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La rappresentanza politica e la democrazia diretta

Dato che è impossibile che l'intera nazione sia costantemente riunita in luogo per deliberare su una proposta di legge, allora essa elegge al suo interno dei rappresentanti. È questo l'unico atto di sovranità diretta che il popolo può operare e tali funzionari devono assolvere le esigenze razionali del diritto e pragmatiche della politica) e devono, inoltre, possedere caratteristiche quali la ragionevolezza e l'onestà e devono essere cambiati spesso.

Nell'opinione di Bergk solo un'intensa circolazione delle elites può condurre alla formazione di leggi tratte dai bisogni di tutti, leggi, cioè, realizzatrici del benessere. Mentre per Klein la democrazia diretta era sottesa al timore della tirannide della maggioranza, per Bergk sta a conferma del dato autonomo a difesa della deontologia democratica. Nel democraticismo bergkiano tutti sono in grado di acquistare i requisiti intellettuali e morali per accedere alle cariche.

dalle condizioni sociali. Questo concetto di cittadinanza universale, basato sul diritto di voto, rappresenta per Bergk il fondamento stesso della democrazia. Nella sua visione, il diritto di voto non è solo un diritto individuale, ma anche un dovere civico. Ogni cittadino ha il dovere di partecipare alle questioni pubbliche e di contribuire alla formazione delle decisioni collettive. Solo attraverso la partecipazione attiva dei cittadini si può garantire una democrazia autentica e inclusiva. Bergk critica la tesi kantiana che lega il diritto di voto alla ricchezza dei cittadini. Secondo lui, questa distinzione è ingiusta e contraria alla natura stessa dell'essere umano, che è un soggetto capace di diritti indipendentemente dalle sue condizioni economiche. Per questo motivo, Bergk sostiene l'idea del suffragio universale, che include sia gli uomini che le donne, senza discriminazioni di sesso o di proprietà. In conclusione, per Bergk il diritto-dovere di partecipare alle questioni pubbliche attraverso il voto rappresenta il principio fondamentale della cittadinanza e della democrazia. Questo principio, basato sulla parità di diritti per tutti i cittadini, indipendentemente dal loro sesso o dalle loro condizioni sociali, costituisce il fondamento stesso di una società giusta e equa.

dalla formazione culturale. La libertà civile trova riscontro nell'agire "al di fuori di sé" e si presenta come giuridicamente eguale, infatti l'uguaglianza dinanzi alla legge o nei diritti rappresenta la condizione formale su cui riposa la libertà civile che è un diritto inalienabile. Nella teoria di Bergk la libertà civile riposa sulla rete dei reciproci doveri sociali di rispetto dei diritti altrui. Nella politica morale Kleiniana, la libertà civile può essere interpretata come controprestazione dello Stato (con leggi giuste) per l'adempimento del dovere del cittadino. Bergk dissocia l'idea di Stato dall'idea di giustizia in base alla propensione umana all'ingiustizia (dei cittadini da un lato e del sovrano dall'altro). Da ciò dipende la necessità morale che il potere dello Stato venga politicamente limitato attraverso: l'introduzione di una Costituzione fondata sulla

divisione dei poteri; la realizzazione di un codice civile uguale per tutti; l'abolizione dei privilegi feudali; la rivoluzione come categoria costituzionalmente contemplata.

Nella gerarchizzazione dei tre principali tipi di libertà, morale, civile e politica, le ultime due di carattere esterno sono da reputarsi funzionali alla prima in quanto si radicano sulla libertà morale.

La concezione radical-democratica di Bergk, incentrata sui doveri morali positivi di tutela politica dei diritti civili, vede la politica come quel processo mediante il quale nell'ambito di una qualsiasi convivenza organizzativa, una pluralità di attori perviene a prendere le decisioni collettive vincolanti finalizzate a dirimere i conflitti che insorgono nel proprio interno e/o nei rapporti esterni; pertanto le moderne dottrine tedesche dello stato sono da qualificarsi come pre-politiche piuttosto che come apolitiche.

La filosofia politica dell'illuminismo tedesco, strutturandosi

sul fondamentale concetto di dovere, si determina come caratteristica teoria del pre-politico. Dopo la libertà civile e politica la forma più rilevante di libertà attivabile nella critica pubblica è la libertà di stampa, che consente l'estrinsecazione sul piano fenomenico del dovere di pensare liberamente. Passaggio indispensabile nella crescita personale è l'acquisizione della facoltà di pensare in maniera corretta ed autonoma. La libertà di pensiero è quindi un dovere e, nella visione di Bergk, anche la libertà di stampa è un diritto inalienabile che spetta all'uomo in quanto tale. Questo diritto è specificato da Bergk come la facoltà di diffondere ogni propria idea e convinzione su Dio, gli uomini e le cose, per mezzo della stampa e sottoposto al principio del "nenimen laedere", secondo cui ognuno può pensare e scrivere ciò che vuole, se soltanto non ci si rendecolpevole di nessun delitto verso gli altri. Nell'illuminismo bergkiano la libertà di stampa si figura come uno dei più importanti diritti umani perché unicamente per mezzo del libero scambio delle idee la conoscenza si arricchisce, favorendo il processo di edificazione interiore, animata dalla ricerca della verità. Il ruolo politico affidato alla libertà di stampa è quello di dar voce alla sovranità dell'opinione pubblica. Nella teoria liberale di Klein la pubblicità, come istanza politica, si pone come facoltà sostitutiva della mancante o eventuale libertà di partecipazione al potere sovrano; tesi giusnaturalistica fondata sul presupposto della bontà del Principe, secondo cui solo il cittadino rispettato nella sua libertà di opinione e di stanza obbedisce, non perché vi è costretto, ma perché l'istituzione politica gli si offre come una condizione di uso della.libertà conforme a ragione, anziché come uno stato XXX. Il mutamenteo politico è ravvisato in maniera eruttiva, cioè con improvvise esplosioni di collera e con processi accelerati per i radical-democratici, mentre si ravvisa in maniera evoluzionistica, ossia con la salvaguardia della continuità per i liberali. Il termine rivoluzione nasce in campo astronomico per denotare il movimento dei corpi celesti, per poi venire gradualmente assorbito, nella sua valenza metaforica, dal lessico politico, dove il termine sta per restaurazione. Bergk attribuisce a questo concetto il dinamismo dell'agire morale, distinguendo tre tipi di attività rivoluzionaria: la rivolta, l'insurrezione e la rivoluzione vera e propria. La differenza fra essere risiede nel diverso numero dei soggetti politici che vi prendono parte e nel diverso fine pratico che la caratterizza. La rivoluzione politica come dovere morale. La rivolta è l'opposizione della.

minoranza dei cittadini a disposizioni legislative non eque o all'ingiunto esercizio dei poteri esecutivo e giudiziario (tra moralità e legalità). L'azione contraddice la regola di maggioranza (principio) e la rivolta viene risolta da Bergkassolvendo il dovere di emigrazione della minoranza da uno stato non più giusto. L'insurrezione, a differenza della rivolta, è costruita come categoria morale e legale insieme proprio perché adeguata a quelle forme giuridico-razionali che la Costituzione è tenuta ad introdurre nello Stato. A tal proposito si delineano due ipotesi:

Se lo Stato viola i diritti inalienabili dei cittadini, l'insurrezione viene costruita da Bergk come il dovere morale della maggioranza di sollevarsi contro istituzioni politiche che mettono in pericolo le condizioni di esistenza della società civile;

Se il potere politico danneggia diritti che possono anche essere ceduti (alienabili)

Allora l'insurrezione è affidata all'arbitrio di coloro che patiscono l'ingiustizia, essa non è dunque necessaria, ma meramente possibile sul piano empirico.

Il fine che caratterizza l'insurrezione non è tanto la trasformazione della struttura costituzionale dello Stato, quanto piuttosto il ricambio forzato del ceto dei funzionari pubblici.

L'insurrezione presenta carattere giuridico in quanto regolata dall'idea del contratto sociale nella condizione politica. Mentre in Kant viene affermato il diritto introdotto dalla rivoluzione, rifiutando invece il diritto alla rivoluzione, Bergk tenta di legittimare il processo rivoluzionario come azione costitutiva del diritto posto dalla rivoluzione, considerando la giuridicità di essa in una forma costituzionale.

La rivoluzione comporta un sovvertimento radicale dell'ordine politico e si manifesta in un totale mutamento della costituzione e delle persone che la applicano: essa non si

limita al ricambio forzato dei funzionari, ma mira al capovolgimento della struttura costituzionale adopera dell'intero popolo sovrano, o soltanto nella maggioranza di esso che sia stata lesa nei suoi diritti inalienabili. La rivoluzione ravvisa le sue cause scatenanti in circostanze esterne fra le quali l'oppressione, il maltrattamento e lo scherno dei diritti umani, tuttavia ad esse deve accompagnarsi una ricettività interiore, ossia la capacità di discernere il giusto dall'ingiusto, che l'essere umano acquisisce raggiungendo il grado morale massimo. La rivoluzione viene configurata come il dovere morale di restaurare la condizione di universale validità del diritto mediante il radicale rinnovamento dello stato. L'idea è esemplificata dal fatto fondativo prevede che il contratto sociale possa durare soltanto fino a che il cittadino lo riconosca come giusto. Modificare i principi di un'antica costituzione o costituirne una nuova su principi

diversi è per Bergk l'autentico scopo morale di una rivoluzione, così, perseguendo un fine morale, la rivoluzione riceve una legittimazione prettamente morale. La rottura rivoluzionaria costituisce per Bergk l'unica via per salvaguardare il diffondersi dell'illuminismo morale dagli abusi di un potere politico tendenzialmente corrotto. Nel giudizio di Bergk la rivoluzione francese segna l'avvento di quel regno della libertà che può concretizzarsi solo quando l'uomo senta la necessità morale di rispettare nell'altro il suo "secondo io".

PufendorfLa dottrina giusnaturalistica di Pufendorf costituisce una sistemazione e uno sviluppo di quella di Grozio, condotta in chiave più marcatamente laica e razionalistica e tenendo conto dell'elaborazione di Hobbes (vedi Unità 12). Rivendicando l'autonomia della scienza del diritto, volta a disciplinare la dimensione sociale dell'agire umano, da

interferenze teologico-religiose, Pufendorf si propone di ricavare i principi fondamentali del diritto naturale, che per la loro universalità, perpetuità e conformità con la natura delle cose debbono ispirare il legisla
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A.A. 2007-2008
14 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/01 Filosofia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia Politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Fiorillo Vanda.