Anteprima
Vedrai una selezione di 8 pagine su 32
Filosofia del diritto - Seminario Pag. 1 Filosofia del diritto - Seminario Pag. 2
Anteprima di 8 pagg. su 32.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto - Seminario Pag. 6
Anteprima di 8 pagg. su 32.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto - Seminario Pag. 11
Anteprima di 8 pagg. su 32.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto - Seminario Pag. 16
Anteprima di 8 pagg. su 32.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto - Seminario Pag. 21
Anteprima di 8 pagg. su 32.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto - Seminario Pag. 26
Anteprima di 8 pagg. su 32.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Filosofia del diritto - Seminario Pag. 31
1 su 32
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Le fonti del biodiritto

Quando quindi parliamo delle fonti del biodiritto occorre avere in mente questa concezione allargata di fonte: La costituzione contiene quei principi che sono considerati i principi base della bioetica - autonomia, beneficialità, non maleficenza, giustizia. Basti ricordare l'art. 32 sulla tutela della salute e il tendenziale divieto di trattamenti sanitari obbligatori; l'art. 13 sulla inviolabilità della libertà personale; l'art. 3 sui principi di eguaglianza, non discriminazione ecc.; particolarmente rilevanti sono poi gli atti internazionali a partire dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo del 1948 fino alla più recente Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina, la cosiddetta Convenzione di Oviedo del 1996 e all'ancora più recente Dichiarazione Universale sul genoma umano del 1997. A proposito della Convenzione di Oviedo rimane ancora qualche incertezza nel nostro paese perché è

stataratificata con la legge 145 del 28 marzo 2001, ma non sono mai stati emanati "i decreti recanti ulteriori disposizioni per l'adattamento dell'ord. Giuridico italiano ai principi e alle norme della Convenzione", come previsto dall'art. 3 della legge citata. Il processo di ratifica non risulta quindi completato e questo lascia dubbi sul fatto che essa sia diritto vigente in Italia;

per quanto concerne gli usi, le consuetudini questi non possono assumere rilievo o applicazioni particolari in materia bioetica per almeno due ragioni: il ritmo della novità e dei cambiamenti nel settore delle biotecnologie non pare consentire la formazione dell'elemento materiale (l'usus, la diuturnitas) che solo può nascere da una ripetizione generale, costante e uniforme di un dato comportamento; la formazione dell'altro elemento fondante dalla consuetudine, l'opinio juris seu necessitatis è ostacolato proprio dalla varietà.

dei valori presenti nelle moderne società multietniche e della mancanza di condivisione di principi. Alcuni si spingono a ricondurre alla dimensione degli usi e delle consuetudini i codici deontologici, intesi come una sorta di fissazione dei principi di base vincolanti per le diverse categorie professionali. Su questo punto la dottrina in Italia è divisa: alcuni, come si è detto, intendono la deontologia come fonte di natura consuetudinaria, altri ne richiamano il carattere extragiuridico, altri ancora le riconoscono un ruolo di supplenza in mancanza di una legislazione ad hoc. La fonte giurisprudenziale riveste un ruolo di primissimo piano e non solo nei sistemi di common law, ma anche nei sistemi di civil law come il nostro: infatti i giudici svolgono un ruolo di supplenza laddove manca il diritto legislativo. In ogni settore in cui ci siano casi da risolvere non disciplinati dal legislatore, il giudice interviene, dato il divieto di non liquet, utilizzando i principi a

disposizione e giungendo talvolta a vere e proprie creazioni di diritto nuovo. Sul fronte delle leggi va detto che in Italia, dopo un lungo periodo di immobilismo, si è proceduto ad approvare numerose leggi in materia di bioetica (la legge sull'accertamento di morte, sulla privacy, sull'esperimentazione, sulla donazione di organi, sulla procreazione medicalmente assistita) ma molte materie restano in attesa di una regolamentazione (ad esempio l'eutanasia, a proposito della quale esistono numerosi progetti di legge, che vanno sia nel senso di vietarla sia nel senso di consentirla). A differenza di altri paesi che hanno scelto una legislazione per principi ad esempio la Francia, l'Italia ha imboccato la strada di una legislazione minuziosa, regolativa di singole fattispecie, che ha in sé vari rischi:

  • in primo luogo rischia di essere superata dalle trasformazioni rapidissime della società contemporanea e dalle sempre nuove scoperte scientifiche, rischia
quindi di essere sempre in fisiologico ritardo; in secondo luogo rischia di mettere il diritto al servizio del mantenimento di certi valori non condivisi e – come osserva Rodotà anche nel suo più recente lavoro La vita e le regole – la mancanza di valori condivisi non può essere sostituita da un’etica dei più imposta attraverso lo strumento legislativo con l’adozione quindi di procedure maggioritarie. Prenderò ad esempio di questo ultimo punto la famosa legge 40 del 19 febbraio 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. Ho scelto questo esempio, oltre che per l’attualità della legge, perché nello spirito del Manifesto di bioetica laica, nel 1998 fu pubblicato un documento, redatto da Cinzia Caporale, Armando Massarenti, Angelo Petroni e Stefano Rodotà, "inteso a rilanciare una discussione pubblica", alla luce di "principi chiari e esplicitamente espressi", ispirati a un.

atteggiamento laico di pluralismo etico (che – sottolineano gli estimatori – nelle società moderne è sia un fatto sia un valore) in vista dell’assetto giuridico che la materia doveva ricevere.

Da questo documento emergono alcuni punti che andremo a confrontare con quanto previsto dalla legge 40:

  1. poiché “nulla è più culturale dell’idea di natura” e conseguentemente il confine tra ciò che è naturale e ciò che non lo è dipende dai valori e dalle decisioni degli uomini, la procreazione assistita non può essere interamente compresa nel concetto di “terapia medica”. Infatti l’idea stessa di terapia presuppone che vi sia una deviazione rispetto a qualcosa ritenuto naturale e fa di chi vi ricorre un malato, al quale un trattamento viene accordato o rifiutato in base a decisioni a lui esterne. Nel caso della procreazione assistita questo potrebbe comportare anche una

1 - La procreazione assistita è spesso oggetto di connotazioni negative riguardo ai bambini che nascono grazie ad essa.

2 - La regolamentazione della procreazione assistita non deve privilegiare de jure e de facto un certo modello di famiglia rispetto ad altri, in quanto nelle società attuali il modello di famiglia per così dire tradizionale non è più universalmente dominante e l'evoluzione dei rapporti sociali ed economici ha portato all'emergere di forme diverse che meritano eguale rispetto.

3 - La regolamentazione della procreazione assistita non deve essere il risultato del prevalere delle convinzioni morali espresse da una maggioranza politica, infatti nelle società pluralistiche, dove non c'è un'unica morale, ogni tentativo di costruire i principi giuridici sulla base delle norme di una singola morale sarebbe in contrasto con i principi stessi della democrazia liberale, nella quale la funzione primaria del diritto è quella di evitare quei comportamenti che recano

danno ad altri o alla società nel suo complesso;

4 – alla luce del principio precedente, le norme in materia di procreazione assistita dovranno sì proibire interventi di selezione o di ingegneria genetica che possano comportare conseguenze negative inaccettabili (ad esempio la discriminazione tra individui su base biologica), ma le ragioni di tali limiti dovranno risiedere nella necessità di evitare conseguenze negative per la società, non nell'affermazione di un principio astratto di "sacralità della vita" – si pensi alla questione dello statuto etico e ontologico dell'embrione –, riconosciuto solo da alcune visioni morali;

5 – la forte tendenza al decremento demografico e all'invecchiamento della popolazione rende giustificabile da parte dello Stato la destinazione di risorse pubbliche volte ad aumentare la natalità anche attraverso la procreazione assistita in strutture pubbliche e private al fine

di permettere a tutti i cittadini, indipendentemente dai loro mezzi economici, un effettivo accesso alle prestazioni.

Andando ora ad esaminare alla luce di questi punti la legge 40 del 2004, anche senza entrare nel dettaglio, possiamo facilmente constatare che il legislatore italiano ha scelto una strada che si discosta totalmente dai principi sopra indicati:

  • con riferimento al punto 1, l'art. 2 esplicitamente recita che "il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità" e l'art. 4 ribadisce: "Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché"

Il testo fornito riguarda l'accesso alla procreazione assistita in caso di sterilità o infertilità accertata e certificata da un atto medico. Secondo le linee guida, l'accesso a tali tecniche è consentito solo per superare una documentata impossibilità di procreare.

Con riferimento al punto 2, l'articolo 5 stabilisce che "possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi". Il legislatore fa riferimento chiaramente alla cosiddetta "famiglia ideale", l'unica in linea, secondo certa dottrina, con quella "società naturale fondata sul matrimonio" riconosciuta dall'articolo 29 della Costituzione.

Viene poi introdotta una concessione - peraltro molto problematica - alle coppie conviventi in coerenza con molte pronunce della Corte.

costituzionale, volte ad estendere i diritti dei componenti della cosiddetta famiglia legittima a quelli della famiglia di fatto;

con riferimento ai punti 3 e 4, l'art. 1 laddove proclama che la legge "assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito" pone a fondamento di tutta la legge la tutela assoluta dell'embrione, introducendo, come l'ha definita Stefano Rodotà, una sorta di "dittatura dell'embrione" in linea con una particolare opzione morale;

con riferimento al punto 5, pur prevedendo l'istituzione di un fondo per favorire l'accesso alle tecniche di procreazione assistita (art. 18), esplicitamente la legge indica delle alternative a tali tecniche (adozione, affidamento familiare, ex art. 6) e un impegno finanziario prioritario per ricerche volte a indagare "le cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e dell'infertilità".

fine di favorire “gliinterventi n

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
32 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Faralli Carla.