Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
FONETICA
Per capire come funzionano i suoni vocalici nelle lingue romanze, bisogna partire dal sistema vocalico latino. Il latino aveva 10 vocali: ī ĭ ē ĕ ā ă ō ŏ ū ŭ. Il latino non usava accenti tonici perché le vocali latine distinguevano per la quantità vocalica, cioè per una pronuncia allungata della vocale: questo significa che una vocale lunga veniva pronunciata leggermente prolungata rispetto alla vocale corrispondente breve.
In latino quest'alternanza aveva una funzione fonologica, cioè riusciva a marcare anche una differenza di significato tra parole omografe (es. ŏs = osso e ōs = bocca; mălum = male e mālum = mela; ĕsse = essere e ēsse = mangiare). Si tratta evidentemente di un sistema molto difficile da conservare perché si radicava male in territori latinizzati dove i parlanti locali non parlavano lingue con la quantità vocalica; di fatto la crisi dell'alternanza della quantità vocalica comincia proprio.
In quei territori mentre persiste quasi inalterata nella norma letteraria scritta, soprattutto in poesia, dato che la poesia latina è una poesia metrica, che non usa rime o schemi metrici, ma appunto la quantità vocalica, un'alternanza di vocali lunghe e brevi che creava una specie di andamento musicale del verso che oggi non si riesce più a ricostruire (anche perché pare che alle vocali lunghe corrispondesse un innalzamento di timbro, per cui diventava più una cantilena musicale). Già nel sec. IV Agostino osserva che "le orecchie degli africani non colgono l'abbreviazione o l'allungamento delle vocali", quindi già in quell'epoca il sistema quantitativo era andato in crisi. Quando il sistema entra in crisi, non percependosi più la differenza, il primo esito è una riduzione/semplificazione del sistema vocalico per cui si ha il livellamento della quantità vocalica e la riduzione delle
opposizioni auna sola vocale: ne deriva un sistema di vocali toniche tutte chiuse, che è il sistema vocalico più antico, sopravvissuto soltanto nel sardo e in una zona dell'Italia meridionale detta zona Lausberg, una fascia di territorio che si estende tra la Calabria settentrionale, la Basilicata, fino al golfo di Taranto. Probabilmente già a questo punto in latino si iniziavano a differenziare i timbri vocalici, aperto e chiuso; sulla base di quello che è successo nel vocalismo romanze, la prima tendenza fu quella di dare un timbro aperto alle vocali brevi e un timbro chiuso alle vocali lunghe. In un sistema antico e non attestato ma solo ipotizzato e ricostruito a partire dagli esiti romanzi, probabilmente si è avuta la seguente evoluzione: ī (aperta; simile all'inglese "bit"), ĭ i (chiusa) ĕ e aperta, ē e chiusa, ā e ă a (senza differenziazione timbrica), ŭ u (aperta, fonema non pervenuto, forse).simile alla pronuncia di "fun"), ū u (chiusa), ōɔ→o, ŏ. Questo sistema sarà stato alla base del sistema vocalico del cosiddetto romanzo occidentale, un sistema a 7 vocali che comprende l'italiano e i dialetti italiani, il francese, i dialetti galloitalici, il provenzale, il castigliano e il portoghese, eccezione fatta per sardo, siciliano (che ha un sistema a 5 vocali soltanto con vocali aperte) e balcanoromanzo. Quindi in totale gli esiti vocalici delle vocali toniche latine sono 4: uno è quello del sardo, uno del siciliano, uno del balcanoromanzo e uno, più esteso, del romanzo occidentale. [...] Nelle lingue del gruppo romanzo occidentale da una ŭ latina viene fuori una o chiusa (ex. lat. gŭla it. gola); in realtà all'interno del gruppo ci sarà una ulteriore evoluzione delle vocali mediane nell'area galloromanza (il francese è la varietà più evolutiva). Secondo l'ipotesipiù verosimile, questo sistemavocalico è un’evoluzione del sistema più arcaico non attestato, in cui proprio la difficoltà nel distinguere il timbro di una i aperta e di una e chiusa e quello di ? ha fatto sì che convergessero in 2 soli suoni, una e chiusa e una o chiusa; l’innovazione è verosimilmente partita proprio dal cuore della latinità, da Roma ed alla Campania.
Rispetto ai sistemi del sardo e quello romanzo occidentale, gli altri 2 sistemi attualmente attivi corrispondono probabilmente a una fase più avanzata. Il sistema del balcanoromanzo o romanzo orientale(= romeno, dalmatico e varietà minori della costa adriatica) è un sistema misto a 6 vocali: per le vocali anteriori è stata accolto l’esito del modello del romanzo occidentale, quindi c’è distinzione tra e chiusa e aperta, mentre nelle vocali posteriori si rispecchia il modello del sardo. Si tende a vedere in
questa situazione una scansione cronologica del cambiamento: per le vocali anteriori il modello sarebbe partito dall'Italia e arrivato in Romania, senza però fare in tempo a cambiare anche le posteriori, mentre la parte di vocali posteriori resta quella più arcaica attestata dal sardo. Invece il sistema del siciliano (= Sicilia, bassa Calabria e Salento) è un sistema molto semplificato a 5 vocali: per le anteriori e posteriori di timbro più scuro si ha la chiusura in un'unica vocale. Si tendeva fino a poco tempo fa a pensare che il siciliano rappresentasse un esito a sé stante, mentre ora lo si considera ora come derivazione ulteriore del romanzo occidentale, in cui la e chiusa è stata ulteriormente chiusa e alzata in una i, così come la o chiusa è stata ulteriormente chiusa in u. A partire dallo studio dei sistemi vocalici si può capire meglio come funziona la legge fonetica dei neogrammatici: infatti la fonetica
è l’ambito in cui meglio si può verificare la regolarità e la necessità delcambiamento linguistico, quel che i neogrammatici chiamano legge fonetica, e le eccezioni (apparenti) aquesta legge. Una di queste è l’esito della a tonica latina in sillaba aperta in francese. In generale nellelingue romanze non c’è distinzione di timbro tra a breve e a lunga, ma in francese abbiamo un esitodiversificato in determinati contesti fonetici ( di conseguenza non è una vera e propria eccezione, mal’intervento di altre situazioni, di un contesto fonetico diverso, che fa sì che in certe condizioni non siverifichi un esito aspettato). Per il francese quando la a tonica latina si trova in sillaba chiusa ha un regolareesito in a, invece in sillaba libera/aperta ha esiti diversi a seconda del contesto fonetico (esiti condizionati).1. a[ ha esito “ai” quando è seguita da consonante nasale (ex. lat, manum fr.
- Contesto fonetico determinato da una consonante + /j/ (= semivocale/semiconsonante che il latino non conosceva): ne è un esempio il lat. famĭlia, che avrebbe dovuto avere come esito regolare del romanzo occidentale una e chiusa, quindi famè(g)lia, come si ha in molti dialetti meridionali; il fiorentino, da una fase più antica in cui era uniformato agli altri dialetti, ha poi innalzato ulteriormente (e chiuso) il suono verso una i ( affinità solo di ritorno col latino)
- Contesto fonetico determinato dalla presenza di una nasale + occlusiva velare: è il caso del lat. lingua, il cui esito regolare sarebbe dovuto essere lèngua (come nei dialetti meridionali, in provenzale e in spagnolo), ma che a seguito dell'anafonesi in fiorentino è diventato lingua. Ne è un esempio anche il lat. pugnum, il cui esito regolare
Che le vocali mediane anteriori e posteriori di suono aperto (è e ò) producono dittongazione quando la vocale in questione si trova in sillaba libera o aperta. Va però osservata la particolarità del castigliano, in parole latine come fĕrrum, fĕsta, pŏrta, mŏrtem, le vocali si trovano in sillaba chiusa, per cui la vocale è implicata dalla consonante, motivo per cui le altre lingue romanze non dittongano. Invece il castigliano presenta dittongo anche nel contesto di una sillaba chiusa. Inoltre il francese è toccato da un’ulteriore fenomeno di dittongazione che ha coinvolto le vocali chiuse e che riguarda un’area molto più ristretta, cioè francese, retoromanzo e dialetti italiani settentrionali (ex. pĭlum, tĕlam, vĕrum, flŏrem, gŭlam); si tratta di una fase cronologicamente successiva a quella che ha interessato tutte le lingue romanze. Già nel sec. XII “èi” passa alla pronuncia “oi”.
forse perché il suono delle "e" era avvertito come molto chiuso; "oi" era però pronunciato "ue" nell'antico francese per tutto il medioevo e poi è passato a "ua", la pronuncia attuale, probabil