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COMPORTAMENTI INDIVIDUALI, AMBIENTE SOCIALE E LINGUAGGIO
13.
L’ambiente sociale influenza il linguaggio; lo stesso comportamento degli individui è determinato dalla
lingua della comunità di appartenenza. Il sistema linguistico rispecchiando la realtà sociale influisce sul
modo di pensare dei parlanti perché influisce sulla loro interpretazione del mondo. Linguaggio e cultura si
implicano vicendevolmente, il linguaggio deve essere inteso come parte integrante della vita sociale.
Dunque per studiare l’uomo, i suoi comportamenti, le sue relazioni bisogna studiare il linguaggio che questi
utilizza. Parlare una lingua significa impegnarsi in una forma di comportamento governata da regole.
Affermare che il parlare è un agire significa affermare che nel parlare si fa qualcosa. Questa problematica ha
avuto uno sviluppo nella “svolta linguistica” nella filosofia del Novecento. Accanto a ciò che l’uomo può
dire e fare Halliday considera un livello intermedio, quello che il parlante può significare. Il contesto a cui
Halliday fa riferimento è il contesto socio-culturale nel quale si trova il parlante ed è questo particolare
contesto a rendere possibile la realizzazione delle diverse opzioni di comportamento disponibili per l’agire
del parlante. Il linguaggio è organizzato in un certo modo a causa della sua funzione nella struttura sociale.
La qualità dei processi cognitivi risulta condizionata dall’influenza del gruppo sociale di appartenenza.
Particolare attenzione meritano le ricerche di Bernstein il quale afferma che nel corso della storia solo una
piccola parte della popolazione è stata socializzata nella conoscenza ad alti livelli, la maggior parte di essi
invece sono rimasti ad un livello basso. La struttura sociale determina il linguaggio ed è determinata dallo
stesso. L’influenza esercitata dall’ambiente diventa decisiva per lo sviluppo del linguaggio. L’assunzione di
Bernstein è nella distinzione tra un linguaggio pubblico ed un linguaggio formale chiamati codice ristretto e
codice elaborato. Si tratta di due tipi di linguaggio che connotano l’appartenenza a due diverse classi sociali:
il linguaggio pubblico o “codice ristretto” sarebbe caratterizzato da frasi brevi e spesso incomplete con
frequenti ripetizioni di espressioni. Il lessico è povero e gravi sono le conseguenze sul piano
dell’apprendimento; il linguaggio formale o “codice elaborato” si specifica per essere sintatticamente
corretto, lessicalmente più ricco. Ma il linguaggio pubblico impedisce una reale comunicazione delle idee e
non consente una crescita reale degli individui bloccati su livelli di apprendimento individuali e scarsamente
sociali. Da qui la necessità di una azione educativa tesa a far diminuire il peso dell’eredità culturale nei
processi di apprendimento e socializzazione. Secondo Jespersen la comprensione non è mai immediata; il
silenzio significa il rifiuto grave dell’altro, il non riconoscerlo, è offensivo. Le parole invece creano rapporti
umani. La parola è la lingua individualizzata; il linguaggio è il prodotto del singolo individuo, la lingua è il
prodotto della comunità (DeSaussure e Jespersen).
PROCESSI COGNITIVI E PROCESSI LINGUISTICI
14.
Il linguaggio implica il pensiero. La lingua non è altro che un sistema in cui determinati significati sono
associati a parole. D’altra parte l’individuo non può pensare, né può agire se non dispone di una lingua con
la quale pensare i pensieri pensati. La lingua non è soltanto lo strumento, ma anche forza e forma del
pensiero. La lingua delimita il processo del pensiero, gli dà forma. Riconoscendo l’importanza del
linguaggio nella strutturazione del pensiero dell’individuo si tratta di elaborare delle strategie adeguate
capaci di rompere il determinismo di certe situazioni che limitano l’individuo sequestrandolo da una vita più
umana. Contro questa riduzione dell’uomo a oggetto tra gli oggetti Freire ha rivendicato con forza l’idea di
una “coscientizzazione” come capacità dell’individuo di “leggere” e “scrivere” il proprio mondo, cioè
comprendere ed interpretare il mondo e trasformarlo. La finalità è l’emancipazione dell’uomo come un
“essere di più”. Lo sviluppo dei processi cognitivi, come dei processi linguistici è il risultato di un tipo di
azione educativa. Il linguaggio ha una triplice funzione: segnalare lo stato d’animo o l’intenzione di chi
emette il linguaggio (espressione); influenzare chi lo riceve (richiamo); informare sugli oggetti e sugli
avvenimenti (rappresentazione). Questa terminologia si deve a Buhler che usò in sostituzione altri termini
come simbolo, sintomo e segnale. Il linguaggio diventa il fattore per trasformare il mondo; lo crea, ma non
come esistenza materiale in sé bensì come una chiamata all’esistenza che si realizza sul piano del
linguaggio. Esso rappresenta una condizione indispensabile per l’intera esistenza perché senza non
potremmo esperire quello che abbiamo al nostro interno e quello che c’è nel mondo; ma rappresenta anche
un ostacolo che ci impedisce di penetrare al di là di esso, una prigione dalla quale non possiamo liberarci.
Dunque una educazione al linguaggio diventa una esigenza ineludibile. La linguistica è un modo di
comportarsi nel tentativo di acquisire maggiori informazioni e conoscenze sul linguaggio. Lo stesso Piaget
afferma che lo scopo dell’educazione è creare uomini in grado di fare cose nuove, cioè capaci di creare,
inventare, scoprire. Così l’individuo rivendicherebbe la sua libertà di fronte ad un universo di parole senza
significato. La parola vera deve essere a servizio dello sviluppo dell’uomo come persona libera e
consapevole. L’educazione semantica si pone come azione atta a favorire il passaggio dai processi cognitivi
a quelli linguistici. Il passaggio dal piano mentale a quello linguistico come presupposto di ogni educazione
semantica è il risultato di un’azione educativa consapevole. Si tratta di portare l’individuo alla
consapevolezza della lingua che usa. Tutto questo significa dare una possibilità all’uomo di sentirsi orientato
in maniera organica e produttiva nel contesto sociale al quale appartiene.
I DISTURBI DEL LINGUAGGIO E LO SVILUPPO MENTALE
15.
I disturbi del linguaggio influiscono sullo sviluppo mentale. Un essere umano privo di linguaggio non è
privo di attività mentale, ma le sue capacità di pensiero sono gravemente limitate. Dunque le capacità di
concettualizzazione e di sistematizzazione dell’esperienza si sviluppano insieme con il linguaggio (come
Victor, il ragazzo selvaggio autistico di cui si prese cura il dottor Itard descritto da Bettelheim; Kasper
Hauser è un altro esempio descritto da Sacks nella sua opera “vedere voci”) In assenza del linguaggio
(afasia) sono evidenti le conseguenze negative sul piano dello sviluppo mentale, comportamentale e
sull’immagine della realtà di ciascuno. L’individuo umano costruisce il suo mondo di oggetti man mano che
ne apprende il nome. Vygotskij afferma infatti una unità organica tra linguaggio e pensiero, rilevando come
un bambino sia condannato ad una inferiorità intellettuale permanente, qualora non possa parlare. Dunque
apprendere il linguaggio è la condizione più importante per il bambino affinché si possa sviluppare la sua
attività mentale, conoscere la realtà ed intervenire praticamente su di essa, aumentare le possibilità di entrare
in rapporto con gli altri, con la società e con la cultura. Nonostante il linguaggio sia innato nell’uomo, esso
ha bisogno di essere sviluppato ed educato. Schaff afferma che tra pensiero e linguaggio esiste un’unità
organica poiché lo sviluppo del pensiero concettuale è indubbiamente connesso con quello della funzione
linguistica. Riferendoci ai deboli mentali, le loro deficienze nell’apprendimento possono dipendere dalla
qualità dell’attività mentale, compromessa da un danno organico o altro come la condizione socio
economica spesso precarica e non adeguata alla socializzazione. Il ritardo ha di solito origine sociale. Il
possesso della parola può aiutare i bambini ad uscire dal loro isolamento (autismo). Il ruolo della madre,
come della persona più vicina che si cura del bambino è preminente. La presenza è il fondamento del
linguaggio; per parlare a te io devo essere a te presente. Il linguaggio dello schizofrenico è un esempio di
mancanza di presenza: egli avendo perso il contatto con il mondo esterno fa del linguaggio un uso privato
non scambiabile. La “fortezza vuota” indica mancanza di parola, rifiuto di entrare in rapporto con gli altri.
“LEGGERE” E “SCRIVERE” IL MONDO: UN COMPITO E UNA SFIDA
16.
“Leggere” e “scrivere” il mondo è il compito che Freire assegna all’uomo di questo tempo. Privato della
parola l’uomo è alla ricerca di se stesso. Trovare possibili soluzioni non è un’utopia ma impegno concreto di
quanti credono nell’uomo e nel suo destino di “essere di più”. Freire propone un ascolto dell’uomo
“oppresso” che vivendo in una condizione sub-umana ha come finalità da raggiungere la costruzione di un
progetto basato sulla riscoperta della solidarietà umana. Il metodo freiriano si riassume nella
“coscientizzazione” o presa di coscienza critica della realtà. L’uomo attraverso l’esercizio di una riflessione
critica su di sé e sul suo mondo accede all’acquisizione di un codice linguistico. La riflessione è atto
comunitario di un popolo, dunque gli uomini dovevano incontrarsi, uscire dal loro isolamento, riconoscere
l’altro nella consapevolezza di poter divenire padroni del proprio destino soltanto se fossero usciti dalla
condizione di massa informe nella quale vivevano. Questo era per loro un impegno storico, un cammino di
liberazione che comincia con una presa di coscienza della lingua che si usa. La condizione necessaria perché
un tale processo si metta in moto è data dalla capacità da parte dell’uomo di “leggere” la realtà, oggetto
dell’esperienza e di “scriverla” secondo un progetto di maggiore umanizzazione basato sul dialogo. Solo un
individuo emancipato diventa cosciente del suo destino e del suo ruolo storico nella società come co-
creatore di cultura. Solo una conoscenza particolareggiata della effettiva situazione di vita degli uomini
poteva costituire la base materiale dell’educazione del loro mondo. L’obbiettivo pri