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GIUSREALISMO

3. Il diritto dipende non dai criteri della giustizia o della validità, ma dell'effettività. Viene incarnato dal giudice Handy. In tal senso, lo stesso diritto positivo non potrebbe considerarsi diritto, se non diviene effettivo attraverso le decisioni giurisdizionali. L'effettività è a buon titolo solo se trova una corrispondenza con le aspettative sociali, che i giudici sono chiamati a soddisfare. "Sono diritto solo le previsioni di ciò che i tribunali effettivamente faranno" (O. Holmes). Nel caso del giusrealismo tutto ciò che possiamo fare per conferire razionalità al fenomeno giuridico è quello di individuare dei parametri, non è molto lontano da ciò che i giuristi civil law, vengono chiamati a fare anche nei casi come i nostri. La giurisprudenza in prima linea nel cercare di disciplinare nella maniera più razionale il diritto, ma non diritto per forza inteso come diritto positivo.

Per Handy, i problemi relativi all'ordinamento di riferimento e alla norma da applicare sono subordinati all'effettività dell'affare.

Ai giusrealisti più che la norma interessa la decisione. Il focus è il rapporto tra diritto e morale, per i giusrealisti vi è una connessione accidentale, dal momento che prima di tutto conta la decisione, infatti dipende dal senso morale del giudice.

Per la teoria giusrealistica di Handy, il diritto positivo potrebbe realizzare la giustizia in senso morale solo in via eventuale ed accidentale. Il diritto si fa positivo tramite le decisioni, l'esperienza.

Tavole sinottiche

Criterio distintivo del diritto

A) giusnaturalismo = giustizia

B) giuspositivismo = validità

C) giusrealismo = effettività

Fulcro del diritto

A) giusnaturalismo = ordinamento

B) giuspositivismo = norma

C) giusrealismo = decisione

Posizione sul diritto positivo

A) giusnaturalismo = il diritto positivo non basta a se stesso

B) giuspositivismo = il diritto positivo è sufficiente

= il diritto positivo basta a se stesso

C) giusrealismo = il diritto è positivo solo attraverso decisioni

Lo sfondo delle teorie (e de Il caso degli speleologi): il rapporto diritto/morale

Morale

Se si può intendere in generale per quel complesso di regole di condotta che valoricostituisce espressione di condivisi in un dato contesto sociale, vale comunque distinguere:

Morale positiva (o sociale): "insieme di valori, concezione del bene, sentimenti di giustizia e regole di condotta generalmente condivisi in un dato ambiente sociale".

È sempre più infrequente la ricerca sul campo da parte dei sociologi, ma ad esempio i sondaggi possono renderci partecipi del bene morale condiviso.

Morale ideale (o critica): "insieme di valori, concezioni del bene, sentimenti di giustizia e regole di condotta", difesi da dottrine morali e/o da singoli individui. Ad esempio, vi sono state delle contrapposizioni tra morale laica e cattolica, es: eutanasia.

centralità del concetto di "ordinamento giuridico" (rinvio) La complessità del rapporto tra diritto e morale, su cui si strutturano le teorie del diritto, ci riporta allora alla questione fondamentale: cos'è - in ultima analisi - il diritto? "Ordinamento (GN), norma (GP) o decisione (GR)?" (Carl Schmitt) In tutte le teorie passate in rassegna, il rischio resta in effetti quello di far passare per "diritto" il mero esercizio di un potere di coercizione, e in particolare: - di imporre un ordinamento che si dice "naturale" sullo stesso ordinamento giuridico (Giusnaturalismo) - di imporre di seguire una norma detta "giuridica" solo e semplicemente perché "valida" (Giuspositivismo) - di imporre una decisione solo e semplicemente effettiva come "espressione" della realtà sociale (Giusrealismo) Il caso degli speleologi Tuttavia, proprio ciò mostra che, per

Per evitare un circolo vizioso, è centrale la questione dell'ordinamento di riferimento. Non per niente, ciascuna teoria pone i problemi proprio su questo piano:

  1. Il GN deve giustificare la decisione e la norma su cui si basa mediante riferimento a un ordinamento giuridico "naturale".
  2. Il GP deve giustificare ogni decisione in base ad una norma intesa come "valida", perché inserita entro un ordinamento "giuridico" (già dato).
  3. Il GR deve giustificare ogni decisione in base ad una norma inserita entro un ordinamento giuridico inteso come "effettivo".

E se si avesse intenzione di mettere in imbarazzo un giurista, gli si dovrebbe proprio chiedere che cos'è l'ordinamento giuridico. "Ordinamento" deriva da "ordo" (ordinare). Il diritto è "ordinamento" poiché vale a "disporre le cose distintamente; [a] trovare, o ritrovare, un ordine" nella società dinnanzi a casi "critici".

Sennonché, della centralità del concetto di "ordinamento giuridico" per il giurista potremmo meglio parlare solo nel prosieguo del corso.

Sennonché, della centralità del concetto di "ordinamento giuridico" per il giurista potremmo meglio parlare solo nel prosieguo del corso.

Fi fi fi ff ff ff

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Filosofia del diritto

Filosofia del diritto

La filosofia del diritto è morta, durante la seconda parte, ne esaminiamo il caso.

La filosofia del diritto è morta, durante la seconda parte, ne esaminiamo il caso.

La filosofia del diritto nacque in Germania tra i secoli 18esimo e 19esimo. La paternità è alquanto discussa, si attribuisce ad un giurista Hugo e due filosofi Fichte ed Hegel. La denominazione è invero nuova e rinasce come disciplina accademica. In origine, l'idea era quella di sostituire la precedente riflessione filosofica sul diritto di matrice filosofica con una riflessione che non revocasse in dubbio determinati presupposti. La ragione è legata al venire in evidenza di nuove condizioni socio-politiche e culturali nei secoli 18esimo e 19esimo. Con la prima parte del corso, abbiamo fatto una riflessione basata su presupposti, nella seconda parte si intende saggiare la consistenza di quei.

La filosofia del diritto nacque in Germania tra i secoli 18esimo e 19esimo. La paternità è alquanto discussa, si attribuisce ad un giurista Hugo e due filosofi Fichte ed Hegel. La denominazione è invero nuova e rinasce come disciplina accademica. In origine, l'idea era quella di sostituire la precedente riflessione filosofica sul diritto di matrice filosofica con una riflessione che non revocasse in dubbio determinati presupposti. La ragione è legata al venire in evidenza di nuove condizioni socio-politiche e culturali nei secoli 18esimo e 19esimo. Con la prima parte del corso, abbiamo fatto una riflessione basata su presupposti, nella seconda parte si intende saggiare la consistenza di quei.

presupposti della FdD alla sua nascita, ovvero la sua attualità e legalità. In sintesi, mostreremo che tali presupposti compromettono un'autentica riflessione critica: 1) Il diritto è da sempre e per sempre, a differenza dello Stato da cui in età moderna si fa dipendere. 2) Il diritto non si identifica con la legge (statuale), che costituisce solo una possibile manifestazione. Nella terza parte, il corso metterà a frutto il superamento dei presupposti storici della FdD, incentrandola su una migliore consapevolezza di come viene veramente "fatto" il diritto. In sintesi, evidenzieremo il carattere metodologico: 1) Il diritto non è mai del tutto precostituito all'esperienza (neanche dallo Stato), ma dipende da essa. 2) Nel diritto non essendovi mai premesse e conclusioni scontate, va dunque trovato il caso per caso. Denunciando la problematicità insita nella natura stessa del diritto, questo corsosarà un corsopirata, guidato dalla condizione che, anche se non sembra, solo dalla ri essione critica sioriginano le competenze e le abilità del giurista.
Diritto e dilemmi morali. Ragioni ed emozioni nelle scelte tragiche. (Seminario)
Si ha dilemma morale ogni volta che la situazione non consente di sottrarsi alla decisione: quando decidere e non decidere sono entrambi scelte eticamente rilevanti, perché il fare e non-fare implicano entrambi conseguenze pratiche di cui l’agente morale è direttamente responsabile. Ogni dilemma morale consiste sempre in un con itto di valori che ritengono, almeno, meritevoli di rispetto e cui l’uno deve essere sacri cato in nome dell’altro: ad esempio, il dovere di riservatezza contro il dovere di verità. (La responsabilità del giurista, G. Cosi)
Trolleologia = problema del trolley, inventato da Filippa Fout, losofafifi fifi fi fl fi fl ff fi fi fi fi fi fl fl fl fi fifl fi
ESPERIMENTO 1
Stiamo

Passeggiando lungo una ferrovia, lungo il binario sono legate cinque persone delle quali non conosciamo l'identità, il loro destino è quello di essere travolti dal treno in arrivo, ma c'è una leva che devia il treno ad un binario dove è legata una persona. Azioniamo la leva? Sì, meglio salvare cinque vite, rispetto ad una. Di fronte ad un dilemma morale, si utilizza l'utilitarismo (= criterio economico, la scelta che assicura il maggior vantaggio ed il minor prezzo, è quella migliore. L'utilitarismo prevede di calcolare realmente il bene, quindi l'esito delle nostre azioni).

ESPERIMENTO 2

In un altro caso, passeggiamo su un cavalcavia/ponte, sono legate 5 persone sul binario e sta sopraggiungendo un treno. L'unico modo per salvare le 5 persone è di buttare un ciccione che sta passando, sul binario, per salvare le 5 persone. Lo buttiamo? No, siamo troppo coinvolti, dovremmo fare l'atto di

buttarlo.Perché in un caso avremmo mosso la leva, ma nell’altro non avremmo buttato il ciccione?sperimentale,Esiste una branca della loso a, cioè quella alla quale sono stati fattiquesti tipi di quesiti. Si è visto che la maggior parte delle persone, nel primo esperimentoavrebbero azionato la leva, ma nel secondo caso non avrebbe gettato il ciccione.Nonostante, dal punto di vista utilitaristico, sia la stessa “equazione”.L’utilitarismo nonostante mostri la sua razionalità, non può controllare la morale. Nelprimo caso, era un movimento tecnico (spingere una leva), nell’altra c’è un contatto sicotra due esseri umani, in questo caso si agisce per prossimità, si è più coinvolti.Inoltre è più semplice in una questione di ignoranza, perché saremmo più coinvolti.Fino a che punto il peso discrezionale di una vita, conta rispetto ad un’altra ?Se dovessi sacri

care mio padre o mia madre, rispetto a 100 vite, magari bambini?
Ciò che sbaglia l'utilitarismo, è di avere la presunzione di poter controllare la nostra morale.
La risposta è di San Tommaso D'Aquino, ovvero la DOTTRINA del DUPLICE EFFETTO:
"Niente impedisce che un atto abbia due effetti, di cui uno intenzionale e l'altro involontario. Gli atti morali però ricevono la specie da ciò che è intenzionale, non da ciò che è involontario, essendo questo un elemento accidentale."
Nel primo caso, vogliamo salvare 5 vite, ma non vogliamo la morte di una persona. Non sappiamo se il treno deraglia o si ferma, di conseguenza la morte dell'uomo è accidentale. Noi vogliamo solo salvare 5 persone, quindi azionare la leva. Tuttavia, nel secondo caso la morte del ciccione è necessaria.
Ciò dimostra che l'utilitarismo non può
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A.A. 2020-2021
42 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher S.gr01 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Velo Dalbrenta Daniele.