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Stimoli alla riflessione teorica sul linguaggio provengono anche da settori scientifici e
sperimentali, per esempio le neuroscienze e gli studi di acustica hanno dato importante materiale
alla fonetica. Inoltre, per la sinergia tra organi fisici e procedure mentali, che sembra essere
caratteristica del linguaggio umano, tutti quegli studi ripropongono il problema filosofico dei
rapporti tra corpo e mente. (“Terza rivoluzione linguistica”).
All'interno delle scienze umane, poi, alcune discipline sembrano vocate alla riflessione sul
linguaggio. Una di queste è la sezione semiotico-linguistica dell'estetica.
Altra disciplina filosofica importante è la gnoseologia, o teoria della conoscenza, che trova al suo
centro il tema della mediazione linguistica. Il pensiero organizzato è per definizione pensiero
discorsivo e l'apprendimento linguistico nel bambino è la prima forma conoscitiva del mondo.
Dall'interno della riflessione gnoseologica,poi, emergono delle aree che prendono autonomia come
la semiotica che è la scienza dei segni linguistici. (Locke e Peirce hanno contribuito allo sviluppo
di questa disciplina. Quest'ultimo disse che la semiotica dovrebbe essere “una scienza che studia la
vita dei segni nel quadro della vita sociale” e di cui la linguistica è solo una parte). Quindi la
linguistica che appartiene alla semiotica è stata oggetto di discussioni, così come sono stati
oggetto di discussione proprio i limiti della semiotica. Tuttavia la semiotica come scienza che
incorpora la linguistica e va anche oltre, toccando molti campi disciplinari, si è sviluppata molto nel
'900. Possiamo menzionare la filosofia analitica del linguaggio ma dobbiamo isolarla rispetto alle
altre discipline citate perché essa non è una partizione della filosofia ma tradizione filosofica (e le
correnti analitiche sono state le più ricorrenti nella filosofia del Novecento). Non è facile analizzare
in breve le filosofie analitiche perché sono diversificate; possiamo però individuare i caratteri
generali: l'antipsicologismo, l'interesse per gli aspetti formali delle lingue naturali più che per la loro
storicità, l'applicazione di procedure logiche nella ricerca semantica.
Capitolo terzo – Storia naturale della parola
Vedremo ora la parola come parte inalienabile della costituzione biologica e della vicenda filo- e
ontogenetica dell'uomo, come dispositivo in cui istinto e apprendimento, natura e istituzioni hanno
un ruolo imprescindibile e grazie al quale la facoltà del linguaggio si rifrange nella varietà delle
lingue. Parleremo di Naturalismo in tre accezioni:
una può essere meglio definita 'cratilismo', riaffiorerà nella visione dell'origine divina
– dell'uomo, dove la parola è oggetto di rivelazione e dove appare quindi garantita la congruità
tra la parola e la cosa nominata.
Una seconda accezione del termine naturalismo corrisponde alle teorie di chi descrive la
– nascita del linguaggio come sviluppo spontaneo delle potenzialità umane e contrappone
questo modello a quello teologico.
Nella terza accezione, la più attuale, il termine naturalismo designa la posizione di coloro
– che tendono a sottolineare l'importanza dei fattori filogenetici e delle componenti
biologiche nell'apprendimento e nell'uso delle lingue naturali.
Come vediamo, solitamente ci sono state teorie che hanno sottolineato l'importanza di un fattore a
scapito degli altri, ma lo sforzo dei filosofi è proprio quello di tenere insieme le due metà del
problema: spiegare l'arbitrarietà semantica senza contrastare la logica linguistica, spiegare la
molteplicità delle lingue senza negare l'unità del linguaggio, tenere insieme storia e natura. Che è
quel che fa Epicuro: [il raziocinio sviluppa con maggiore impegno ciò che gli è affidato dalla
natura e aggiunge invenzioni in alcuni campi più velocemente, in altri più lentamente. …
emettevano l'aria improntata dal singolo stato d'animo e dalla particolare percezione. Sulla
particolarità delle voci emesse influì la diversità delle stirpi e dei luoghi. E di alcune cose
designarono la nozione con certi nomi, sotto l'impulso dell'istinto o scelsero con raziocinio.]
Dal passo di Epicuro si apre una precisa idea di naturalismo a cui però può essere imputato il fatto
che non spieghi il passaggio del linguaggio da fatto individuale a fatto sociale. Otto secoli dopo
Epicuro, la tesi che concilia bisogni e desideri trova espressione nelle Confessioni di Agostino.
[non erano stati i grandi ad insegnarmi, ma io da me stesso, con l'intelligenza che tu, Dio, m'avevi
dato, sforzandomi con gemiti e suoni vari e vari gesti del corpo di esprimere i sentimenti del mio
cuore, affinché i miei desideri venissero esauditi... ] Nel De Trinitate arricchisce questa teoria:
riconoscere la parola come segno--> interrogarsi sul significato della parola quindi comunque
presuppone l'esistenza nella mente di una pre-coscienza, di un 'senso linguistico'. Se così non fosse
tutto si ridurrebbe alla sensazione auditiva! Invece Agostino fa un passo importante: introduce un
elemento etico come movente delle pratiche linguistiche.
Un importante aspetto del naturalismo è la motivazione dei nomi, in qualche modo ricostruire la
genesi del relativo significato. Questa poi si è diffusa come pratica ed è nata l'etimologia (la
ricostruzione dell'effettivo mutamento fonetico e morfologico di una locuzione). Ma questa è nata
fin dalla Grecia arcaica e per anni resta una 'semantica ontologica'. [L'etimologia era una prima
forma di grammatica, seguita dalla morfologia e dalla sintassi. Solo nel 19° secolo avremo il
comparatismo linguistico che permetterà la ricerca del significato 'vero' dei nomi.] (Ovviamente
l'etimologia entra in stretto contatto con un tema plurisecolare come l'origine del linguaggio).
Come per la grammatica, anche per l'etimologia gli Stoici sono un buon punto di partenza. Non
abbiamo fonti dirette,ci serviamo di testimonianze: due grandi autori sono Cicerone e Agostino. Gli
Stoici pretendono di risalire all'onomatopea originaria, al punto che la cosa concordi con il suono
della parola. Laddove, invece, le cose non hanno un suono invocano la sinestesia, cioè l'analogia
con altri sensi: “le parole sono percepite così come le cose stesse ci impressionano”.
Dunque, gli Stoici cercano a tutti i costi di accordare la sensazione delle cose con la sensazione dei
suoni. Da questa partenza, poi, l'innovazione semantica procede secondo le leggi del traslato per
somiglianza tra cose (gamba = crus, sarebbe detta così perché somiglia al legno della croce = crux),
per vicinanza (es. la piscina si chiama così perché gli uomini ci nuotano come pesci), per
opposizione (guerra= bellum, proprio perché non è bella).
Ovviamente ricordiamo come l'etimologia sia antichissima dato che il concetto che il nome esprima
l'essenza di una persona è trattato fin dall'Antico Testamento della Bibbia, quando Dio cambia il
nome di Abram dopo aver concluso il patto con lui. Poi, l'etimologia cresce come strumento di
analisi semantica: studia la causa delle parole e conoscere la genesi di un nome vuol dire
conoscerne il valore. L'espulsione dell'etimologia dal sistema della grammatica in senso stretto non
cancella la sua validità come principio di spiegazione semantica.
Distinzione tra linguaggio umano e animale.
Possiamo iniziare a esaminare il problema ricordando la teoria stoica del segno. Sesto, filosofo
scettico, esprime al teoria per la quale i segni ci consentono di inferire l'esistenza di cose
temporaneamente non evidenti (es. la parola fumo ci dovrebbe portare alla mente anche l'idea di
fuoco). Gli Stoici vanno ancora oltre: secondo loro, la capacità di trarre inferenze non solo da
semplici segni naturali, osservabili, ma da segni incorporati in enunciati, è il discrimine tra
animali e uomini. Capacità di comporre, associare e dissociare impressioni e rappresentazioni.
Invece Sesto va molto vicino a riconoscere agli animali quella capacità di discorso interiore proprio
dell'intelligenza umana, erroneamente. Riconosciamo la capacità segnica agli animali ma la
comunicazione umana è diversa: questa è costituita anche dall'articolazione della parola. La parola
dev'essere articolata e 'literata' cioè analizzabile e trascrivibile in lettere. Il gemito animale invece
non è trascrivibile. Il neoplatonico Ammonio sostituisce il concetto 'voce articolata e
trascrivibile/inarticolata e non trascrivibile' con 'voce semantica/asemantica' e la discriminante tra
animali e umani sta solo nell'articolazione o trascrivibilità. Quindi lui attribuisce alle bestie capacità
semantica. (I versi degli animali hanno significato ma solo gli umani riescono a significare tramite
segni istituzionali). Tra i filosofi dell'Accademia di Atene troviamo Carneade che aveva affermato
l'esistenza nelle bestie di entrambi i tipi di ragione presenti nell'uomo (una presente nella mente,
l'altra espressa) e prende come esempio l'intelligenza delle api, l'organizzazione. Sostiene quindi
che la differenza umani/animali è solo nella quantità o grado. Al contrario, Filone di Alessandria
sostiene una distinzione qualitativa tra “un dire che nasce dal muoversi della lingua e muore alla
soglia della bocca” e “un dire che scaturisce dall'anima e, grazie all'impiego degli organi vocali,
genera sensate espressioni”. È la distinzione tra articolazione e articolazione significativa.
Porfirio è un altro filosofo neoplatonico che sostiene che il linguaggio negli animali è sintomo di
razionalità: ciascuna specie ha il suo linguaggio,ma negli animali non c'è possibilità di traduzione e
apprendimento interspecifico. La differenza è solo di grado. [Questa posizione quindi è in accordo
con la teoria dell'evoluzione, per cui l'uomo ha raggiunto la capacità di comunicare grazie allo
sviluppo delle doti razionali già presenti negli animali. L'altro paradigma, invece, pone dall'inizio
una differenza qualitativa tra mente umana e animale quindi il linguaggio è dotazione genetica
dell'uomo.]
Comunicazione umana, comunicazione divina.
(La prima Retorica, destinata a diventare modello e opera canonica, è stata scritta da Aristotele. )
Per l'arte retorica si aprono nuovi orizzonti nell'età tardoantica, col sincretismo filosofico di
quest'epoca. Paradigma testamentario e neotestamentario: il potere creativo degli