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MATERIALE

3.1 Premessa

Secondo Rossi Landi è possibile riscontrare un'omologia tra gli artefatti materiali come scarpe o

automobili e gli artefatti linguistici come parole, enunciati e discorsi. Questa omologia viene

chiamata omologia del produrre e si tratta, in particolare, di una omologia interna al produrre

generalmente inteso. Questa omologia trova fondamento anche nel fatto che l'uomo non ha mai

prodotto artefatti linguistici senza produrre, al tempo stesso, artefatti materiali; allo stesso modo

non esiste né una civiltà "solo materiale", né una civiltà "solo linguistica". In tal senso non è

possibile pensare a una produzione di artefatti materiali se non vi è al contempo anche una

produzione di artefatti linguistici, e viceversa. L'uomo infatti non avrebbe potuto lavorare a nessun

oggetto senza comunicare con altri lavoratori. La comunicazione verbale, invece, necessita, da

parte sua, di oggetti reali a cui il discorso si riferisca, quindi della capacità di distinguerli e

manipolarli. La produzione linguistica e materiale si sviluppa secondo modalità e gradi di

complessità paralleli. Nella produzione, in particolare, a ogni livello linguistico (comprendente tratti

distintivi, fonemi, monemi, parole, frasi, enunciati e unità superiori del discorso) corrisponde un

livello della lavorazione non-verbale, ovvero una fase relativa all'elaborazione della materia non

sonora. Allo stesso modo, è possibile individuare nel linguaggio i livelli delle diverse lavorazioni

della produzione materiale, cioè non verbale.

3.2 Analogia, isomorfismo e omologia

Analogia, isomorfismo e omologia sono tre nozioni apparentemente simili e come tali spesso

confuse tra di loro. In realtà si individuano precise differenze tra questi termini: ad esempio se

affermiamo che due processi, due cose, sono omologhe, significa che sono diverse fra loro ma

anche che fra esse si ha una similarità sotto qualche rapporto. Infatti, se le due cose fossero in

tutto e per tutto identiche, non sarebbe possibile distinguerle l'una dall'altra, mentre, se non ci

fosse qualcosa di simile tra di esse, non ci sarebbe alcun motivo per considerarle insieme, per

farne l'oggetto di un unico discorso. Si parla invece di omologia quando in presenza di due artefatti

diversi - ad esempio un tipo di enunciato e un tipo di utensile, appartenenti quindi rispettivamente

alla produzione linguistica e alla produzione materiale - la loro somiglianza non si rivela

empiricamente. È chiaro, infatti, che fra un qualsiasi enunciato e un qualsiasi utensile ci sono delle

differenze relative al loro corpi e ai loro usi. Una prima differenza fra analogia e omologia, quindi,

consiste nel fatto che rilevare un'analogia significa operare a valle dell'artefatto, cioè assumere

come già prodotti due artefatti e operare su di essi a posteriori, al fine di individuarne somiglianze

empiriche, oggettive. Nel caso dell'omologia, invece, i due diversi artefatti devono essere

considerati lungo tutto il percorso lavorativo che li riguarda mentre è necessario operare a monte,

considerando cioè il modo in cui sono stati prodotti. Mentre l'analogia, riunendo provvisoriamente

ciò che è diviso, sovrappone a due oggetti qualsiasi un terzo elemento a essi estraneo, che è

proprio quello che permette di rilevare la somiglianza, l'omologia mostra, al contrario, che ciò che

si presentava come diviso è in realtà unito geneticamente. Praticare un metodo analogico significa

quindi partire dal due per giungere all'uno, cioè assumere che i due processi considerati fossero

originariamente separati. Praticare un metodo omologico, al contrario, significa partire dall'uno per

giungere al due. 14

14

L'isomorfismo, infine, rappresenta un caso estremo di analogia, mentre non comporta alcuna

omologia. Un tipico esempio di isomorfismo è la credenza secondo cui le strutture della lingua

corrispondano a quelle di un mondo inteso ontologicamente, sottratto in quanto tale alla

produzione umana, e poi, in un certo senso, "recuperato" mediante una comparazione

post-eventum di due ordini di prodotti. L'isomorfismo, quindi, è un arresto dialettico che impedisce

fin dall'inizio qualsiasi ricerca omologica. Un approccio omologico, al contrario, permette di vedere

come si manifesta la natura umana all'interno della realtà sociale. Se invece ci poniamo dal punto

di vista della produzione umana, cioè del lavoro, e studiamo i risultati ottenuti in campi diversi per

mezzo delle stesse operazioni lavorative, o di operazioni simili, in questo caso fra quei diversi

risultati è possibile cogliere strutture di somiglianza che riportano al lavoro. Si tratta, questo, di un

metodo genetico che permette la deduzione dell'omologia. L'omologia, in ogni caso, va intesa

come uno strumento metodologico valido solo entro i suoi propri confini, mentre sarà la ricerca

empirica a stabilire di volta in volta quest’ultimi. Infatti, quando per esempio si afferma che i sistemi

segnici sono sistemi di artefatti, non si vuole negare l'esistenza delle lingue come insiemi

relativamente neutrali di strumenti e materiali; allo stesso modo, esistono anche delle macchine

materiali con le loro strutture e il loro funzionamento, di cui ci serviamo noi stessi. L'uso comune

della lingua corrisponde pertanto al servirsi comune di tutti gli oggetti presenti nella società in cui

siamo nati e viviamo. È possibile inoltre servirsi di artefatti anche per scopi non direttamente

lavorativi e distinguere l'uso dal lavoro produttivo: questo, ad esempio, avviene quando si usano

parole solo per il gusto del loro suono, senza aver bisogno di soddisfare alcun bisogno, oppure

quando si utilizzano degli oggetti per ricavare dal loro impiego un qualche godimento, divertimento

che non ha nulla a che fare con la produzione in quanto tale.

3.3 Passi omologici della produzione

Ogni artefatto, sia materiale che linguistico, è costituito da parti pre-prodotte che sono messe

assieme in modo da costituire una totalità. A tal proposito è possibile tracciare uno schema

omologico, contrapponendo livelli successivi della produzione che si susseguono in maniera

unidirezionale e vanno dal più semplice al più complesso. Se invece si spezza un prodotto di un

dato livello nelle sue parti costitutive, scendendo al livello inferiore, come risultato si ha la

distruzione di quel prodotto. Lo schema omologico del produrre è artificiale in quanto appunto

schema: ad esempio, la descrizione dei cicli di operazioni da compiere in successione per arrivare

a produrre un’automobile completa e funzionante è artificiale se paragonata alla stessa

automobile, vista come oggetto concreto pronto all'uso, oppure al suo funzionamento. La

produzione può muoversi in tutte le direzioni; inoltre, nella realtà della produzione sia materiale che

linguistica, solitamente non si parte dal livello più semplice dello schema, bensì da quello

dell'enunciato o dell'utensile già compiuti, pertanto da un livello medio-basso. La produzione, in

ogni caso, può andare dal più semplice al più complesso come dal più complesso al più semplice.

Tutti gli artefatti materiali o linguistici derivano da oggetti precedenti, infatti, a partire da un artefatto

è possibile sempre rintracciare pezzi più semplici di quell'artefatto.

3.4 Produzione a monte degli utensili e degli enunciati

Considerando i prodotti che precedono l'utensile completo o l'enunciato, cioè prodotti che troviamo

all'interno di un utensile o di enunciato quando li scomponiamo, possiamo individuare tre livelli. 15

15

Primo livello: elementi presignificanti

Qualsiasi lavoro materiale esterno può essere scomposto in operazioni semplici, cioè in operazioni

che un essere umano, da solo o con l'aiuto di altri, può compiere sugli oggetti che costituiscono il

suo ambiente. Queste operazioni devono essere compiute direttamente dall'uomo, senza utensili

né strumenti e senza alcun intermediario. Operazioni di questo tipo sono ad esempio tirare,

spingere, premere, ruotare etc. Esse costituiscono le modificazioni più elementari arrecate

dall'uomo al proprio ambiente naturale esterno e prendono il nome di materiemi. Sul piano della

produzione linguistica, invece, le prime modificazioni apportate dal parlante al materiale sonoro

prendono il nome di fonemi. I materiemi e i fonemi sono a loro volta scomponibili: i fonemi, in

particolare, si possono dividere foneticamente in "coefficienti" acustico-articolatori, mentre i

materiemi si possono scomporre in movimenti delle membra umane e in spostamenti degli oggetti

su cui esse agiscono. Un oggetto materiale o sonoro che non presenta nemmeno una

modificazione tale da farlo diventare materiema o fonema, invece, appartiene alla cosiddetta "mera

natura", cioè al mondo del non manipolato. Quest'ultimo può essere inteso come sostanza (in

riferimento alla tesi di Hjemslev) oppure come postulazione di un livello indifferenziato, precedente

a qualsiasi intervento umano. Materiemi e fonemi, inoltre, sono entrambi limitati in termini

quantitativi. L'uomo, infatti, è in grado di articolare, riconoscere e utilizzare solo poche decine di

fonemi e materiemi. Il numero dei materiemi e dei fonemi è inoltre delimitato dal tipo di lavorazioni

che si dovranno esercitare su di essi. In terzo luogo, materiemi e fonemi servono unicamente

come elementi costitutivi di loro combinazioni che saranno i primi prodotti umani ad avere un

significato stabile indipendente.

Per poter esercitare un lavoro, l'uomo ha bisogno di un utensile; per costruire l'utensile è

necessario però passare attraverso vari stadi precedenti, a cominciare dal livello che consiste

nell'effettuare in natura delle modificazioni che non hanno un senso preciso e indipendente, le

quali riceveranno una propria funzione e un proprio significato solo quando verranno combinate

ulteriormente fra di loro. A questo livello si individuano anche le prime differenze fondamentali tra

l'uomo e gli altri animali: in particolare, materiemi e fonemi sono dei meri strumenti intermediari,

ancora lontani dai veri e propri utensili. Anche gli animali non umani usano questi intermediari: ad

esempio spostano un ramo per prendere un frutto, per cui ottengono il frutto attraverso la

mediazione "ramo-spostato", che rende appunto il ramo un intermediario. In compenso, però, è

solamente l'uomo a produrre modificazioni sprovviste di un senso preciso e stabile allo scopo di

combinarle fra loro attraverso sintesi lavorative. Almeno per il momento e fino a prova contraria,

quindi, risulta che una vera e propria attività combinatoria per livelli successivi, cioè i

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A.A. 2011-2012
62 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/05 Filosofia e teoria dei linguaggi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Valja di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del linguaggio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Ponzio Julia.