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Non c'è dubbio: Marco Polo was in China.
Il libro
Quale Milione? La questione testuale e le principali edizioni moderne del libro di
Marco Polo
In quale veste linguistica bisogna leggere il Milione? Come si è svolta la sua trasmissione?
Su quale manoscritto o su quali manoscritti si deve fondare un'edizione moderna del
Milione? A questi interrogativi hanno cercato di rispondere gli studiosi del grande libro
poliano,dal primo tentativo di Giovan Battista Ramusio nel primo 500 fino ai contributi più
recenti. La tradizione manoscritta del Milione è piuttosto complessa,riflesso di una rapida e
ampia diffusione dell'opera in lingue e paesi diversi. La perdita dell'originale o comunque
di una copia diretta,l'avanzato stato di degrado del testo in tutti i testimoni pervenutici,la
varietà delle redazioni hanno a lungo rappresentato un ostacolo nei tentativi di
ricostruzione del libro di Marco.
Nella storia delle edizioni poliane un sostanziale progresso venne dalla pubblicazione,nel
1824,a cura di Roux de Rochelle per la Societè de Gèographie,del ms. fr. 1116 della
Biblioteca nazionale di Francia,conosciuto oggi con la sigla F e contenente la redazione
franco-italiana. Questo lavoro,pur non esente da errori,rivelò ai marcopolisti l'importanza di
F e rafforzò l'idea che una ricostituzione del testo poliano dovesse fondarsi sul confronto e
sulla ricomposizione di materiali provenienti da testimoni diversi .
Un passo in tal senso fu rappresentata dalle edizioni di Pauthier nel 1865 che si procurò
un'edizione della versione trecentesca in buon francese,fondata su tre manoscritti della
Biblioteca nazionale di Francia,con l'aggiunta di alcuni capitoli finali tratti da F; e dalla
famosa edizione del colonnello Yule nel 1871 che traduceva sostanzialmente in inglese il
testo stampato da Pauthier,arricchito di altri passi desunti da F e di alcuni brani della
redazione ramusiana riportati tra parentesi.
Una svolta decisiva si ebbe però solo quando nel 1928 uscì la grande edizione del Milione
realizzata da Luigi Foscolo Benedetto: nella monumentale Introduzione posta in apertura
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del volume,lo studioso italiano diede la prima accurata recensio di tutta la tradizione del
2 Essa è basata sull'individuazione delle fonti,sulla raccolta dei testimoni,e su un confronto basato su alcune semplici
regole come la recensere sine interpretatione, ossia un procedimento meccanico di confronto,sulla norma
prudenziale recentiores non deteriores, ovvero il fatto che un testimone cronologicamente tardo non è
necessariamente meno affidabile di uno più antico e infine l' eliminatio codicum descriptorum,cioè l'eliminazione
dei testimoni che in quanto descripti non sono altro che copie di quelli di cui siamo già in possesso. Fatto ciò si
individuano le relazioni tra i testimoni valutate in base alla presenza o meno di errori congiuntivi: "La connessione
fra due testimoni (B e C) contro un terzo (A) viene dimostrata per mezzo di un errore comune ai testimoni B e C, che
sia di tal natura, che secondo ogni probabilità B e C non possano essere caduti in questo errore indipendentemente
l'uno dall'altro".
testo poliano e studiò a fondo le diverse redazioni.
A lungo si era pensato che F rappresentasse la stesura originaria,ma il testo,sottoposto ad
uno studio rigoroso,si rivelava già molto corrotto e lacunoso: quel manoscritto doveva
pertanto essere stato preceduto da esemplari più corretti e più completi. Il testo franco-
italiano del codice di Parigi non poteva assolutamente coincidere con l'originale e non
rappresentava neppure una copia vicina ed equivalente alla stesura primitiva. Questa tesi
era confermata anche dal fatto che Ramusio,il quale aveva dato un'edizione italiana del
libro di Marco,uscita postuma nel 1559 a Venezia e fondata sulla traduzione latina del
Milione dovuta a fra' Pipino,aveva introdotto nel suo testo passi supplementari mancanti in
F,e possibilmente risalenti al testo poliano primitivo. L'attendibilità di questa stampa fu a
lungo messa in dubbio e il processo di rivalutazione del testo di Ramusio comincio a fine
700 e termino nel 1818 con la traduzione inglese di William Marsden. Sull'esempio dello
studioso britannico ,il conte Baldelli Boni pubblicò nel 1827 a Firenze Il Milione di messer
Marco Polo viniziano secondo la lezione ramusiana,illustrato e commentato. Dunque
l'individuazione delle fonti di Ramusio si poneva come punto nodale della questione
poliana e come obiettivo primario di ogni nuova ricerca.
Ecco allora i risultati della ricerca di Benedetto. I manoscritti si dividono in due gruppi,A e
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B,i cui archetipi derivano da uno stesso apografo O1,già corrotto,dell'originale perduto O.
Il gruppo A è rappresentato da F,unico testimone che conservi la lingua originaria
dell'opera,e da tre grandi famiglie risalenti a tre codici franco-italiani perduti,vicini a F,ma
indipendenti da esso: F ,F ,F . Su F fu condotta la versione trecentesca in buon
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francese,FG;su F fu eseguita la più antica riduzione toscana TA; su F si modellò una
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traduzione veneto-emiliana VA. Analizzando il testo di Ramusio sullo sfondo di questa
tradizione manoscritta,Benedetto riuscì a scomporlo nei suoi elementi e a individuare le
fonti. Alla base,come abbiamo detto,c'è la traduzione latina di Pipino,appartenente alla
famiglia A in quanto riflesso di VA; ma le novità di R (Ramusio) vengono da quattro
redazioni che rappresentano uno stadio più conservativo del libro di Marco e che formano
insieme il gruppo B. Parliamo della versione latina Z,una traduzione veneta alquanto
scorretta V,un compendio latino L e un rimaneggiamento veneziano VB. Questi testi
presuppongono dei prototipi franco-italiani perduti uguali nella sostanza e nella forma a
F,ma più ricchi in qualche punto. E' comunque la redazione Z quella che ha fornito a R gli
apporti di gran lunga più importanti,cioè i frammenti ignoti a tutti gli altri testimoni,e una
sua copia che fu fatta eseguire a Padova nel 1795 dall'abate di Toaldo,fu poi trovata da
Benedetto alla Biblioteca Ambrosiana di Milano.
Lo studioso cercò così di rintracciare il codice zeladiano,che tramanda appunto la
redazione Z,ma i suoi tentativi non portarono a nulla.
(In realtà il manoscritto si trovava ancora indisturbato all'Archivio Capitolare di Toledo,dove
fu infatti ritrovato nella primavera del 1932,dallo studioso Herriot. In un articolo del 1937
egli fornì dei dettagli sul rinvenimento e si disse pronto a preparare un'edizione critica del
testo)
Tuttavia Benedetto dovette accontentarsi di utilizzare la copia settecentesca di cui
disponeva,che fu pertanto ribattezzata Z (la sigla era suggerita dal nome del cardinale
Zelada,il più illustre tra i possessori del codice ritenuto disperso). La copia toaldiana
conservava più di duecento passi privi di riscontro in F,presenti invece in R con
corrispondenza quasi letterale. Poichè Ramusio non aveva utilizzato un codice uguale a Z
(lo escludono la maggiore esattezza di certe sue lezioni e la ricchezza di sviluppi laddove
Z è lacunoso o errato),Benedetto ne dedusse che l'editore cinquecentesco aveva utilizzato
un esemplare più fedele all'archetipo. Questo testimone perduto,Z1 nella classificazione di
Benedetto,non poteva essere altro che il famoso codice Ghisi,cioè il manoscritto di
meravigliosa antichità di cui Ramusio si vantava di essersi valso. Si delinea così
3 Ipotizzato perduto,copia diretta di un altro manoscritto da cui si ritiene derivino tutti gli altri testimoni in nostro
possesso.
4 Copia diretta dell'originale o di un altro testimone.
l'esistenza di un gruppo Z,di cui Benedetto ha ricostruito la fisionomia: all'origine c'è un
esemplare franco-italiano,su cui è stata condotta una traduzione in latino,Z°; dal prototipo
di quella versione dipende un numero x di derivati,di cui solo due sono a noi noti,Z cioè la
copia zeladiana e Z1 la copia di cui si avvalse Ramusio. Una prova decisiva a conferma di
questa tesi è basata su un testo relativo a San Tommaso (testo ripreso anche da Marco)
contenuto nel leggendario del frate domenicano Pietro Calo di Chioggia,a sua volta
imperniato su un testo che apparteneva con tutta evidenza al sottogruppo Z. Si osserva
però che il numero di capitoli forniti da questo leggendario corrispondono a quelli del testo
tramandato da F,il che dimostra che sono esistite delle copie di Z con la stessa
numerazione della redazione franco-italiana.
Soffermiamoci ora su Z: esso era non solo più esatto di F,il che lo capiamo dalla migliore
conservazione dei nomi di persona e luogo,ma in molti punti era anche
contenutisticamente più copioso. Questo vantaggio di Z su F però non riguarda l'intero
testo; la versione latina tràdita da Z è fortemente abbreviata nella parte iniziale,il proemio è
infatti ridotto a poche righe,interi capitoli sono saltati e altri tagliati. Tuttavia a partire dal
capitolo relativo alla città di Singiu il testo di F si ritrova fedelmente e integralmente
tradotto da Z,coi preziosa addenda di cui si è parlato. Inoltre anche le lacune della parte
iniziale sono giustificate dall'estensore di Z adducendo ragioni di brevità,che però
contrastano con la meticolosa fedeltà della versione a partire da un certo momento.
Secondo Benedetto si può pensare ad una doppia mentalità di un copista che messosi a
lavoro col proposito di limitarsi ad una scelta,fu a poco a poco conquistato dal libro,al
punto di non saperne più sacrificare nemmeno una parola.
Ma si può formulare ancora un'altra ipotesi,forse più plausibile. Una delle copie che
precedettero Z può essere stata trascritta da due copisti distinti: il primo intenzionato ad
operare dei tagli,il secondo votato alla rigorosa fedeltà. Si spiegherebbe così perchè la
traduzione latina originaria abbia subito due trattamenti diversi.
Tra la fine degli anni Venti e l'inizio del decennio successivo il grande orientalista Paul
Pellior e Moule,esperto conoscitore del Cristianesimo d'Asia,decisero di congiungerei loro
sforzi per pubblicare una nuova edizione commentata del libro di Marco Polo. Essi misero
allora sulle tracce del manoscritto toledano un loro illustre e influente collaboratore,Sir
Percival David,e questi nel 1932 localizzò il codice zeladiano e nel 1933 se ne fece fare
una riproduzione fotografica. Moule potè così preparare una trascrizione di Z che uscì nel
1938 come secondo volume dell'edizione Moulle & Pelliot di Marco Polo.
Veniamo ora alle altre redazioni appartenenti al gruppo B: V e L hanno in comune con Z
numerose novità e conver