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Freud vede in Einstein un "amico dell'umanità"

Freud vede in Einstein un "amico dell'umanità", ovvero una persona che prende posizione per il bene di tutti, come dice Kant "colui che, nel partecipare ai destini concreti degli altri uomini, è mosso da un'idea".

Passioni fredde e passioni calde: Einstein afferma che ogni Stato deve rinunciare incondizionatamente a quote di violenza, a parte della sua libertà di azione e di sovranità, ed investirla in un'autorità legislativa e giudiziaria, capace di regolare e comporre tutti i conflitti fra gli stati (egli riprende le teorie di Kelsen). L'impossibilità di creare un tale organo soprannazionale è dovuta alle cosiddette passioni fredde e passioni calde, dove le prime riguardano gli interessi di coloro che, all'interno dello Stato, hanno interessi economici nella guerra (distribuzione di armi e strumenti militari) e che vedrebbero diminuire il loro dominio dalla riduzione del potere nazionale; le seconde,

invece, sono quelle capaci di trascinare le coscienze collettive fino a condizioni estreme di odio di massa. Coagulazione della violenza: Freud afferma che la violenza che porta all'uccisione del nemico, si ferma quando ci si rende conto dell'utilità del nemico stesso che, lasciato in vita, può essere ridotto in schiavitù, ma ciò genererà un circolo vizioso poiché esso vivrà di risentimento e quindi protrarrà la violenza. La lotta si interrompe solo per "coagulazione della violenza", l'umanità, infatti, ha sostituito alle continue guerricciole le grandi guerre, tanto più devastanti quanto meno frequenti. I popoli, inoltre, coagulano la loro violenza nelle mani di un sovrano che la rende legittima, pur essendo comunque violenza. La necessità della violenza: Ogni concezione pacifista della realtà si scontra con la necessità di usare, ad un certo livello, la violenza.

Tanto per costruire un'autorità centrale con potere decisionale vincolante, quanto per istituire una corte di giustizia che imponga i suoi verdetti in modo coercitivo. Ogni esperienza di tribunale internazionale per i crimini di guerra ha sistematicamente riproposto il problema della sua provvisorietà e della sua legittimità. Il paradosso del diritto consiste nel vietare di fare ciò che possiamo (= siamo in grado) di fare.

L'invidia: Nell'invidia si vuole stare al posto di un altro, ma non lo si vorrebbe se l'altro non ci fosse; se le cose le possediamo noi sono un valore, se le possiedono gli altri sono un disvalore (se le armi le possiede l'uno sono garanzia di sicurezza, ma se le possiede l'altro sono aggressività e ingiustizia). Questo ragionamento vale anche per il disarmo, si inizia a disarmare solo se e quando l'altro avrà disarmato, poiché si tende a pensare che quello dell'altro sia.

sarebbe necessario, pronti a ricorrere alla violenza per difendere i propri interessi.  Il pacifismo forte: Questo modello di pacifismo, rappresentato da Kant, si basa su principi moraliuniversali e afferma che la guerra è sempre ingiusta e immorale. Il pacifismo forte si oppone radicalmentealla guerra e sostiene che la violenza non può mai essere giustificata. Questo tipo di pacifismo è definitoforte, in quanto non accetta compromessi o eccezioni alla sua posizione.  Il pacifismo pragmatico: Questo modello di pacifismo si basa su considerazioni pragmatiche e utilitariste,e afferma che la guerra è dannosa e non conveniente per nessuna delle parti coinvolte. Il pacifismopragmatico sostiene che la pace è più vantaggiosa dal punto di vista economico, politico e sociale, e che larisoluzione dei conflitti attraverso la negoziazione e la diplomazia è sempre preferibile alla guerra.  Il pacifismo attivo: Questo modello di pacifismo si basa sull'azione diretta e concreta per promuovere lapace e prevenire i conflitti. Il pacifismo attivo si impegna attivamente nella promozione dei diritti umani, dellagiustizia sociale e della nonviolenza. Questo tipo di pacifismo si manifesta attraverso proteste, marce,scioperi e altre forme di azione collettiva per il cambiamento sociale.  Il pacifismo spirituale: Questo modello di pacifismo si basa su principi religiosi o spirituali e afferma che lapace è un valore sacro e universale. Il pacifismo spirituale si manifesta attraverso la preghiera, la meditazione,la ricerca interiore e la pratica della nonviolenza come espressione della propria fede o spiritualità.  Il pacifismo ecologico: Questo modello di pacifismo si basa sulla consapevolezza dell'interconnessione tra gliesseri umani e l'ambiente naturale. Il pacifismo ecologico sostiene che la pace non può essere raggiuntasenza un'attenzione e un rispetto per l'ambiente, e si impegna nella tutela dell'ecosistema e nella promozionedella sostenibilità ambientale come fondamentali per la pace nel mondo.

smettesse di credere in queste modalità tornerebbe la morte. Secondo Freud dobbiamofare i conti con la nostra violenza, non negarla, così riusciremo a comprendere e ridurre quelladegli altri.

L'Unione Europea: Una costituzione europea, che quindi riunifichi in sé le diverse nazioni, sarebbe pensabile solo davanti alla presenza di un "nemico comune" in quanto altrimenti sarebbe difficile riunire le diverse etnie e farle rinunziare alle loro quote di sovranità in favore di un apparato centrale. Il presupposto indispensabile per la legittimità dell'Unione europea è la tutela dei diritti fondamentali, che rappresentano anche la giustificazione della forma politica europea e il cui fine non sarà più, quindi, il potere. I diritti fondamentali accomunano, sono limiti del potere e contemporaneamente assicurano universalismo e uguaglianza.

La "teologia dell'identità": Tra un popolo ed il

Il suo Stato c'è una "teologia dell'identità", che diviene il nucleo di un immaginario io collettivo. Quando ci si rende conto che in Europa manca questa identità, ciò si giustifica dicendo che i tempi non sono maturi o che l'unica forma possibile di unificazione è quella economica, quella delle cosiddette passioni fredde degli interessi.

Il Giudice: È colui che ha il potere di governare il linguaggio e, ciò che dice, si presenta come la forma più esclusiva di potere-sapere; Blanchot, infatti, afferma che il diritto distribuisce in modo disuguale il potere delle parole. La validità della parola del giudice consiste nell'essere l'ultima parola, il sistema giudiziario moderno si vede chiamato a decidere su tutto con poteri spesso discrezionali e poco controllabili; gli aspetti principali di questa situazione sono sintetizzabili in: carattere onnivoro della giurisdizione, inflazione delle liti,

La ridondanza della cultura dei rimedi, il carattere monopolistico della giurisdizione e il rapporto confuso fra Stato, sfera pubblica e giurisdizione sono temi centrali nel fondamento giuridico di uno Stato democratico basato sul primato della legge. La legalità, intesa come un complesso di regole dell'azione e di valori, garantisce che i diritti enunciati siano fatti valere concretamente di fronte a un giudice.

Un problema fondamentale della giustizia è che spesso ci si concentra sulla ricerca dei rimedi, invece di indagare sulle cause che hanno generato il conflitto. La litigiosità, alla base dei conflitti, deriva da un sconfinato e malinconico desiderio di potere degli uomini, che non sopporta la concorrenza. Gli uomini si scontrano per competizione, diffidenza e gloria, e per limitare l'insorgere di tali passioni si costruiscono regole e giudici che siano il più possibile distanti dai contendenti e dai loro desideri.

L'euristica (= lo studio) della paura porta, infatti, alla scoperta di tracce che giustificano regole e convenzioni sulla base di paura e necessità, non sul benessere. Simmel osserva che, paradossalmente, in un conflitto quello che separa i 2 litiganti è anche ciò che li accomuna, essi infatti condividono la lite e tutto ciò che vi appartiene; il conflitto diverrà un sistema sociale a 3 quando arriva un terzo che, o dirige il conflitto stesso, o decide di porsi come nemico o alleato.

Conflitto e dissidio: La differenza fra conflitto e dissidio consiste nel fatto che il dissidio non ha terreno comune, divide soltanto, le 2 parti possono coesistere solo a patto di schivarsi ed ignorarsi, in quanto sono incompatibili. Ogni resistenza o rivolta deve trasformarsi in tolleranza, o in contatto, o in sottomissione, per evitare l'incompatibilità tipica del dissidio, ed è a questo fine che si è resa irrilevante l'inosservanza.

del diritto, per imporre dall'alto un'appartenenza comune.
  1. Paranoia: Simmel parla di una "complicità rivale" fra i 2 confliggenti, infatti fra loro si crea una sorta di dipendenza doppia e reciproca, c'è una definizione dello spazio d'azione grazie alla rivalità "fissata", fra loro c'è paranoia (= fissazione), poiché si vive in funzione dell'altro, abbandonando ogni strategia. Schmitt spiega che ognuno pone l'altro al di fuori del diritto in nome del diritto, ed ognuno nega all'altro il diritto di resistenza in nome dello stesso diritto di resistenza (processo definito dall'antropologia dell'invidia). Essi possono vincere o perdere, ma per ognuna delle 2 opzioni hanno bisogno dell'altro (è questa la loro dipendenza reciproca).
  2. Liti e cultura: Non si litiga per natura, ma per cultura, vi sono infatti fattori strumentali che portano alla lite. Eckhoff
ipotizza che in culture religiose a carattere conciliativo, come il confucianesimo, si credesse in un disvalore del litigio, che viene ritenuto quasi un peccato e che le norme vanno interiorizzate, quindi, "ad andare dal giudice si perde la faccia". Il divieto del non liquet: Nella legalità moderna sul giudice vige il divieto del non liquet, ovvero l'obbligo di prendere in ogni caso una decisione sui conflitti per evitare che l'infinità delle liti ricada sul sistema sociale; il giudice ha, quindi, il compito di prendere decisioni sulla base di decisioni. Oggi il sistema giudiziario non è più in grado di decidere su ogni conflitto, c'è quindi bisogno di nuove soluzioni; paradossalmente al giudice si chiede di non svolgere il suo ruolo, ma di conciliare, mediare, di pacificare senza decidere, quando lui dovrebbe fare l'opposto. Il "terzo": Per risolvere le liti si deve trovare un "terzo" chesopra delle parti in conflitto e decide quale delle due parti ha ragione, il conciliatore ha il compito di pacificare le due parti e conciliarle. L'arbitro, invece, è una parte imparziale nominata dalle due parti in conflitto per scelta comune e quindi è equidistante da entrambe, basando la sua decisione non solo sulle norme statuali. Il mediatore si trova nel mezzo tra due estremi e mira a riattivare la comunicazione tra le due parti confondendosi con esse, a differenza del giudice che si estranea da esse, perdendo così la sua neutralità. Il carcere diventa il luogo di destinazione dei criminali, risultato di una procedura ipocrita di "archiviazione" del problema. Ogni crimine dipende dalla sua sentenza e viceversa, il carcere diventa il luogo di separazione che ogni sistema deve costruire per potersi auto-osservare e regolare. Mentre il nemico è colui che è posto al di sopra delle parti in conflitto e decide quale delle due parti ha ragione, il carcere diventa il luogo di separazione che ogni sistema deve costruire per potersi auto-osservare e regolare.fuori di alcuni confini (+ o meno immaginari)giustificati da una qualche necessità imposta, il criminale è il "nemico interno", colui che trasgredisce le regole interne, che si colloca sulla linea di confine fra un dentro e un fuori. Hegel
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
6 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Resta Eligio.