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TEORIE DELL'INTERPRETAZIONE

1. Formalismo interpretativo

Il formalismo interpretativo presuppone che ad ogni disposizione corrisponda uno ed un solo significato. Questa è una teoria linguistica naturale, intesa nel senso che c'è sempre una risposta certa: questo garantisce la certezza del diritto e, certamente, toglie la discrezionalità, ma possiamo realmente sostenerla?

Regole e principi del formalismo interpretativo:

  • Il caso, affrontato da Dworkin, di Riggs v. Palmer alla Corte d'Appello di New York, nel 1889. Il caso riguardava un nonno che aveva designato tutta la sua eredità al nipote, estromettendo i figli; ma il nipote lo uccide, proprio per percepire l'eredità. La Corte, a maggioranza, decide sulla base di un principio morale non scritto, principio che "nessuno può beneficiare del proprio illecito";
  • Le regole funzionano secondo la logica del "tutto o niente", e comportano la possibilità di...
  1. I principi hanno portata generale, si sottraggono alla logica del "tutto o niente", si configurano in termini di rilevanza e le relative eccezioni non sono enumerabili;
  2. Il diritto, per Ronald Dworkin, è un sistema articolato che ricomprende al suo interno sia regole che principi, consentendo ai giudici di ragionare come se ci fosse sempre una risposta esatta ad ogni singolo caso (one right answer thesis).
  3. Scetticismo interpretativo: secondo la visione scettica non esiste un significato naturale, ma essa afferma che le disposizioni hanno una pluralità di significati: "Il diritto non è che la profezia del bad man, del delinquente", così scriveva Holmes, giudice della Corte Suprema americana.
  4. Teoria mista: Hebert Hart, insieme a Kelsen, è uno dei più importanti filosofi e teorici del diritto, ispirato alla concezione positivista, ma con una sensibilità particolare per il diritto come...
pratica sociale. Secondo Hart, essere positivista corrisponde inevitabilmente ad una visione del diritto come diritto sociale: l'autorità competente non è un essere superiore agli altri, ma rappresenta la società. Egli teorizza una struttura aperta del diritto, che possiamo spiegare mediante un esempio. Immaginiamo l'esistenza di una norma giuridica che vieti di introdurre un veicolo in un parco pubblico: chiaramente essa vieta l'ingresso ad un'automobile, ma cosa dice per quanto riguarda biciclette, pattini, autoambulanze, automobili-giocattolo? Tutte queste cose menzionate devono essere chiamate veicoli, ai fini dell'applicazione della norma, oppure no? Se dobbiamo comunicare gli uni con gli altri, i termini generali che utilizziamo (come quello di "veicolo", nel caso considerato) devono presentare qualche esempio familiare, dal quale non sorgono dubbi circa la sua applicazione. Ci deve essere, dunque, un nocciolo disignificato stabilito; ma vi sarà, parimenti, anche un'ombra di casi discutibili, in cui l'applicazione della parola non è né ovvia, né sicuramente esclusa. Per Hart, ci sono casi che rientrano di certo nel cd. "cono di luce" della norma, altri (molti di più) che invece rimangono in "penombra", in quanto non chiari. L'autore specifica che il diritto deve avere una struttura gerarchica e astratta (se fosse specifico, non sarebbe diritto), e che deve per forza riferirsi a categorie di atti, cose e persone, anche come esempi ai casi simili, che possono quindi essere sussunti sotto la fattispecie generale. Abbiamo visto come, usando termini generali, spesso saltano fuori dei casi particolari che generano incertezza: Hart precisa come, anche in altri ambiti della realtà (es. relazioni interrelazionali), il linguaggio abbia dei limiti, in quanto generale. Ci capiamo l'un l'altro, ma mai possiamo immaginare.

di comprendere a fondo quello che l'altro identifica con un determinato termine. La soluzione all'esempio di prima è perciò questa: dal momento che lo scopo della norma è garantire la quieta frequentazione di quel luogo, per i casi particolari bisogna stabilire quanto questi siano vicini alla regola normale. Ma si presenta comunque un altro inconveniente poiché, dato il fatto che il linguaggio comporta discrezionalità di interpretazione, proprio chi interpreta la norma si troverà a giudicare e a scegliere, magari aggiungendo ai casi ammessi dal legislatore altri casi pratici, che egli crede vicini alla logica della norma generale. Ma perché abbiamo parlato di struttura aperta del diritto? Perché la norma non ha struttura chiusa, nel senso che non si applicano soltanto quei casi che rientrano nel cd. "cono di luce", ma ha struttura aperta, in quanto l'interprete è autorizzato a far rientrare in essa altri.

casi. <> (Hart). ETICA PROFESSIONALE <Per essere moralmente alto, deve poter essere universalizzabile. Ognuno deve darsi le proprie regole non nel senso che ognuno può fare quello che vuole, ma nel senso che, se si pensa con la propria testa e secondo ragione, inevitabilmente si sarà portati a rispettare il prossimo. L'ambito della deontologia professionale si ritrova anche nella professione forense: da poco è stato scritto un corpo di norme non posto da un'autorità, ma autonomo, dato dallo stesso gruppo, al fine di seguire una serie di principi di natura etica che incidono fortemente sulla pratica (dunque non sono norme di diritto positivo). Per quanto riguarda la professione come vocazione, emblematiche sono le parole di Max Weber nella sua opera "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo": "L'unico modo di essere graditi a Dio non sta nel sorpassare la moralità intramondana con l'ascesi monacale, ma consiste"

esclusivamente nell'adempiere ai doveri intramondani, quali risultano dalla posizione occupata dall'individuo nella vita, ossia dalla sua professione, che appunto diventa la sua "vocazione" [Beruf]. Come abbiamo visto in precedenza, in quest'opera Weber mette a fuoco l'esaltazione religiosa del lavoro, che avvicina a Dio, coltivando i talenti da lui donati. Nella stessa opera è anche presente una critica aspra all'ascesi monacale, mediante la quale ci si isola dalla società e dalla realtà. Alla base di qualsiasi etica professionale c'è questo ragionamento: solo se do alla professione questo carico che va oltre, posso avere etica professionale. Già dal medioevo, quando si parla di professioni non si tratta di lavori comuni, bensì di "professioni liberali" (maggiormente quella forense e quella medica), liberali perché, per poter svolgere le proprie funzioni, il professionista.

dev'essere libero, e chi si affida a quest'ultimo deve poter essere sicuro che il professionista non abbia interessi. Oggi i professionisti sono coloro che lavorano in autonomia, ed essi sono regolamentati dai cd. "ordini professionali". Ad ogni modo, la caratteristica principale delle professioni liberali è che esse non sono riducibili alle abilità manuali, quanto piuttosto ad un sapere intellettuale. In proposito della solidarietà professionale, Durkheim scrive: "<società nel suo complesso […] Ora questo attaccamento a qualcosa che oltrepassa l'individuo, agli interessi del gruppo al quale egli appartiene, è la fonte stessa di ogni attività morale. Nel momento in cui questa coscienza si precisa, quando si applica alle circostanze più consuete e più importanti della vita comune, esso si traduce in forme più o meno definite, ed ecco che si costituisce un corpo di regole morali>>. Nel momento in cui ci rendiamo conto di far parte di un gruppo che affronta i nostri stessi problemi e vive le nostre stesse esperienze, nasce allora un sentimento morale di solidarietà, con la conseguente esigenza di organizzarsi mediante regole e principi. Questo, soprattutto nel caso delle professioni liberali e, quindi, intellettuali, si manifesta in particolare nella necessità di norme deontologiche di condotta morale: se si ha coscienza di appartenere ad un gruppo che ha a sua volta coscienza didi definire degli obiettivi chiari e di stabilire delle strategie per raggiungerli. Inoltre, è fondamentale creare un ambiente di lavoro positivo e motivante, in cui i dipendenti si sentano valorizzati e stimolati a dare il loro massimo. Per fare ciò, è importante promuovere la comunicazione efficace, favorire lo sviluppo delle competenze e offrire opportunità di crescita professionale. Inoltre, è essenziale adottare una leadership autentica e trasparente, che ispiri fiducia e guidi i dipendenti verso il successo. Infine, è fondamentale monitorare costantemente i risultati e apportare eventuali correzioni di rotta, al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
79 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ila_mercury di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Lo Giudice Alessio.