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Dalla salute al fitness

Lenoble e de Munck, in un loro saggio dedicato alla trasformazione dell'arte del governo, sostennero che non si doveva parlare di una crisi che aveva investito i modelli istituzionali esistenti, ma, più in generale, di una crisi dell'idea stessa di modello: usando parole del sociologo Bauman, di una crisi del modello di modello. Da qui il tentativo di costruire un nuovo piano concettuale che abbandoni, una volta per tutte, l'idea secondo la quale sarebbe possibile tenere rigorosamente distinto il momento della produzione normativa (cioè dell'elaborazione teorica di un modello sociale) da quella della sua concreta applicazione (che ci faccia sapere cosa si deve fare).

Importante qui è l'intervento di Simon, uno dei fondatori della psicologia cognitiva, che abbandona l'idea dell'essere umano quale creatura perfettamente razionale dotata di possibilità di scelta e preferenza, abbracciando, piuttosto, il

risultato finale da raggiungere, ma è un'attività finalizzata al miglioramento continuo delle proprie capacità fisiche e mentali. Il fitness è caratterizzato da un approccio dinamico e flessibile, che si adatta alle diverse esigenze e obiettivi personali. In questo contesto, la salute diventa un mezzo per raggiungere il fitness, ma non è più il fine ultimo. Secondo Bauman, questo passaggio dal valore salute al valore fitness è sintomatico della società liquida in cui viviamo. Nella società liquida, tutto è fluido, mutevole e precario. Le certezze e le stabilità del passato sono sostituite dall'incertezza e dalla precarietà del presente. In questo contesto, la salute diventa un obiettivo sempre più difficile da raggiungere e mantenere, mentre il fitness diventa un modo per adattarsi e sopravvivere in un mondo in costante cambiamento. Bauman sottolinea anche come il valore fitness sia spesso associato all'immagine corporea e all'apparenza esteriore. Nella società liquida, l'immagine diventa sempre più importante e influente, e il corpo diventa un oggetto da modellare e perfezionare. Questo porta a una cultura dell'ipercontrollo e dell'iperperformance, in cui il corpo diventa un progetto da realizzare e ottimizzare. In conclusione, il passaggio dal valore salute al valore fitness rappresenta un cambiamento significativo nella nostra società. Questo cambiamento è influenzato dalla precarietà e dall'incertezza del presente, dalla cultura dell'immagine e dall'ipercontrollo del corpo. Tuttavia, è importante ricordare che la salute è un diritto fondamentale e che il fitness non dovrebbe diventare un'ossessione o un'oppressione.

Il modello ideale, il quale, una volta raggiunto, giustificherà la fine degli sforzi, riguarda, quindi, una condizione imprevista, dettata dal desiderio del nuovo e dell'ignoto: rimanda, quindi, al concetto di rottura, discontinuità e differenza, rompendo, di conseguenza, l'armonia della vita e rendendola, come una collana di perle, distinta in tanti eventi unici.

Sembrerebbe che Bauman parli di tutto tranne che di diritto, ma così non è: basta sostituire la salute con il modo tradizionale di intendere l'attività di governo e il fitness con il nuovo concetto, cioè con la "governance": il primo ha dei precisi valori da tutelare nello svolgimento della pratica sociale, il secondo, invece, non ha un traguardo ben specifico da raggiungere.

IL TROPPO GRANDE ED IL TROPPO PICCOLO

Il mondo non è più a misura degli Stati: è troppo grande (quando si parla di universalizzazione dei mercati, o delle sfide ecologiche, o, ancora,

del terrorismointernazionale) e, allo stesso tempo, a volte, è troppo piccolo (quando si parla, invece, dirivendicazioni locali, appartenenze regionali, o, ancora, identità collettive).Parlando di "governance" inevitabilmente si parla di crisi, una crisi che, in definitiva, riguardala presa d'atto dell'impotenza della forma dello Stato. La "governance" è, appunto, iltentativo di rispondere a questa crisi, elaborando nuove forme di regolazione sociale ingrado di governare questo nuovo mondo, grande e piccolo allo stesso tempo. Il processo diglobalizzazione è stato seguito da quello di glocalizzazione, consistente nella rinascita dilocalismi di vario genere.A tal rpoposito è importante menzionare due documenti: l'"Our Global Neighbourhood" dellaCommissione sul Governo Globale ed il "Libro Bianco" della Commissione Europea. Entrambisottolineano come i governi statali siano impossibilitati nelrisponde alla crisi e propone come unica alternativa l'allargamento delle sfere di governo per tutti i processi e gli attori sociali potenzialmente interessati, non più solo e semplicemente gli Stati, dando loro la possibilità di scegliere gli obiettivi da raggiungere, selezionare i problemi da risolvere e formulare, di conseguenza, le politiche pubbliche: in altre parole, la soluzione è la partecipazione. Si avvia così un processo di dialogo e di continuo apprendimento tra tutte le componenti della società civile che prima erano solo dei semplici destinatari. 8) LA FUNZIONE DELLA DIREZIONE La "governance" non è sinonimo di governo e segnala indubbiamente uno scarto tra due diversi piani di immanenza: quello giuridico-politico, da un lato, che aveva il compito di istaurare l'ordine sociale all'interno di un territorio definito, e quello della glocalizzazione, cioè della "governance" dall'altro, checerca di mantenere aperta la comunicazione tra le diverse componenti del tessuto sociale. Solitamente si distingue il termine "governance" da "government" intendendo col primo l'attività del governare, con le sue modalità ed i suoi effetti, mentre col secondo la funzione di governo in sé. Ma si fa ciò dimenticando che dal greco "kybernan" si è passati al latino "gubernare", per poi giungere a "government" che deriva dal termine francese "gouvernement", che, a sua volta, deriva da un secondo termine inglese che è proprio "governance". La radice tematica è la stessa: "dirigere", "controllare", "pilotare" le singole coscienze. E' importante, a questo punto, menzionare il testo di un dirigente della Bell Telephone, Bernard, intitolato "Le funzioni del dirigente", dove si parla principalmente di organizzazione aziendale, ma, specificamente,

I singoli sistemi cooperativi; egli cerca di capire cosa spinge dei soggetti diversi a collaborare per la realizzazione degli scopi dell'organizzazione di cui fanno parte è la risposta sta nell'equilibrio tra i fini dell'organizzazione ed i movimenti personali dei singoli membri. Il buon dirigente è colui che conosce l'arte del sapere non decidere, oltre che quella del sapere decidere, colui che è in grado di comunicare, mediare, coordinare ed offrire motivazioni. L'autorità quindi è in funzione della soddisfazione dei movimenti individuali: le organizzazioni non sono macchine razionali che procedono secondo programmi prestabiliti perché sono ormai influenzate dai soggetti che le compongono e dall'ambiente circostante; non sono più rigorosamente gerarchizzate e, perciò, i singoli soggetti non sono più tenuti solo ad obbedire agli ordini e alle regole imposti dall'alto. Le imprese sono ora organismi

Strettamente dipendenti dal fattore umano e dall'armonia e dal dialogo che si istaurano fra questi. Bernard individua, perciò, le tre principali funzioni del buon dirigente:

  1. Assicurare un efficace sistema di comunicazione.
  2. Garantire un costante afflusso di risorse.
  3. Stabilire i fini dell'organizzazione stessa.

Ancora una volta, quindi, la parola chiave è partecipazione perché il funzionamento dell'intera impresa dipende strettamente dal consenso di tutti coloro che la compongono, un consenso che rimane tale fin quando l'ordine è compreso da tutti, non appare in contrasto con i fini dell'organizzazione, è compatibile con gli interessi delle persone cui è diretto ed è eseguibile.

9) TRA STATO E MERCATO

Nella seconda metà degli anni Settanta l'attenzione si sposta dal soggetto della direzione politica all'oggetto del controllo pubblico, cioè verso le dinamiche interne di regolamentazione della società.

dove si promuove la liberalizzazione dell'economia e la riduzione dell'intervento dello Stato. Questo approccio si basa sull'idea che il mercato, attraverso la concorrenza e l'autoregolamentazione, possa garantire una maggiore efficienza e prosperità. Tuttavia, questa visione ha mostrato dei limiti e delle criticità. Infatti, il mercato da solo non è in grado di garantire la giustizia sociale e l'equità. Si è quindi reso necessario un nuovo approccio che tenga conto delle esternalità negative generate dal mercato e che promuova una maggiore responsabilità sociale delle imprese. In questo contesto, si è sviluppato il concetto di sviluppo sostenibile, che cerca di conciliare gli obiettivi economici con quelli sociali e ambientali. Questo approccio promuove la creazione di valore condiviso, dove le imprese non solo perseguono il profitto, ma contribuiscono anche al benessere della società e alla tutela dell'ambiente. In conclusione, la governabilità si configura come un elemento chiave per garantire l'effettività della regolazione e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. È necessario un equilibrio tra il ruolo dello Stato e quello del mercato, con un'attenzione particolare alla partecipazione e al coinvolgimento dei membri dell'organizzazione e dei singoli contesti. Solo così si potrà costruire un futuro più equo, sostenibile e prospero.un'epoca di deregolamentazioni, privatizzazioni ed evoluzioni. Il privato, perciò, trionfa sul pubblico. Anche questo ricorrere al mercato, però, presenta le sue crepe, quali, ad esempio, la contraddizione tra i principi del mercato, da un lato, e la democrazia e l'esigenza di giustizia sociale, dall'altro. E' nuovamente necessario, quindi, un controllo politico, che altro non è che la "governance". Quest'ultima rappresenta, infatti, un soluzione al contrasto Stato-mercato, seppur una soluzione complessa, dato che non si tratta di scegliere l'uno o l'altro, bensì di riprendere i loro legami e le loro interconnessioni. Insomma, meno Stato, ma non per questo puro mercato; meno Stato, ma non meno governo. Il pubblico ed il privato, in definitiva, non sono più tra loro contrapposti, ma coordinati per il raggiungimento degli obiettivi di interesse generale e di un efficace governo, sia a livello locale, che nazionale, che

internazionale.10) LA TRASFORMAZIONE DEL DIRITTO

La perdita di centralità dello Stato implica una revisione non solo del concetto di governo, ma anche di altri, motivo per cui la sfida che la scienza giuridica oggi è chiamata a raccogliere sembra proprio quella di "inventare" nuovi concetti o, per lo meno, riarticolare quelli già esistenti. Basti pensare che nella "Dottrina pura del diritto" di Kelsen il diritto è inteso come ordinamento giuridico, cioè come insieme di norme riconducibili ad un'unità perché poste ed imposte da un unico potere sovrano, legittimo ed effettivo. Ordinamento giuridico e Stato sono, insomma, due facce della stessa medaglia: il sovrano per essere effettivo dev'essere unico e per essere unico deve detenere il monopolio delle fonti del diritto e queste devono essere tutte riconducibili ad un medesimo fondamento. Questo è il sistema che è, ormai, entrato in crisi.

il diritto di

cui si parla con la "governance", invece, non è altro che il mezzo utile per il mantenimento di quel processo comunicativo.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
7 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Montanari Bruno.