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Farmacologia - i farmaci della cardiopatia ischemica Pag. 1
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FARMACI DELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA

Gli scopi della terapia farmacologica sono:

  • Attenuare o prevenire l'ischemia e i conseguenti sintomi, tramite una serie di metodi che migliorino l'apporto di sangue ai tessuti attraverso la vasodilatazione
  • Trattare la malattia aterosclerotica
  • Prevenire le complicanze, soprattutto l'infarto e la morte improvvisa

I farmaci utilizzati in caso di cardiopatia ischemica sono i nitroderivati, i calcioantagonisti, i beta bloccanti e gli ACE inibitori, mentre nel trattamento delle sindromi coronariche acute si utilizzano gli anticoagulanti, i trombolitici e gli antiaggreganti.

Nitroderivati:

I composti attualmente utilizzati sono:

  • Nitroglicerina
  • Isosorbide dinitrato
  • Isosorbide mononitrato
  • Pentaeritrile tetranitrato
  • Tenitramina

I nitroderivati ridistribuiscono il flusso coronarico e sono quindi efficaci vasodilatatori. Questi effetti si traducono a livello cardiaco nella riduzione del riempimento ventricolare.

nella diminuzione del consumo di ossigeno da parte del miocardio. Il problema principale di questa terapia è la veloce comparsa di tolleranza, forse causata dall'ossidazione dei gruppi SH delle proteine vascolari. Per mantenere l'efficacia della terapia bisogna somministrare i farmaci a intervalli, in modo da ripristinare la risposta. Ma in questo caso si ha la possibilità che si presenti un'angina da rimbalzo, quindi si somministrano dosi di acetilcisteina, la quale contrasta la comparsa della tolleranza. Per quanto riguarda la farmacocinetica, i nitrati vengono velocemente inattivati nel fegato ad opera di una reduttasi e ciò spiega la loro bassa biodisponibilità per via orale. Quando occorre raggiungere rapidamente livelli ematici elevati, si usa la via sublinguale (nitroglicerina e isosorbide), mentre se occorre prolungare la durata d'azione si usa la via orale o quella transdermica tramite cerotti a rilascio controllato. Sulla base dellanitroderivati a breve durata, come la nitroglicerina e l'isosorbide dinitrato, hanno un'azione rapida ma di breve durata. Sono spesso utilizzati per il trattamento dell'angina pectoris acuta. I nitroderivati ad azione protratta, come quelli somministrati per via orale o transdermica, hanno un'azione più prolungata nel tempo. Sono spesso utilizzati per la profilassi dell'angina pectoris e nell'insufficienza coronarica. I nitroderivati a lunga durata possono essere associati con successo ad altri farmaci come i beta bloccanti. Questa combinazione può fornire un miglior controllo dei sintomi e una maggiore protezione del cuore. In generale, i nitroderivati sono farmaci ben tollerati, ma possono causare effetti collaterali come cefalea, vampate di calore, ipotensione, tachicardia e alitosi. In casi gravi, dosi tossiche di nitroderivati possono portare al collasso cardiocircolatorio. I nitroderivati sono controindicati nell'angina provocata da miocardiopatia ostruttiva e in altre condizioni specifiche. I beta bloccanti, invece, hanno effetti benefici nelle patologie ischemiche come l'angina pectoris. Riducono il lavoro cardiaco, il consumo di ossigeno da parte del miocardio e la velocità di contrazione delle fibre miocardiche. Questi effetti contribuiscono a migliorare la perfusione del cuore e a ridurre i sintomi dell'angina.

betabloccanti vengono usati nella terapia dell'insufficienza coronarica, della cardiopatia ischemica e nella profilassi dell'angina pectoris. Possono essere associati ai nitroderivati per via orale o endovenosa, ma non vanno mai associati con i calcioantagonisti. La terapia con betabloccanti deve essere iniziata il più presto possibile dopo l'infarto e va continuata almeno per tre mesi, se non per anni. La lunga durata della terapia va calcolata bene, al fine di evitare fenomeni di rimbalzo in seguito alla cessazione della terapia. I betabloccanti ad azione ultrabreve (esmololo, flestololo) sono stati proposti per la cura dell'infarto in fase acuta.

Calcioantagonisti: Rappresentano uno strumento fondamentale nella cura della cardiopatia ischemica e per la protezione del miocardio. Questi farmaci agiscono o accentuando la protezione verso gli ateromi, o migliorando la protezione sulla cellula, oppure ancora migliorando l'effetto vascolare. Gli effetti benefici dei

calcioantagonisti sono dovuti soprattutto a questi meccanismi:

  • EFFETTO ANTIANGINOSO DIRETTO: riducono il passaggio di Ca++ attraverso la membrana a livello del miocardio con un conseguente minor apporto di ossigeno e una ridotta contrattilità
  • EFFETTO DILATATORE CORONARICO: risolvono lo spasmo coronario
  • EFFETTO EMODINAMICO: dilatano sia arterie che vene riducendo il precarico cardiaco, di conseguenza c'è anche una riduzione del postcarico.

Sono farmaci molto utili perché all'interruzione della cura non causano l'accentuarsi dei sintomi come i beta bloccanti e vengono consigliati sia nella cura dell'angina sia nella dell'infarto.

Tra i calcioantagonisti solo la nifedipina può essere associata a beta bloccanti, a differenza del diltiazem e del verapamil.

2ACE inibitori:

Un altro importante gruppo di farmaci sono gli ACE inibitori (captopril, enalapril, lisinopril, quinapril, ramipril, ecc.).

Gli ACE inibitori aumentano

L'apporto di sangue a livello coronarico, in quei soggetti in cui questo è ridotto da una vasocostrizione, e diminuiscono il consumo di ossigeno da parte del miocardio.

Inoltre sono molto importanti nel trattamento dell'IMA, riducendo l'area necrotica diminuendo le resistenze periferiche e aumentano l'apporto di ossigeno al miocardio leso grazie alla vasodilatazione coronarica.

Infine si ritiene che siano molto utili nel trattamento postinfartuale.

Anticoagulanti:

L'eparina somministrato come anticoagulante, è capace di ridurre dell'80% l'incidenza del reinfarto nel periodo intraospedaliero.

L'eparina consente di controllare la formazione di trombina e tramite questa, l'aggregazione piastrinica, senza interferire con le normali funzioni coagulative e quindi senza rischio di emorragie.

L'eparina a basso peso molecolare è meno eterogenea di quella normale e sembra utile nella prevenzione dell'infarto.

L'irudina,

invece, proteina prodotto dalla saliva delle sanguisughe, è un potente inibitore specifico della trombina e i suoi vantaggi rispetto all'eparina, sono che è in grado di inibire anche la trombina legata al trombo. Ha un'emivita breve (circa 36 minuti). Sia in caso di sospensione dell'irudina che dell'eparina, si nota una significativa attivazione trombinica (rebound). Trombolitici: I più importanti sono: streptochinasi, urochinasi, alteplasi, reteplasi e tenecteplasi. Essi attivano il plasminogeno in plasmina, la quale ha la funzione di lisare i trombi. Il trattamento deve essere iniziato il più rapidamente possibile dopo l'infarto e sono somministrabili per via endovenosa o per via intracoronarica, inducendo una ricanalizzazione nel 70-100% dei casi entro 40 minuti dall'infarto. Siccome possono creare problemi di aritmia, è opportuno un trattamento preventivo con lidocaina o verapamil. Il rischio maggiore è rappresentato

Dalle complicanze emorragiche, in questi casi la loro azione può essere contrastata dagli inibitori della plasmina (acido tranexamico).

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Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
4 pagine
SSD Scienze mediche MED/45 Scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher wallacekr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Farmacologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Catanzaro - Magna Grecia o del prof Gallelli Luca.