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COSA CHE HA DIMENTICATO DI DIRE LA VOLTA SCORSA:
Margherita è una grande scrittrice: è autrice di molte opere in versi, soprattutto ispirate alla sua fede
religiosa, anche se queste opere non ci permettono di assegnarla al partito protestante o cattolico; la
sua grande opera è incompiuta e, se fosse stata compiuta, sarebbe stata una sorte di Decameron
francese, sul modello di Boccaccio = 100 novelle per 10 giorni raccontate da 10 personaggi radunati
in un santuario per rifugiarsi da un’inondazione); Margherita muore nel 1549, lasciandola incompiuta
(cornice + 72 novelle). Nel 1558-59 escono due edizioni dell’opera e gli editori la intitolano
Heptaméron (7 giorni). Queste novelle sono un po’ più castigate di quelle boccacciane, anche se
comunque alcune sono piuttosto spinte. C’è alternanza tra novelle avventurose, erotiche (ma non
troppo), …
Altri scrittori del periodo sono: Agrippa D’Aubigny (il maggiore scrittore protestante), che era
compagno di giochi da bambino del futuro Enrico IV e diventa il suo braccio destro, fino a quando
il re si converte al cattolicesimo, perché resta protestante; Jean De Sponde, poeta protestante, che si
è convertito al cattolicesimo probabilmente a causa della conversione di Enrico IV; all’inizio del
secolo c’è Maurice Scève. FINE DELLE COSE CHE HA DIMENTICATO
Il ruolo dei poemetti agiografici nel costituirsi delle canzoni di gesta: la letteratura agiografica è
costituita dalle vite dei santi, che sono all’origini della letteratura francese di Nord e Sud della
Francia. Esiste un gruppo di testi di carattere agiografico per lo più provenienti da varie aree
monastiche galloromanze: dai monasteri si producono questi testi in volgare, in cui il santo (spesso
un martire) presenta caratteristiche che saranno tipiche dell’eroe epico; anche nella confezione della
vicenda e nello stile ci sono numerose analogie con l’epica:
• Si attua la lotta tra Bene e Male: lo scontro assume i contorni di un’opposizione decisiva (come
nelle canzoni di gesta) e ha il carattere di uno scontro epico;
• Nelle vite dei santi è inoltre quasi assente la caratterizzazione psicologica dei personaggi, perché
contano le loro virtù e il modo in cui vivono o si fanno uccidere per la fede (anche nelle canzoni di
gesta è così, perché c’è piuttosto una caratterizzazione psicologica delle motivazioni di certi
comportamenti > Rolando ad esempio non ha una caratterizzazione psicologica definita, è solo l’eroe
tutto d’un pezzo, che nel momento di morire è preoccupato solo di stendersi al suolo con il volto
verso il nemico a indicare che non ha nessuna tentazione di fuga; non perdona le vanterie dei
saraceni: ad esempio oltre ai Dodici Pari di Carlo, ci sono anche i Dodici Pari saraceni, che prima dello
scontro si vantano della loro superiorità)
• Nelle vite dei santi inoltre sono presenti espressioni formulari, che spesso sono le stesse usate
nelle canzoni epiche.
Queste vite dei santi risalgono al IX-X-XI sec e sono quindi anteriori alle più antiche canzoni di gesta a
noi pervenute, le quali risalgono al massimo alla fine dell’XI sec. Il problema sollevato dalla
letteratura agiografica è quello del rapporto istituibile con l’epica: con i poemetti agiografici si tratta
di componimenti preesistenti alle prime forme di epopea e quindi quest’ultima può in parte essersi
ispirata ad essi, oppure essi possono avere imitato un modello epico anteriore non giunto fino a noi
(perché sarebbe stato un modello orale), del quale possiamo immaginare l’esistenza. La soluzione
però non è semplice perché nel Medioevo ci sono stretti rapporti tra la cultura clericale e la società
laica, che era fornita di cultura clericale.
I poemetti agiografici di cui parliamo sono quasi tutti in lingua d’oil. Il primo testo che viene ritenuto
in scritto in francese sono i Giuramenti di Strasburgo (842); il testo successivo è la Sequenza di
Santa Eulalia (880 circa): è il primo testo letterario della letteratura francese (i Giuramenti non erano
un testo letterario: erano scritti in uno stile diplomatico ed erano all’interno di un’opera in latino
scritta da Nitardo; l’autore afferma di aver riportato fedelmente ciò che ha sentito, cioè il giuramento
di fedeltà tra Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico: Carlo giura in lingua germanica per farsi capire
dai soldati di Ludovico e Ludovico giura in francese per farsi capire dai soldati di Carlo). Lo studioso
italiano D’Arco Silvio Avalle, studiando la Santa Eulalia, scopre la musica che doveva guidare quel
testo, grazie all’andamento ritmico dei versi > il genere musicale a
cui l’opera appartiene è il genere della sequenza, o addirittura la “da capo sequenza” (da cui il nome
dell’opera). La distanza linguistica tra i Giuramenti e questo testo è straordinaria.
Primi versi dell’opera: “Eulalia era una brava ragazza, bello era il corpo e più bella ancora l’anima
[…] e perciò fu presentata a Massimiano, che era re in quei tempi”.
La lingua del Medioevo francese in generale e della Canzone di Rolando in particolare è più
facilmente comprensibile per un italiano di oggi di quanto non lo sia per un francese di oggi, per i
cambiamenti dall’antico francese al francese moderno (l’antico francese era più vicino al latino, che
è vicino all’italiano).
Santa Eulalia è una santa spagnola dei primi secoli (all’inizio del poema si parla del re Massimiano =
uno degli ultimi imperatori di Roma): l’imperatore ha notizia delle sue virtù cristiane e la cosa lo
infastidisce; cerca di convincerla a tornare al paganesimo ma Eulalia rifiuta e muore vergine e
martire. Prima del martirio vero e proprio, come avviene quasi sempre nelle vite dei santi, c’è un
segno evidente della predilezione che Dio ha riversato sul di lei, un miracolo: Massimiano vorrebbe
metterla al rogo ma per miracolo Eulalia non soffre per il fuoco (il suo fuoco interiore è più forte del
fuoco vero e proprio). Massimiano potrebbe convertirsi perché ha assistito a un miracolo, ma non lo
fa, ed Eulalia accetta serenamente la morte per decapitazione e la sua anima vola in cielo in forma di
colomba. Il testo è brevissimo: 28 versi + mezzo verso finale. I versi non sono proprio ottosillabi ma
lo schema fondamentale segue quello dell’ottosillabo.
Una martire spagnola è oggetto della prima poesia della letteratura francese perché a un certo punto
la chiesa cattolica decide di celebrare Eulalia e imposta una serie di manifestazioni religiose in suo
onore: le sue reliquie vengono trasportate all’estremità nord-orientale della Francia e nel percorso si
celebravano messe e riti celebratici.
Il testo è dell’880 perché le reliquie partono dalla Spagna nell’878 e ci mettono probabilmente un
paio d’anni per arrivare nel Nord della Francia. Nel manoscritto che ospita la poesia è contenuta
anche una celebrazione di Eulalia in versi latini, che non ha carattere narrativo ma di esaltazione
delle virtù della santa (sul recto della pagina); sull’altro lato (verso) ci sono i 28 versi in francesi.
Del X sec c’è un’altra vita di santi, dedicata a Saint Léger (San Leodegario): anche la sua vita ha un
modello latino.
La Passione di Gesù è un altro testo del X sec: è contenuto nel manoscritto della vita di San
Leodegario. Il testo è detto Passione di Clermònt Ferrant (luogo dove è stata ritrovata).
Ci sono infine da ricordare 3 poemetti dell’XI sec (i primi due sono scritti in lingua d’oc e sono scritti
in lasse, cioè l’unità metrica tipica dell’epica):
1. Frammento del Boeci, che narra la vita del filosofo Boezio: è stato ucciso ma non si può davvero
definire come martire. Era cristiano ma non è stato santificato dalla chiesa; è sepolto nella Chiese di
San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia. Boezio è autore di vari trattatelli filosofici e la opera principale è il De
Consolatione Philosophiae (scritta in carcere mentre era inattesa della condanna a morte per
tradimento) > Boezio racconta che gli appare la Filosofia, per consolarlo del suo destino e dargli degli
insegnamenti, come filosofo ma anche come uomo che sta affrontando una prova.
2. Canzone di Santa Fede di Agen, che è simile alla santa Eulalia anche se più lunga: c’è il martirio di
una ragazza vissuta ad Agen (vicino a Bordeaux).
3. Vita di Sant’Alessio: è il primo testo francese apprezzabile dal punto di vista narrativo e narra della
vita di un santo, che, se è esistito, è vissuto in Oriente, ma il poemetto è ambientato a Roma; è
conservata in 8 codici (è il testo più diffuso).
Filologia romanza 1/12
Primi testi della letteratura occitanica e oitanica.
I primi testi volgari sono stati recuperati in area occitanica e anche nelle limitrofe aree pittavina (del
Poitou) e franco-provenzale. Nell'arco di pochi decenni, a partire dal X secolo, appaiono in queste
aree dei brevi frammenti che avevano l'intenzione di sottrarre il testo alla trasmissione orale ma non
aspiravano a elaborare un linguaggio scritto funzionale o opere perfettamente strutturate (sono
soltanto frammenti che non sono giunti a noi in quanto tali -opere più complesse delle quali
possediamo frammenti- ma veloci annotazioni). Questi frammenti sono relegati nei margini dei
manoscritti oppure inseriti all'interno degli stessi entro spazi casualmente disponibili.
Primo testo - Le formule magico-terapeutiche di Clermont Ferrand
Questi due testi appartengono alla Seconda metà del X secolo, si tratta di due formule di
incantesimo trascritte sui margini della carta 89 verso di un manoscritto conservato nella Biblioteca
municipale e universitaria di Clermont Ferrand.
Prima formula: "Così come un pesce se si spezza una pinna nell'acqua proprio per il fatto che ciò è
avvenuto nell'acqua la pinna si rinsalda così se uno si sloga una mano e la deposita a lungo nella
stessa acqua ugualmente questa mano si rinsalderà".
Seconda formula: "Una donna gonfia può essere guarita da questo gonfiore percuotendola con un
pezzo di legno nel quale sia piantato un chiodo".
Secondo testo - Passione di Augsburg
Datata all'ultimo terzo del X secolo. È un testo di recente reperimento, scoperto nel 1977 nella
località di Augsburg, pubblicato nel 1981. Si tratta di 5/6 righe a stampa nelle quali non si capisce
quasi niente.
"Nella croce lo appesero..." (racconto della Passione di Cristo, probabilmente).
Terzo testo - Passione di Clermon