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A NATURA DEI SEGNALI

Thomas Sebeok è il pioniere della zoosemiotica, studio semiotico dei sistemi di comunicazione

animale che ha come obiettivo di descrivere i linguaggi animali.

Le analisi zoosemiotiche si interessano degli esperimenti di comunicazione interspecifica in cui

alcuni ricercatori hanno tentato di insegnare a scimpanzé linguaggio articolato e lingua americana

dei segni. Queste ricerche hanno stimolato l’interesse gli zoosemiotici, in quanto il paradigma di

ricerca della semiotica applicata agli animali prevedeva l’analisi dell’uso di segni da parte degli

animali.

I tentativi di insegnare la lingua articolata alle scimmie antropomorfe sono stati del tutto

fallimentari.

Ancora oggi è possibile assistere a interpretazioni semiotiche delle capacità comunicative e

cognitive in generale degli animali non umani, che sfruttano i dati evoluzionisti per dimostrare

l’incomparabilità tra semiosi umana e animale.

La comparazione è utile per raccogliere informazioni su capacità conoscitive, sociali e mentali

degli animali non umani all’interno dell’ambiente in cui costruisce le sue relazioni.

Gli animali non umani vengono considerati come esseri biologicamente determinati, in grado di

le proprie costrizioni innate tramite l’apprendimento, e

modificare in una misura specie-variabile

sensibili alle variazioni dell’ambiente ecologico in cui vivono. Gli animali si orientano e

interagiscono gli oggetti presenti nel mondo e sono capaci di costruire una rappresentazione di

esso tramite la sollecitazione degli organi recettoriali, diversi da specie a specie.

Il modo in cui gli animali non umano rappresentano il mondo è un tema caro alla filosofia della

mente, ma gli etologi non chiedono un’opzione filosofica: si tratta di una condizione metodologica

per garantire l’eliminazione di ogni forma di interpretazione volontaristica dei comportamenti.

I segnali comunicativi degli animali non umani assumono un significato specifico a seconda

dello stimolo che li ha prodotti.

Gli stimoli chiave utilizzati nei rapporti intraspecifici vengono definiti Releaser. I releaser sono

presenti in manifestazioni la cui funzione è provocare una risposta nel partner o nella prole. In

è vantaggiosa sia per l’emittente che per il destinatario, in quanto

questo caso la comunicazione

implica un reciproco scambio di informazioni utili per entrambi.

E’ interessante notare come per l’etologia gli stimoli utilizzati nella comunicazione intraspecifica

sono molto vistosi e innescano risposte comportamentali stereotipate e ritualizzate.

I moduli di corteggiamento, sono un chiaro esempio di risposta a stimoli releaser.

Gli etologia classici hanno avanzato una definizione di comunicazione come trasmissione di

segnali che forniscono un vantaggio adattivo per almeno uno dei membri coinvolti nel processo.

A livello interspecifico, gli studi etologici rintracciano una tipologia di produzione intenzionale di

‘’collaborativo’’ tra

segnali comunicativi: stimoli rilascianti interspecifici che hanno un obiettivo

specie che condividono lo stesso Habitat.

Il comportamento ritualizzato è amplificato, esagerato e stereotipizzato e selezionati dagli

individui riceventi come indicatori di attendibilità del segnale, reali indicatori della ‘’verità’’ del

segnale, utilizzati durante l’accoppiamento, lotta per il territorio o per le femmine del gruppo.

Qualsiasi segnale comunicativo animale è interpretato come uno stimolo prodotto per migliorare la

fitness complessiva.

Ad esempio lo Stotting della gazzella nei confronti del lupo è un segnale di forza e possanza

muscolare. Si fa notare esplicitamente dal lupo per evidenziare come una lotta sarebbe

svantaggiosa per entrambi in termini di risorse.

Zahavi, nella sua teoria, definisce questo segnale come un sistema cooperativo: ogni attività di

segnalazione coinvolge un segnalatore e un ricevente.

I segnali sono adattativi e vantaggiosi per entrambi gli individui coinvolti nell’interazione: per

questo subiscono una selezione positiva.

solo messaggi attendibili: se l’emittente produce un segnale credibile,

Vengono quindi selezioni

questo provoca la reazione voluta nel ricevente che modificherà il suo comportamento

selezionando così il segnale credibile.

I segnali nella teoria di Zahavi provengono da un processo evolutivo: da aspetti che non erano

segnali dall’inizio. L’esempio tipicamente riportare è quello della coda del pavone: i pavoni più

grandi con una coda lunga possono gestire meglio direzione e stabilità dei movimenti aerei. Le

femmine che preferivano accoppiarsi con i pavoni di dimensioni maggiori per migliorare la propria

fitness, li selezionavano in base alla lunghezza della coda.

Secondo Zahavi, man mano che le femmine preferivano i maschi con la coda più lunga, i

maschi traevano un vantaggio riproduttivo dal fatto di possedere una cosa dalle dimensioni al di

sopra di quelle ottimali. I maschi del pavone hanno superato la lunghezza ottimale della coda

perché questo garantiva loro il vantaggio di essere scelti.

Il segnale si sgancia dal valore funzionale: i pavoni in grado di trascinare un fardello pesante

che gli impedisce i movimenti repentini sono anche quelli che possiedono una corporatura

maggiore e una maggiore attrattività sessuale.

Zahavi è convinto che la teoria sulla selezione e funzione dei segnali comunicativi possa dare

spiegazioni di molti comportamenti, soprattutto sociali, facendo emergere dai margini degli studi

etologici la comunicazione interspecifica, indicando nella relazione tra preda e predatore uno dei

momenti evolutivamente più importanti di selezione dei tratti morfo-funzionali.

C 2. S ,

APITOLO ELEZIONE DI GRUPPO PARENTALE E INDIVIDUALE

L’obiettivo dell’etologia era di raccogliere informazioni sui comportamenti animali non per

confrontarli con quelli umani, ma per descrivere e catalogare le tipologie comportamentali tipiche di

ogni specie.

Il metodo d’indagine consisteva nell’applicare ai comportamenti degli animali e delle persone

quei metodi divenuti d’uso corrente e naturale negli altri campi della biologia dopo Darwin e

formulare gli interrogativi secondo questo criterio.

Gli etologi hanno cercato di rintracciare nella relazione tra componente innata (comportamenti

stenotipici, che compaiono durante lo sviluppo dell’animale senza necessità di apprendimento,

caratterizzati da stereotipizzazione e rigidità di esecuzione, connessi al DNA) e componente

appresa del comportamento (comportamenti euritopici, appresi e flessibili) la caratterizzazione

comportamentale delle specie animali da un lato e la possibile correlazione con altri

comportamenti presenti in altre specie animali imparentati o meno filogeneticamente.

Per comprendere un comportamento, secondo Tinbergen, è necessario porsi quattro domande:

- Domande sullo sviluppo ontogenetico

- Domande funzionali

- Domande filogenetiche

- Domande meccanicistico-fisiologiche

Nelle prime analisi etologiche si dava per scontato che un comportamento o una funzione, se

presenti, doveva esserci una motivazione adattativa, un vantaggio dunque.

Zahavi descrive questa tendenza: ‘’le teorie sviluppate in quel periodo per spiegare il significato

adattativo di quel comportamento non miravano alla spiegazione finale del perché quel

comportamento dovesse funzionare in quel modo. Spesso ci si riferiva alle cause prossime del

comportamento’’.

Le osservazioni sperimentali dei comportamenti animali venivano condotto con lo scopo di

spiegarne le ragioni immediate.

Il modello di spiegazione usato per i comportamenti sociali è quello della ‘’selezione di gruppo’’,

se comporta benefici all’intero gruppo.

secondo cui una funzione è adattativa

Secondo l’etologia classica la comunicazione intraspecifica doveva essere adattativa e

attendibile: i segnali venivano selezione per produrre informazioni chiare in modo che l’intero

gruppo potesse beneficiarne.

La selezione di gruppo contravveniva, però, a uno dei criteri fondamentali della teoria

darwiniana: il bersaglio della selezione naturale non è il gruppo o la specie, ma il singolo individuo

con le sue caratteristiche fenotipiche, biologiche e i suoi comportamenti.

Quest’ipotesi, di Wynne-Edwards, ha aperto un dibattito: secondo alcuni etologi la selezione

naturale può agire a livello di gruppo (group selection) mentre altri, sostengono che quest’ipotesi è

incoerente dimostrano che molti comportamenti ‘’pro-sociali’’ in realtà hanno risvolti vantaggiosi

per il singolo individuo e che è un modello ‘’solidaristico’’ non è rintracciabile. La selezione naturale

agirebbe così sull’individuo ‘’approfittatore’’.

La difficoltà di definire in maniera univoca le caratteristiche della comunicazione animale

dipende dalla vastità delle manifestazioni comunicative. I criteri definitori di un atto comunicativo

animale oscillano sempre tra presenza/assenza di volontarietà della trasmissione, di vantaggi per il

ricevente e vantaggi per il mittente.

Ad essere accettato da tutte le definizioni di atto comunicativo è che questo induce un

cambiamento nel comportamento del ricevente. Questo aspetto ha spostato l’interesse proprio

sull’interpretazione della reazione del ricevente, piuttosto che sul significato del messaggio del

mittente.

2.1. Q UANDO COMUNICARE UN HANDICAP È UTILE PER SOPRAVVIVERE

Secondo Zahavi, la maggioranza delle teorie sulla comunicazione animale è viziata da un

errore di fondo: considerare gli atti sociali dal punto di vista del ricevente.

La tesi fondamentale di Zahavi è che una comunicazione animale è definibile tale se i soggetti

presentano un interesse comune. Questo assunto vale in misura maggiore per le comunicazioni

tra specie differenti.

Secondo Zahavi le comunicazioni interspecifiche sono finalizzate alla realizzazione di un

principio evolutivo: l’economizzazione degli sforzi. Bisogna quindi focalizzarsi sul significato del

messaggio trasmesso dall’emittente: l’atto comunicativo è un atto di cooperazione tra emittente e

ricevente, entrambi segnalano un interesse comune.

Ad esempio, le modalità di predazione dei Garruli ci fanno notare come i rapaci hanno successo

solo quando colgono di sorpresa i garruli. Un rapace ‘’segnalato’’ dall’intero gruppi dei garruli non

ha nessuna speranza di riuscire a predarli. La segnalazione dei garruli è un vantaggio sia per il

rapace, che può cambiare zona di caccia, sia per i garruli stessi che evitano un attacco a sorpresa.

Il vantaggio comune è dunque l’economizza

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Publisher
A.A. 2014-2015
12 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/05 Filosofia e teoria dei linguaggi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MFallout di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del linguaggio e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Pennisi Antonino.