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Nel 1913 Bèdier torno nuovamente sulla questione dei Lai de l’Ombre: riesaminò nuovamente
la tradizione provando a descrivere altri due stemmi. Intanto negli ultimi decenni si erano
moltiplicate le edizioni condotte applicando il metodo Lachmann. Risultava di fatto che le
traduzioni dei testi, come filologi le ricostruivano, c'erano sempre a due bravi. Una
percentuale del più alta di tradizioni tripartite veniva invece prospettata da quei critici che
arrestavano il loro lavoro alla costruzione dello stemma, dunque senza misurarsi nella
costituzione del testo.
Bèdier prospetta un altro metodo di pubblicare scientificamente i testi, che a tutt’oggi
costituisce l’alternativa fondamentale al metodo di Lachmann.
La sostanza del suo metodo: dopo aver analizzato a fondo la tradizione ed avere
eventualmente fatto delle ipotesi sui rapporti di derivazione dei testimoni, sta a loro stabilire
quale di essi debba essere scelto a fondamento della propria edizione, quello che Bèdier
chiama il bon manuscrit, Fatto salvo il diritto a integrarlo o a correggerlo al confronto di altri
testimoni dove si accettasse la presenza di errori.
Il metodo Lachmann, secondo Bèdier, era insomma praticabile fino al momento della
costituzione dello stemma: poi era necessario prendere la strada del “buon manoscritto”. Un
metodo, come quello di Lachmann, che era nato per rendere “scientifico” il processo di
ricostruzione dei testi, veniva nelle parole di Bèdier accusato del suo opposto:
“È il caso di convenire con gli antichi umanisti che non si dispone che di un solo strumento: il gusto.
Così, il metodo di edizione più raccomandabile potrebbe essere quello che presuppone un
atteggiamento di prudenza di estremo conservatorismo.”
2.2. Giorgio Pasquali Il francese Henri Quentin, editore della Genesi latina, correggeva
invece Lachmann proponendo una modalità più complessa, fondata sulle varianti e non sugli
errori, per arrivare alla costituzione dello stemma.
Una difesa e nello stesso tempo una revisione del metodo di Lachmann venivano dal tedesco
Paul Mass. In realtà quello che nel precedente capitolo abbiamo descritto come metodo di
Lachmann tiene conto anche delle correzioni suggerite da Mass: La necessità di affidarsi nella
costruzione dello stemma agli errori-‐guida (cioè, significativi) e non a tutti gli errori, come
fino a quel momento si era fatto.Si deve a Mass la definizione dei tre momenti fondamentali
che caratterizzano l’operato del filologo: la
recensio, l’examinatio e l’emendatio.
Il testo di Mass fu recensito da Giorgio Pasquali. Egli non demoliva il metodo di Lachmann ma
correggeva la meccanicità con un forte richiamo a considerare le caratteristiche reali delle
singole tradizioni. La sua dottrina non invitava a rinunciare al metodo, ma ad applicarlo senza
rigidità, con la flessibilità e l’empiricità che le caratteristiche di ogni caso richiedevano. Non si
poteva secondo Pasquali, giungere ad una persuasiva ricostruzione testuale senza studiare a
fondo la storia della tradizione.
La qualità dell’esercizio critico dipendeva in altri termini anche dalle informazioni che si
riusciva a raccogliere intorno ad un manoscritto.
2.3. Michele Barbi Nell’ambito specifico della filologia italiana lo studioso più
rappresentativo della prima metà del novecento è stato Michele Barbi.
Del metodo di Lachmann Barbi avvertiva come altri l’insufficienza, ma riteneva anche che non
si poteva disconoscere una procedura che in molti casi riusciva a dare risultati soddisfacenti, o
addirittura ottimi. Di fatto ogni caso era un caso a sé, dunque non esistevano metodi buoni o
metodi meno buoni in generale. L’importante era avvicinare il testo con università,
mettendosi al suo servizio, muniti delle competenze necessarie di tipo letterario, linguistico,
storico che vi permettessero la piena comprensione.
La preoccupazioni di introdurre elementi di soggettività non aveva di conseguenza
fondamento se chi lavorava sul testo aveva capacità sufficienti. Non è della critica in sé che
bisognava aver paura ma della cattiva critica.
Questo punto di vista resta a rafforzamento dei migliori risultati che si ottengono nell'ambito
degli studi filologici italiani.
Tutti, per lo meno in Italia, riconoscono gli imprescindibilità della procedura lachmanniana,
ma è anche viva la sensibilità che, quando è possibile, è preferibile prendere a fondamento del
resto un testimone ho una famiglia di testimoni specifici.
2.4. Osservazioni conclusive Non ci sono metodi di critica testuale buoni a tutti gli usi.
La critica testuale è un’attività creativa, nella quale però nessun elemento può essere
inventato. La capacità del critico consiste nell’organizzare i dati di cui dispone; considerarli
non isolatamente ma come sistema. Il criterio di probabilità è la vera stella polare
nell’esercizio della critica tes