stipulatio Usurarum di solito era accessoria ad un mutuo, perché il mutuo in diritto romano era
gratuito, non prevedeva e non poteva prevedere la dazione, né corresponsione di interessi. Potevano
prevedere interessi col mutuo, ma solo se si aggiungeva una stipulatio. Perché non si poteva fare un
mutuo con interessi? Perché il mutuo si svolge con la consegna della cosa, e questo lo rendeva
valido, proprio perché è re, e quindi il contratto si realizza con la dazione della cosa, ed era l’unica
somma concepibile con l’oggetto in questione, e l’unica somma identificata era quella che veniva
data e non di più. Se si dovevano chiedere interessi era necessario fare anche una stipulatio.
10/04/2012
(Via Balbi 30, quarto piano, sezione di diritto romano).
(Manuale Ragguaglio capitolo sulla responsabilità, che dovrebbe esser l’ultimo, di Antonio guarino,
nelle dispense ci sono Articoli sull’interpretatio di Alberto Bordese, di Archi si intitola Interpretatio
iuris, legis, legum, articoli sulla Causa Curiana di Falchi, pagine da un volume sull’interpretazione
delle fonti attinenti ai rapporti negoziali di Giuseppe Gandolfi).
II parte testo 59
C’è un mutuo con una somma fissata in 1000 denari, negozio gratuito, e reale.
1) Zosa si fa stipulante del negozio, facendosi promettere a nome di Quintilliano. La novità è
2) che nella prima stipulatio viene determinato un termine, ossia le calendae di novembre.
C’è poi la seconda stipulatio che prevede gli interessi. La stipulatio è un negozio verbis.
3)
Infine hanno redatto un verbale dei negozi intercorsi, proprio perché non erano negozi che si
facevano per iscritto, così li hanno verbalizzati con un verbale ad probationem. A questo punto si
pone un problema perché Flavio Candido ha delle difficoltà a realizzare l’obbligazione perché la
stipulatio era un negozio formale e impegnava personalmente chi pronunciava le parole, e quindi