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CAPITOLO TERZO – LA DIMENSIONE ETOLOGICA

1. SCIENZE SOCIALI E SOCIOBIOLOGIA: fornire le coordinate biologiche

per tracciare uno sfondo universale sulla cui base spiegare tutti i

comportamenti degli animali sociali è stato il tentativo della sociobiologia negli

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anni 70 del secolo scorso, che ha suscitato un forte risentimento in tutte le

scienze sociali. Wilson affermava di dover usare la stessa teoria quantitativa

per analizzare sia le colonie di insetti che le società dei moderni primati.

Puntare sulle analogie funzionali tra società degli invertebrati e quelle dei

vertebrati. Altri aspetti del risentimento delle scienze sociali derivavano dai

presupposti epistemologici di queste ultime al tempo dell’indiscussa

egemonia culturale che esse esercitarono per buona parte del 900 (si isolava

l’uomo in una prospettiva antropocentrica). Un terzo elemento è lo scontro tra

i totalitarismi che ha condizionato la difficile storia sociale del 900. La

sociobiologia è stata sottoposta a profonda revisione a partire dalle riflessioni

e dai suggerimenti degli ultimi 40 anni. Le prime crepe all’ostracismo verso

l’uso della biologia evoluzionista e della genetica delle popolazioni negli studi

sociali si manifestarono durante gli anni 80 nell’antropologia culturale per

merito di Lèvi-Strauss. Introdusse il germe dell’integrazione metodologica

anticipando l’avverarsi del sogno antropologico e cioè la scoperta della

complementarità tra natura e società (prospettiva coevolutiva in cui

l’evoluzione culturale determinerebbe l’evoluzione biologica almeno quanto

quella biologica determinerebbe quella culturale). Nella sociologia, soprattutto

quella marxista, il dialogo si apre negli anni 90 con la fine della Cina maoista,

i cui disastri ecologici e non profilano un caso di errore platonico. Gli studiosi

cinesi hanno sostenuto la teoria di Wilson per provare a cambiare l’ideologia

e la società cinese Zhang Boshu rilevava ad esempio come l’importanza di

definire la natura umana in relazione a quella delle altre specie costituisse

una sovrapposizione essenziale tra i 2 paradigmi di ricerca e che l’interesse

sociobiologico per la nostra eredità animale può evitare al marxismo di

limitare la propria idea di biologia al solo mangiare e riprodursi. Il clima

culturale favorevole ad un confronto senza pregiudizi con le nuove frontiere

della sociobiologia si è esteso anche al comportamentismo (evoluzione della

plasticità cerebrale) e alle scienze economiche (si tende a capire come i

comportamenti tendano a massimizzare i profitti: materiali i primi, riproduttivi i

secondi). Economia e sociobiologia condividono modelli evoluzionisti militanti

che si concentrano su come cambiare le forme sociali, impiegare meccanismi

endogeni di adattamento e coinvolgere i processi istituzionali e culturali

unidirezionali. Il diritto naturale invece ha avvicinato sociobiologia e scienze

della politica. In particolare grazie ad Aristotele in cui era essenziale la

nozione di natura umana. Salkever osservava che per Aristotele anche etica

e politica sono in un certo senso scienze biologiche. E’ nel cuore naturalistico

e sperimentale delle ipotesi sociobiologiche che sono maturate le critiche più

aspre. Per poter essere applicabili alla sfera biopolitica e alla sua necessità di

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prefigurare modelli realistici di intervento sociale, queste ipotesi richiedono

una radicale revisione dei propri fondamenti. 1.1. PER UNA BIOLOGIA

DELLE RELAZIONI SPECIALI: la ricostruzione dei criteri di dominanza o

gregari età, di formazione delle alleanze e delle gerarchie, dei criteri relativi

alla formazione sessuale e familiare di gruppo, si spiega con l’affermarsi,

all’interno del pool genico di una popolazione, degli individui portatori dei

migliori geni. Nelle sue forme più radicali tale assunto si invera nella filosofia

del gene egoista di Dawkins, che considera i fenotipi semplici contenitori di

porzioni infinitesimali di geni speciali e gli individui puri zombies che prestano

il loro corpo per l’occasionale passaggio dei replica tori egoisti nella ristretta

dimensione spazio-temporale di una generazione. Nelle forme più moderate

si traduce in criteri di dominanza fondati su caratteristiche fenotipiche

ereditate (grandi stazze, morfologie agili o possenti, ecc). Possiamo

considerare basi biologiche per lo studio sistematico delle forme di

comportamento sociale non solo il sostrato genetico specie specifico e le

caratteristiche ereditarie individuali, ma anche l’insieme di quelle che molti

etologi chiamano relazioni speciali tra gli individui che possono apparire del

tutto imprevedibili. Funzione Dedicata per le Relazioni Speciali (FDRS). Ad un

livello primario l’interazione tra almeno 2 individui della stessa specie è un

evento che può svolgersi in tempi più o meno brevi, per una varietà di scopi

diversi e con molteplici modalità. Secondo Wilson e Whitead le interazioni

costituiscono una chiave determinante della biologia delle popolazioni. Ciò

ha significato focalizzare la natura degli scambi biologici che regolano i

modelli di mortalità, successo riproduttivo e dispersione: i cambiamenti nel

dimorfismo sessuale, le modalità della comunicazione per la selezione

sessuale, il predominio del branco, la difesa del territorio e il rispetto delle

gerarchie. Facilmente osservabili in piccoli gruppi. Metodologicamente la

differenza tra interazione e relazione è di natura temporale (nel tempo si

rivelano le variazioni di dominanza, i processi migratori, ecc). Le interazioni

non sono immodificabili. Per rendere più flessibili i parametri sociobiologici si

è tentato di ammorbidire i modelli interpretativi: misure non sociali e sociali di

relazioni speciali. Le prime sarebbero quelle presuntamente fisse

relativamente alla struttura filogenetica delle popolazioni come età e sesso, le

altre quelle relative al rango o posizione sociale degli individui. I reali fattori di

trasformazione sociali comunque sono determinati da macrotrasformazioni

collettive connesse ai mutamenti naturali. La biologia delle popolazioni ci

insegna che mutamenti nel pool genico di una comunità avvengono per una

progressiva diffusione riproduttiva di macromolecole genetiche sociali. Più ci

si avvicina ai tempi storici che riguardano la ricostruzione dei fattori di

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dominanza e gerarchizzazione sociale, più si fanno sentire gli effetti delle

relazioni speciali. La responsabilità più grande della sociobiologia è aver

caricato tutta la ricostruzione dei principi di dominanza e gerarchia sociale

sulle spalle dell’eugenetica delle popolazioni, trascurando l’apporto

determinante che proprio alla ricostruzione etologica del potere politico

apporta l’analisi minuta e non predeterminabile delle relazioni speciali. Per un

nuovo modello di biologia della politica, gli indicatori più utili, si rivelano quelli

che riescono ad individuare il nascere e polarizzarsi di relazioni sociali non

connesse direttamente alla riproduzione e sempre più frequenti tra classi di

individui non legate da parentela (relazioni stabili tra estranei). Il carattere

prettamente sociale dell’intera matrice della FDRS delinea una netta

inversione del primato dell’individuo e delle sue caratteristiche eugenetiche

nel determinare le sorti biopolitiche di una comunità. La matrice delle relazioni

speciali è radicamente ancorata nella biologia delle società, non costituisce

mai un puro prodotto dell’evoluzione culturale e si radica nel comune sostrato

della genetica delle popolazioni. 1.2. CAUSE ED EFFETTI DELLE

RELAZIONI SPECIALI: tra tutte le relazioni sociali che in una comunità si

possono intessere, solo alcune potranno produrre effetti naturalistici decisivi

per l’etologia del potere. Le relazioni speciali sono proprio tra queste. La loro

rilevanza biopolitica è sempre e solo misurabile quantificando la capacità di

indurre o meno effetti di cambiamento immediato nella struttura demografica

e generazionale delle società in cui esse si manifestano. Si tratterà di filtrare i

fenomeni da sottoporre ad analisi nelle società animali, trascurando quelli che

appaiono come epifenomenici in relazione alle trasformazioni demografiche e

generazionali e concentrandosi solo su quelli che sotto il profilo culturale e

sotto quello strutturale, le investono direttamente o indirettamente come le

relazioni speciali. Ai fini del naturalismo biopolitico conta l’effetto che

generano tutti i comportamenti decisivi. Rispetto al modello sociobiologico,

questa reinterpretazione biopolitica, pur radicandosi nello schema

evoluzionista, vi introduce alcuni elementi di cambiamento che dovrebbero

renderla immediatamente applicabile alle analisi delle politiche sociali

misurate anche su scale temporali ridotte. Un modello centrato invece sulla

FDRS potrebbe produrre previsioni in tempi ragionevolmente brevi, fornendo

supporti operativi a processi decisionali essenziali e concreti. Il problema per

la definizione di un modello operativo di analisi biosociale è che le forze e gli

esiti della selezione naturale proiettati nell’arco delle sterminate antichità

sono certamente compatibili con la storia delle specie, ma forse non con

quella dei gruppi. Un metodo naturalistico fondato sulla FDRS mira ad

individuare le linee di tendenza espansiva o estinzionale che si stanno

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manifestando in un dato contesto spaziotemporale. 1.3. PSICOLOGIA

SOCIALE DELLE RELAZIONI SPECIALI: uno stato psicologico si può indurre

attraverso modificazioni di certe aree cerebrali. Le variazioni umorali,

naturalisticamente misurabili, possono essere indotte anche dai contesti

sociali in cui viviamo. Nella maggior parte dei casi uno stato psicologico è

interamente immerso nel sostrato sociale che lo determina anche quando

non ne siamo affatto coscienti. Ad esempio, le crisi economiche o politiche

deprimono o esaltano gli stati psicologici generali delle popolazioni che le

vivono, allo stesso modo in cui l’ipercompetizione per le risorse rende più

aggressivi e inquieti i ratti di una comunità che cresce eccessivamente in uno

spazio ristretto. La felicità o infelicità di una data comunità è sempre una

variabile collettiva biologica e ciò vale anche per gli effetti che produce.

Influenza sempre i cicli demografici e migratori che a loro volta determinano

le uniche variabili controllabili della fitness di una specie: quanto si riproduce

e quanto si sposta. Diversi studiosi hanno ipotizzato che gli elementi naturali

decisivi per capire le tendenze demografiche siano 2 stati psicologici ben

precisi che diventano variabili tecniche: la speranza di vita e i livelli di fer

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Publisher
A.A. 2013-2014
45 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/05 Filosofia e teoria dei linguaggi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher inzaghino di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del linguaggio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Pennisi Antonino.