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DELL'ISTITUZIONE
In questo processo, il protagonista indiscusso è la particolarità o la singolarità del soggetto individuale. Sembra ormai che le singolarità non abbiano più bisogno di universalizzarsi attraverso un processo di mediazione simbolica, in quanto si ritiene che ciascuna di esse sia già in rapporto diretto con l'universale.
HABERMAS Sostiene che lo specifico della modernità è dato dal suo attingere la propria normatività solo da se stessa. L'orientamento prodotto dalla modernità è normativo se e solo se si sottopone alla verifica della sua validità. La garanzia del contenuto razionale della modernità è solo la conformità a una tecnica procedurale che presume di essere garanzia di razionalità e criterio ultimo di senso.
Se è vero, che la democrazia moderna rimette il contenuto normativo della società all'attività di deliberazione.
E di produzione di senso della società stessa, è altrettanto vero che si disconosce la propria collocazione storico-sociale determinata. La creatività dell'agire collettivo, allora, si confina nello spazio dell'interpretazione. Ma il primato dell'interpretazione è al tempo stesso effetto e rimedio dell'odierna crisi della normatività.
CAPITOLO 9 CRISI DELLE ISTITUZIONI E PRIMATO DELL'INTERPRETAZIONE
Le norme giuridiche sono anzitutto strumenti ad un fine di convivenza sociale; la trasposizione dei contenuti sociali in termini giuridici è un atto istituente. Le norme non sono la mera registrazione dei dati di fatto, ma invece l'esito di una deliberazione sociale e sono istituite per dare alla vita sociale un ordine e un senso. Quest'ordine resta sempre suscettibile di cambiamenti e rielaborazioni, rimesse alla responsabilità delle deliberazioni collettive.
LA PROLIFERAZIONE DELLE LEGGI E LA
GIURIDICIZZAZIONE DEL SOCIALE
L'inflazione normativa costituisce il segnale più appariscente dell'attuale difficoltà delle norme a ordinare una società complessa come la nostra. Quando viene meno la forza sociale che le tiene unite, le istituzioni entrano in crisi. Di conseguenza il diritto tende a permeare di sé tutti gli spazi della vita sociale, proponendo norme per ogni suo aspetto e risvolto.
Paradossalmente, proprio mentre si producono miriadi di leggi per far fronte sempre a nuove emergenze, si tende a negare il loro carattere creativo, cioè la loro dipendenza da deliberazioni e scelte sociali – storiche, e si tende a vedere in esse il riflesso di una legalità a priori.
Nasce da questa ipertrofia (= aumento di volume) del tessuto legislativo la tecnica di affidarsi in partenza a formulazioni letterali volutamente ambigue, per scaricare in altre sedi l'onere dello scioglimento forzoso dell'ambiguità.
Ciò contribuisce ad accrescere il ruolo delle interpretazioni giudiziali.
LA CENTRALITÁ DELL’INTERPRETAZIONE
L’interpretazione acquisisce un ruolo determinante. Si tratta di una creatività individuale, all’opposto della creatività che s’esprime nella produzione legislativa, che è collettiva, modulata secondo regole determinate.
Bisogna tenere distinti i due momenti della legislazione e interpretazione. In realtà la loro distinzione implica una subordinazione: ed è proprio tale subordinazione che il primato dell’interpretazione tende a ribaltare, con la conseguenza, giuridicamente insostenibile, che l’intervento individuale dell’interprete, se lo si ritiene sciolto dall’obbedienza al vincolo statuito dalle legge positiva, potrebbe giungere a modificare o addirittura stravolgere il senso stesso che il sistema delle norme vigenti ha istituito.
Il momento decisivo culmina nella produzione legislativa.
Ovvero la creazione collettiva istituente, sulla quale poi dovrà esercitarsi la creatività dell'interprete. Oggi però la centralità si sposta sul piano giudiziario.
L'età della decodificazione
Il processo di decodificazione risale alla crisi dello Stato liberale classico basato sul principio di legalità, cioè sull'assoluto predominio di un'unica fonte legislativa. Con la crisi dell'idea di codice:
- Si attribuisce sempre più importanza alle leggi speciali.
- Si formano micro-sistemi normativi riguardanti una determinata materia.
- Si moltiplicano discipline settoriali che proliferano accanto al Codice civile, ma finiscono poi per invaderne il territorio.
- Entra in crisi la stessa unità dell'ordinamento giuridico.
Mentre cresce la giuridicizzazione della vita concreta, l'inettitudine normativa della società e delle sue istituzioni viene surrogata dalla creatività degli interpreti.
L'onere della decisione pratica presa caso per caso assume in sé dignità legislativa. L'interprete diventa il legislatore chiamato di volta in volta a risolvere il caso concreto. La conseguenza di questo processo è il cambiamento radicale del ruolo dei giudici, infatti la produzione legislativa sempre più abbondante e caotica, lascia aperti margini ampi di creatività da parte del giudice.
L'ampliarsi del flusso legislativo è tale che conduce all'adozione di nuove tecniche, e soprattutto alla delega di poteri normativi al Governo, o ad organi istituzionali nuovi.
La norma giuridica era originariamente una statuizione generale e astratta rivolta a tutti i soggetti di un ordinamento giuridico. La produzione di norme era scarsa, cambiava lentamente e derivava in gran parte da una sola fonte, quella legislativa. Ora la legge diventa statuizione programmatica; spesso, quando prevede una delega, non è suscettibile di applicazione.
immediata ma rimanda ad altri organi dello Stato, ne deriva una molteplicità di fonti normative, e un flusso legislativo continuo, spesso contraddittorio, con traslazione di poteri dal legislativo all'amministrazione dello stato.LA CREATIVITÁ DELL'INTERPRETAZIONE
Il primato dell'interpretazione attenua dunque la separazione dei poteri. La sua conseguenza più evidente è la trasformazione del ruolo del giudice e in generale una nuova funzione del potere giudiziario.
Tra le conseguenze negative del primato dell'interpretazione c'è il rischio che l'appello alla libera creatività dell'interprete conduca a decisioni ambigue. L'interprete è, ovviamente, mosso da strategie, che però restano rimesse al suo arbitrio, e cmq si sottraggono a un'esplicitazione pubblica e controllabile, mentre nel caso della deliberazione collettiva, affidata ai rappresentanti della sovranità popolare, la
loro strategia è oggetto d'un dibattito pubblico. L'ordine istituito una volta posto, ha una sua oggettività storico-sociale che limita la necessaria creatività dell'interprete. Il senso è l'oggettività dell'ordine istituito costituiscono quindi dei limiti all'interpretazione. La filosofia ermeneutica La tesi di fondo dell'ermeneutica è che i significati storico-sociali non sono creazioni, ma sono in se stessi già interpretazioni. Alla base dei significati esiste un fondamento originario: le concezioni storico-sociali ne saranno soltanto un'interpretazione. I testi che diventeranno oggetto d'interpretazione, vanno considerati a loro volta, e originariamente, "interpretazione". Critica questa tesi della filosofia ermeneutica è contestata in virtù dell'inaccessibilità immediata all'originario, che rende indispensabile laovvero l'interpretazione e l'applicazione delle leggi da parte dei giudici. Tuttavia, con la svolta ermeneutica, questa distinzione viene messa in discussione. Infatti, l'interpretazione diventa un momento fondamentale anche nella produzione legislativa stessa. La deliberazione collettiva del senso di una legge implica un processo interpretativo in cui si cerca di attribuire significato e valore alle norme. Questo processo creativo richiede la partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti, che contribuiscono a costruire il senso della legge. D'altra parte, nell'interpretazione dei significati storico-sociali delle norme, entra in gioco una certa dimensione di creatività. Gli interpreti devono tener conto del contesto storico, sociale e culturale in cui le norme sono state create e applicate, e devono adattare il loro approccio interpretativo di conseguenza. Questa svolta ermeneutica ha anche ripercussioni sulla divisione dei poteri. La distinzione tradizionale tra potere legislativo e potere giudiziario, che garantiva un equilibrio tra politica e diritto, viene messa in discussione. L'interpretazione diventa un momento in cui i giudici possono influenzare la creazione del diritto stesso, attraverso la loro interpretazione delle norme. In conclusione, la svolta ermeneutica ha portato a una ridefinizione del ruolo dell'interpretazione nella produzione legislativa e nell'applicazione delle leggi. L'interpretazione diventa un processo collettivo di creazione di senso, in cui la creatività e la partecipazione attiva dei soggetti coinvolti sono fondamentali. Questo ha anche ripercussioni sulla divisione dei poteri, mettendo in discussione la distinzione tradizionale tra potere legislativo e potere giudiziario.Nel quale le leggi vengono interpretate e applicate.
ASSOLUTISMO. "LEVIATANO" DI HOBBES
Nel "Leviatano" di Hobbes, il sovrano, cioè il legislatore non è sottoposto alle leggi ma, ne è l'unico interprete e l'unico che può introdurre uno sbarramento alla confusione delle opinioni.
In realtà, l'ambigua tendenza a sovrapporre interpretazione e legislazione conduce a conseguenze improponibili. Non è in alcun modo possibile superare la spaccatura tra creazione e interpretazione, in quanto ognuna di esse allude a una dimensione specifica della norma: la creazione al suo naturale istituirsi, l'interpretazione a quella della comprensione del suo modo di essere di volta in volta costituito. In nessun caso il processo di interpretazione e creazione della norma possono confondersi.
L'ermeneutica propende per un indebolimento dell'astratta e generale validità della norma, in vista del caso concreto.
Ma questa relativizzazione della norma in nome dell'equità è l'esatto contrario della pretesa giusnaturalistica a un fondamento universale di norme stabili e immodificabili.PARADIGMA DELL'AUTOPOIESI MATERIALE E LA CREATIVITÁ DELL'ISTIUTENTE
Nelle civiltà premoderne, il diritto non è mai creato ma può essere invece cercato, letto, interpretato, trovato; si intuisce che lo spazio per la scienza è enorme così come il suo ruolo. Ma soprattutto è enorme il ruolo dell'interpretazione.
In un contesto del genere il legame tra diritto e interpretazione è molto forte; eppure il diritto non equivale né coincide con l'interpretazione: quest'ultima ne è solo la manifestazione. → "non si può dire che il diritto è PAOLO GROSSI interpretatio, perché il diritto si manifesta come interpretazione, come presa d'atto di qualcosa che c'è, che
non si creama si può solo dichiarare, integrare, correggere e rinnovare.