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Stati nazionali
Per chi sostiene l'universalità, i diritti umani transcendono il tempo, la cultura e l'ideologia e i sistemi di valori che sono attributi inalienabili degli esseri umani sempre e ovunque. Altri, al contrario, ritengono che le azioni sociali possano essere comprese e valutate solo secondo principi noti o familiari a una certa cultura.
Michael Ignatieff sostiene che i diritti umani sono universali solo quando sono volti a proteggere la sicurezza e la libertà di autodeterminazione degli individui. Occorre evitare che i diritti umani rendano ciechi alle differenze.
In sostanza, il nucleo teorico si costruisce su 3 tesi:
- La tesi secondo cui i diritti umani non hanno fondamenta;
- La tesi per cui la loro giustificazione va resa indipendente dalla democrazia;
- La tesi per cui nel loro insieme i diritti umani vanno intesi come una rappresentazione del concetto di libertà negativa.
A queste tesi dà argomentazione Alessandro Ferrara che considera la
La tesi centrale di Micheal Ignatieff, secondo la quale oggi i diritti umani non dispongono di una fondazione filosofica universalmente condivisa e condivisibile. Non mancano giustificazioni filosofiche ma quello che manca è l'universalità della condivisione. Per Ferrara, questa non universale accettazione del primato dei diritti umani, potrebbe costituire un problema, quando l'aspirazione è di coinvolgere la forza coercitiva di un qualche apparato sovranazionale.
Vi sono da considerare due aspetti: la natura del documento e i suoi correlati e la funzione che essi intendevano assolvere e che oggi risultano essere inattuali all'interno di rapporti globalizzati. La loro funzione è ascrivibile ad un periodo storico, caratterizzato dalla guerra e dalle sue forme, quando tutto il mondo si è avvertito il bisogno di una 'cultura della dignità umana' in difesa dei diritti della persona intesa come individuo. Oggi questi documenti sono
una sorta di ‘rule of law’ sovranazionale.
La diagnosi di Ferrara porta anche ad una terzavia che giustifica il primato universale dei diritti in modo da renderlo valido anche per le altre culture. Non necessariamente il rispetto dei diritti umani necessita di società democratiche. I diritti umani vanno allontanati dai loro presupposti ideologici e politico-culturali, vanno ripensati alla luce dei principi dell’interculturalità tra popoli diversi nei quali è forte il senso della vita che non può essere soggetta a forme di oggettivazione.
Appare logico attribuire il risultato di un’azione a colui che la compie, cioè l’uomo in quanto tale. Ma quando si attribuisce la causa di qualcosa all’uomo occidentale non si intende la struttura dell’essere ma la sovrastruttura che lo determina, vale a dire il complesso di idee e credenze che traslano l’uomo nell’umano. Nella prefazione al libro di F.Fanon, J.P. Sartre mette
in guardia l'Europa dalla sua rovina, ovvero l'uomo occidentale. Non è dunque l'uomo l'artefice della sua rovina, ma il paradigma dell'umano ce lo determina. Attraverso la storia delle sue idee, della sua religione e della sua filosofia, l'europeo si è reso inconsapevolmente vittima e carnefice di un'ideologia "bugiarda". Vittima in quanto prigioniero di una categoria che riduce a singolarità l'umano e carnefice per via delle mostruosità compiute nella certezza del vero. L'uomo ha creato l'uomo e nel fare ciò ha creato un mondo di contraddizioni. Ha disumanizzato ciascun individuo che non fosse in possesso delle caratteristiche proprie dell'umano declinato attraverso le categorie dell'occidente; secondo Sartre: "l'uomo europeo non ha saputo farsi uomo se non fabbricando schiavi." È necessario dunque applicare il principio degli opposti, che per costruire un uomo.Bisogna deumanizzare il precedente.
Umanesimo: Con l'espressione 'umanesimo' si intende un determinato orientamento filosofico che pone l'uomo e la sua natura come oggetto principale della sua attività speculativa. È grazie ai sofisti che si deve il passaggio da un periodo naturalistico della filosofia ad uno propriamente umanistico. La filosofia sofista sposta l'asse della ricerca all'indagine introspettiva dell'essere a tutte le sue possibili manifestazioni. Si dovrà aspettare l'arrivo di Socrate per scoprire il vero valore che la ragione può esprimere. L'uomo scopre così di possedere un'anima, una coscienza morale. La conoscenza di noi stessi è la virtù per eccellenza. L'uomo quindi si eleva dal mondo naturale a quello sovrasensibile, consapevole della sua compartecipazione con qualcosa di superiore. Questo universale rappresenta il punto di rottura con il passato. A partire da questo
momento l'uomo si umanizza. L'uomo attraverso la conoscenza impara a riconoscere la virtù, il bene e a contrapporvi il vizio e l'ignoranza. Con la virtù nasce il senso del giusto e della giustizia. In questa ottica si inserisce il concetto di autodominio, bene necessario per il dialogo interiore tra l'uomo e la ragione che lo guida. Il dominio di se stessi è l'unica strada per la libertà, essa conduce alla felicità dell'uomo. Essa è il bene per eccellenza. Platone idealizza le categorie dell'umano. L'idea per eccellenza è il Bene, corrisponde all'unità e al tutto organico. L'uomo non può che essere imperfetto e incompleto rispetto ad essa, poiché il Bene, per Platone, è un principio unico e perfetto. De Ruggiero dice 'tutto il calore della vita, tutto ciò che si chiama sentimento e passione dell'anima è nel pensiero: il bisogno e stimoloalla ricerca che prende forma e si idealizza attraverso quella che Platone identifica come dialettica degli opposti. Il movimento che genera la nostra conoscenza è determinato da una continua opposizione tra essere e non-essere. Il non-essere è reale ed è una componente necessaria di questo movimento che conduce alla conoscenza. Esso è identificabile con l'errore, con il carattere negativo che pervade qualsiasi giudizio dell'uomo. La verità è dunque superamento dell'errore, prevaricazione dell'essere sul non-essere. Così l'uomo è in grado di conoscere e di fare del bene. Platone spiega anche che l'uomo non è identificato soltanto nella sua individualità ma nella compartecipazione con il tutto. L'uomo riscopre il suo valore nella vita sociale e nella politica. Nel mondo greco possiamo trovare un primo esempio di disuguaglianza. Solamente il cittadino possiede i presupposti per.partecipare alla vita pubblica e le caratteristiche proprie dell'uomo, gli altri sono schiavi o barbari. Essi sono meno umani poiché non venerano le stesse divinità, non possiedono gli stessi costumi, non possiedono le caratteristiche virtuose che l'uomo ellenico ha sviluppato nel tempo. Si mette in atto una forma primordiale di disumanizzazione del diverso. Ogni civiltà occidentale, organizzata in forma politica, si avvarrà delle categorie dell'umano sviluppate nel modo ellenico per giustificare la sua appartenenza a quel concetto di umanità. I paradigmi con i quali interpretare l'umano sono cambiati nella loro forma, ma non nella loro struttura. Anche nell'Antica Roma si presenta la figura del disumanizzato, colui che non possiede le virtù dell'uomo e per questo è destinato ad essere barattato con le bestie, è uomo ma non umano. La schiavitù o qualsiasi altro tipo di strumento disumanizzante,
sostiene Erasmo, non può e non deve essere applicata a nessuno, in quanto tutti gli uomini sono stati creati dalla stessa entità, cioè Dio. Con Erasmo si assiste a un cambiamento molto importante del concetto di umanità. La benevolenza reciproca è un tratto fondamentale dell'uomo. Essa ispira la pace e la concordia. Dio è amore e l'uomo, in quanto creazione divina, non può che far parte dell'amore stesso. Questo è il principio più importante, ma al tempo stesso controverso, che il pensiero occidentale abbia scoperto, vale a dire la pace come valore universale. Guida l'uomo verso la ricerca del benessere materiale e spirituale, verso un concetto di uguaglianza e dignità. Al tempo stesso controverso, prece la pace nasce in occidente ed è compito dell'occidente diffonderla, per portare la pace per bisogna fare la guerra. Solo grazie all'avvento dell'idealismo si sente il bisogno di fondare.Metafisicamente l'essere e l'uomo, cercando di superare quel dogmatismo religioso che collegava a priori l'umano e il divino. Con l'idealismo si mette in risalto il procedimento di costituzione dell'essere e non la sua forma predefinita. Fichte delinea la contrapposizione tra Io e Non-Io. L'Io rappresenta l'essere, l'uomo, il quale riconosce e sviluppa le sue intrinseche qualità umane grazie alla contrapposizione di un Non-Io, un non-essere. È per mezzo dell'esistenza posta al di fuori dell'Io che l'uomo riconosce se stesso e gli altri, riesce a distinguere ciò che gli è affine da ciò che lo distingue. La volontà acquista un ruolo fondamentale nella formulazione dell'umano. È la libera volontà che dona all'uomo la capacità di autorealizzarsi e determinarsi come umano. La realizzazione dell'Io come contrapposizione tra uomo e natura contiene in sé la deumanizzazione.
è che l'io fichteano riduce il rapporto soggetto/oggetto a un semplice binomio, relegando l'oggetto a uno strumento per la realizzazione di sé. Questo principio, se pensato in termini deumanizzanti, mette in chiaro il ruolo che l'umano attribuisce al suo opposto. L'io ha bisogno dell'esistenza di qualcosa di diverso da sé, un uomo che non rappresenti le categorie dell'umano, ma che funga da metro di paragone per le caratteristiche proprie dell'io. Hegel cerca di superare l'oggettività del non-essere e di ricondurre soggetto e oggetto ad unità. Aristotele aveva dimostrato l'impossibilità che un oggetto A fosse identico al suo opposto non-A, da cui deriva il principio di identità, secondo il quale A è A e non può essere non-A. Hegel mette in evidenzaÈ l'esistenza