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EGUAGLIANZA

Quando parliamo di diritti umani, viene quasi spontaneo collegarli al concetto

di eguaglianza, ma non è così scontato affermare che i diritti umani spettano a

tutti gli uomini perché uguali.

In passato ci si chiedeva chi fossero esseri umani e chi no, per poter

identificare quei diritti umani che potessero essere in capo a tutti gli esseri

umani. Ad esempio nel dibattito di Valladolid ci si pose il problema se i nativi

americani potessero essere considerati esseri umani veri e propri o no, questo

perché alcuni affermavano che fossero omuncoli (quasi uomini e che quindi

potevano essere ridotti in schiavitù), altri davano delle spiegazioni

antropologiche e sociali che spiegavano che erano individui gratti e immorali e

pertanto non identificabili nella cerchia degli esseri umani. Questo tipo di

dibattito si sviluppa ancora oggi: è il caso dell’embrione, ci si chiede infatti se

esso sia un essere umano compiuto o no (i diritti nascono al concepimento o

alla nascita?).

così come è difficile stabilire il concetto di uguaglianza, anche la parola diritti

è problematica

Al concetto di eguaglianza possono essere attribuiti due significati diversi:

- il significato che assume di fronte alla legge = sono tutti uguali ma chi ha

compiuto 18 anni può fare qualcosa in più, sono tutti uguali ma se sei

donna lavori meno,ecc…

- il significato che assume a livello economico-sociale

Il motivo principale per fare questo tipo di distinzione era che la prima

eguaglianza è gratis, cioè lo Stato non deve spendere nulla per dare tale

uguaglianza a uomini e donne (non spendo nulla a dire che tutti possono

ricorrere al tribunale per far valere i propri diritti), mentre la seconda, cioè i

diritti sociali, i diritti alla salute, ecc… sono diritti invece molto costosi al punto

che se anche il legislatore ne parla dice sempre che tenterà di realizzarli ma

senza assicurare.

MA tale distinzione è stata messa in discussione da molti autori.

Ad esempio perché è stato detto che ci sia una continuità tra tali diritti.

Umberto Ferrara ha invece detto che solo apparentemente i primi diritti che

garantiscono l’uguaglianza sono gratis, perché ad esempio la rappresentanza

per le elezioni non è per nulla gratis (organizzare la campagna elettorale) e allo

stesso modo non lo è rendere sicura la società (spese della sicurezza pubblica).

Anche un altro filosofo-giurista ha detto che se il governo non intervenisse

come fa oggi nessun concetto di uguaglianza potrebbe essere protetto in modo

efficace.

così si può arrivare a dire che la distinzione netta e solida tra questi due tipi di

uguaglianza

viene meno, facendo spazio ad una distinzione per gradum.

Soffermiamoci sull’uguaglianza distributiva, quella economica.

Per attuare questo tipo di uguaglianza io decido anticipatamente di applicare

un modello di giustizia che secondo me funziona al meglio e da una corretta

distribuzione dei beni. Poi inevitabilmente si vengono a creare delle

diseguaglianze economiche e qui occorre chiedersi se essa vengono

comunemente accettate nella società. In teoria qualsiasi differenza sociale

viene accettata, ma nella pratica? Facciamo un esempio molto estremo: se uno

possiede tutto rispetto agli altri, l’uguaglianza di fronte alla legge di fatto non

c’è, perché quella persona ha tutto e pertanto detiene anche la legge. In egual

modo l’eguaglianza continua a mancare se la quel “tutto” è in mano a due

persone o a tre o a quattro o ad una famiglia e così via… fino a quando?

Paradosso greco del mucchio: qual è il sassolino che si deve aggiungere per

poter parlare di un mucchio di sassolini? Allo stesso modo l’accumulazione del

potere in poche mani mette in discussione l’eguaglianza delle persone di fronte

alla legge, ma quante persone devono detenere questo potere perché si

verifichi ciò?

L’uguaglianza di fronte alla legge e quella distributiva viene messa sotto

pressione e

reggono fino ad un certo punto.

Un’ultima distinzione che si può fare all’interno del concetto di uguaglianza è

quella fatta da Jeremy Waldrom:

• eguaglianza di base (basic)

• eguaglianza come scopo (esagol), che viene identificata come

l’eguaglianza normativa

Questa distinzione si spiega così: se io dico che tutti gli uomini sono uguali

perché hanno tutti il dna affermo un’eguaglianza di base. Ma

contemporaneamente, posso affermare che in America vi è disuguaglianza

perché le donne sono poco rappresentate in Parlamento, per arrivare ad

un’eguaglianza di scopo devo attivarmi in un certo modo e permettere alle

donne di raggiungere il campo politico.

Il percorso da seguire, quello tipico, è prima l’eguaglianza di base, poi

quella esagol.

Ad esempio affermo che tutti gli uomini sono uguali perché figli del

Signore (uguaglianza

di base) e quindi a tutti gli uomini devo assicurare diritti inviolabili

(uguaglianza di

scopo). Questo è un percorso normale, tipico e sintonico.

MA spesso accade che tale percorso venga ribaltato e si parta

contro-intuitivamente dalla

Eguaglianza normativa.

teoricamente se manca l’eguaglianza di base non posso sostenere

un’eguaglianza

normativa (perché il percorso segue quella linea precisa).

MA nella pratica è possibile passare dall’eguaglianza normativa a

quella di base:

- prima eguaglianza normativa come pratica, dove assicuro a tutti gli

uomini gli stessi diritti

- poi eguaglianza di base come obbiettivo e risultato, dove tutti sono

eguali di fronte agli altri

Esempio: do a tutti i neri che vivono in zone malfamate la possibilità di

studiare ed istruirsi, allo stesso livello dei bianchi dei quartieri più ricchi. In

questo modo dopo il test che faccio a tutta la città posso dire di avere

raggiunto una eguaglianza di base uguale per tutti, dove sia neri che bianchi

hanno la stessa intelligenza.

Il TESTO CONDIVISO:

nella storia ci sono stati molti testi che erano (e sono tuttora) alla base del

senso di identità di alcune nazioni, religiosi o gruppi di persone (vedi la Bibbia

di Martin Lutero nella Germania di Bismark, il Corano,ecc…).

Il problema del testo condiviso può essere interpretato in due modi:

1) c’è un popolo ed esso ha uno spirito del popolo e vi è un testo condiviso

che esprime al massimo quel popolo

2) c’è un popolo che è scompaginato e non unitario e poi arriva un atto

demiurgico che è rappresentato questo testo condiviso cha ha il potere di

connettere tutto (una lingua, una religione, ecc…) e che arriva così in

qualche modo ad unire quel popolo

l’idea del testo condiviso inizia a partire dagli anni ’60 e ’70: in questo periodo

ci sono stati

degli studi di linguistica e semiotica (vedi Umberto Eco in Italia) che

propongono teorie che

in un qualche modo permettono ad un testo di avere un unico significato

corretto.

MA queste tecniche di ricerca di un solo significato cadono un po’ in crisi

quando sono di

fronte a testi di difficile interpretazione.

MA un significato corretto in un testo c’è sempre ed esso va

scovato, perché i testi

possono avere una molteplicità di significati ed interpretazioni

scorrette, ma anche

corrette. Ciò avviene per tutti i testi (giuridici, letterali,ecc…)

visione non semplicistica del testo: esso ammette diverse

interpretazioni possibili

che a volte prescindono dalla volontà stessa dell’autore o da

quello che lui voleva

dire, QUINDI occorre cercare il significato del testo in quanto tale

(percorso molto

difficile, perché è difficile andare oltre quanto vuole dire lo stesso

autore)

Si può dunque arrivare a dire che il testo è un fascio di possibilità

interpretative, è un’opera aperta che permette infinite interpretazioni. Quali

sono le interpretazioni corrette?

Sono tutte interpretazioni corrette, anche se danno soluzioni

antagoniste tra loro

Fino a poco tempo fa (anni ’80) girava l’idea che le cose stessero andando bene

nei sistemi giuridici più moderni sparsi nel mondo e poi (sempre l’idea) che ad

un certo punto è accaduto l’imprevedibile e sono nate delle situazioni nuove

che ci mettono in crisi a noi come il nostro sistema giuridico, che inizia a

traballare perché la vecchia impalcatura non è più sufficiente.

IN REALTA’, non è così, questo perché questa crisi avviene anche (ed è sempre

avvenuta) a livello di interpretazione dei testi e quindi nell’argomentazione

normativa attuata dall’uomo (non è un problema del diritto in sé che è

inadeguato).

La comune adozione di un testo condiviso NON è necessariamente un vincolo

stringente e assoluto: io potrei scegliere un testo condiviso con all’interno dei

valori che noi, per giustificare la nostra scelta, possiamo dire che sono più

giusti e saggi, rispetto agli altri in generale ma non è così. Esempio dei musical

americani che sono testi condivisi informali e popolari (anche frivoli) che però

sono condivisi e a disposizione di tutti (cioè tutti li conoscono):io non dico

“posso assumere che tutti conoscano questo testo del musical”, ma posso dire

“non è irragionevole che tutti conoscano quel testo del musical”. Anche i

giornalisti fanno uso creativo dei testi condivisi dei musical per le loro facciate

ed in questo modo costruiscono un senso di comune appartenenza.

Rimane il fatto che se ci fosse qualcuno che non dovesse conoscere quel testo

io potrei comunque adottarlo, MA c’è differenza tra avere in comune un testo

(che quindi è condiviso) ed avere in comune il contenuto di questo

testoquesto perché noi possiamo condividere un’interpretazione di un testo

senza esserne consapevoli, perché è sufficiente che noi effettuiamo una

condivisione così completa da non esserne consapevoli.

MA la condivisione di un testo NON è un vincolo (perché il testo ammette più

interpretazioni), pertanto io posso utilizzare un testo condiviso a partire dalla

mia tradizione (dal mio particolare punto di vista) e prescindendo da tutto (la

politica, la religione,ecc…).

Noi spesso pensiamo (erroneamente) di condividere determinati valori

rigettandone altri perché ci identifichiamo in essi, ma non è così, perché

sarebbe come dire che noi condividiamo un testo condiviso senza specificare

quale delle tant

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Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

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