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La modalità gestuale, però, non scompare. I gesti sono parte integrante della comunicazione degli

adulti e co-occorrono con il linguaggio parlato. Il linguaggio è un sistema di gesto+parola. Gesto e

parola sono due facce dello stesso processo comunicativo. Ma nel corso dell’evoluzione del linguaggio,

gestualità e parlato si sono evolute di pari passo? Secondo alcuni (gesture-first, tra cui Corballis), il gesto si

è evoluto per primo (si comunicava inizialmente solo con il medium visivo); secondo altri (tra cui Adornetti),

gesto e parola si sono evoluti insieme (sono “equiprimordiali”).

2.1 - Le teorie gesture-first

•• Già de Condillac aveva capito che il linguaggio abbia avuto un’origine gestuale. Da espressioni senza

pensiero, i gesti e le vocalizzazioni diventano gradualmente segni comunicativi codificati fino a diventare

linguaggio in senso proprio. Nel 1866 ci fu il divieto della Société de Linguistique di Parigi di indagare

l’origine del linguaggio, trasformando questo tema in un tabù. Nel 1973 Hewes scrive sull’origine gestuale

del linguaggio dopo aver capito che insegnare una lingua vocale agli scimpanzé non avrebbe portato ad

alcun risultato. Secondo Stokoe la lingua dei segni delle persone sorde è un potente strumento

comunicativo, al pari dei sistemi vocali.

•• Evidenze neuroscientifiche - vocalizzazioni vincolate: le grandi scimmie usano i gesti in modo molto più

flessibile rispetto alle vocalizzazioni, quindi in modo comunicativamente più efficace. Le vocalizzazioni nelle

scimmie sono determinate geneticamente, quindi fissate dalla nascita e non sottoposte a forme di

apprendimento. L’ampiezza del repertorio vocale dei primati è quindi molto limitata. In più, le scimmie

hanno un tratto vocale che non permette la produzione di una grande varietà di suoni. In più, le scimmie

non riescono a controllare completamente e volontariamente i segnali emessi: le produzioni vocali delle

scimmie sono legate ai loro stati emotivi. Senza emozione, non producono suoni. Esistono due sistemi

neurali che regolano il comportamento vocale: un sistema subcorticale, molto antico e comune alle

scimmie e agli umani, e un sistema neocorticale, di più recente formazione, ma sempre in comune con

scimmie ed esseri umani. Se il primo sistema subisce danni, nessuno (scimmia o umano) è in grado di

parlare (si diventa muti). Se il secondo subisce danni, gli umani non riescono a comunicare, mentre le

scimmie, sebbene con paralisi di bocca, lingua e labbra, continuano a emettere richiami. Dunque, nei

primati non umani e in sapiens le basi neurali delle vocalizzazioni sono differenti: solo negli umani il

sistema neocorticale si è sviluppato per il controllo volontario dei muscoli di corde vocali, lingua, labbra,

mandibola e laringe.

•• La comunicazione gestuale nelle grandi scimmie: le scimmie comunicano non solo con vocalizzi e

richiami, ma anche attraverso espressioni facciali, gesti manuali e posture corporee. Le vocalizzazioni sono

involontarie espressioni di emozioni, mentre i gesti manuali sono prodotti intenzionalmente dagli animali,

perché sotto il controllo delle regioni corticali del cervello; sono quindi segnali creati volontariamente per

influenzare il comportamento di uno specifico destinatario. I segnali sono intenzionali perché hanno un

obiettivo specifico e lo si raggiunge con perseveranza e flessibilità da parte degli animali. Infatti, la

perseveranza comunicativa è uno degli indicatori più evidenti del carattere intenzionale della produzione

gestuale delle grandi scimmie. Se il ricevente non modifica il proprio comportamento, l’emittente continua a

produrre il gesto ripetutamente oppure sostituendolo con un gesto alternativo (ripetizione o elaborazione).

C’è flessibilità se gesti con differenti significati vengono usati per il raggiungimento di uno stesso fine. Uno

stesso gesto può comunicare intenzioni del tutto diverse secondo il contesto in cui viene prodotto. La

produzione dei gesti da parte delle scimmie è fatta anche tenendo conto dello stato attentavo del ricevente

(i gesti solo visivi si fanno quando il ricevente presta attenzione, mentre i gesti tattili e uditivi vengono

prodotti per attirare l’attenzione del ricevente che non sta guardando verso l’emittente). Tutte le scimmie

sono in grado di additare un oggetto che non riescono a raggiungere affinché qualcuno lo prenda e lo dia a

loro (additamento referenziale). La comprensione condivisa dell’additamento gestuale mostra l’esistenza

tra gli scimpanzé di una forma primordiale di comunicazione referenziale. Ma come sono stati acquisiti i

gesti? Alcuni geneticamente (gorilla che si batte i pugni sul petto), mentre la maggior parte sono il frutto di

un apprendimento. Le grandi scimmie inventano e acquisiscono nuovi segnali che vengono poi integrati nel

repertorio gestuale del gruppo. Insomma, a differenza delle vocalizzazioni, gran parte del repertorio

gestuale delle antropomorfe viene appreso individualmente e usato in modo intenzionale e

flessibile. I gesti sono prodotti e indirizzati verso un determinato individuo. Secondo Tomasello è la

comunicazione gestuale delle grandi scimmie ad avere in comune con la comunicazione umana diversi

aspetti fondamentali, come l’uso intenzionale e flessibile. L’antenato comune a umani e scimpanzé era

quindi più predisposto allo sviluppo di un sistema comunicativo gestuale piuttosto che sonoro.

2.2 - La comunicazione gestuale negli ominidi

•• Secondo Corballis il linguaggio umano si è sviluppato soprattutto tramite i gesti manuali e facciali a

partire da 2mln di anni fa, con la comparsa dei primi esemplari di Homo. La comunicazione intenzionale

sarebbe nata sfruttando i sistemi di comprensione delle azioni manuali presenti nei nostri antenati, poi

raffinatisi durante l’evoluzione umana. Alla base di questa ipotesi vi è la scoperta dei neuroni specchio

(scoperta casuale all’Università di Parma negli anni Novanta con esperimenti sui macachi). Questi neuroni

sono associati con l’azione dell’afferrare (grasping) e sono definiti “specchio” perché permettono un

rispecchiamento tra la percezione e l’azione. Si attivano infatti sia quando la scimmie fa un movimento

intenzionale con le mani, sia quando la scimmia osserva qualcuno che compie un movimento intenzionale.

La scoperta dei neuroni specchio costituisce una prova a sostegno dell’origine gestuale del

linguaggio. I neuroni specchio permettono al soggetto di comprendere (implicitamente) le azioni fatte da

altri individui proiettandole su azioni che il soggetto stesso è in grado di compiere. I neuroni specchio

permettono il riconoscimento e la comprensione degli atti motori perché simulano l’azione osservata

rappresentandola. Con la simulazione dell’azione motoria osservata, il soggetto esegue internamento lo

schema motorio dell’azione e subito comprende il fine per il quale l’azione è stata eseguita. in questo modo

i neuroni specchio trasformano l’informazione visiva in conoscenza. I neuroni specchio sono importanti per

il linguaggio perché sono stati scoperti nell’area F5 della corteccia premotoria dei macachi, omologa

all’area di Broca umana, che svolge un ruolo centrale sia nelle funzioni legate agli aspetti della produzione-

comprensione del linguaggio, sia in funzioni motorie più generali, come il controllo dei movimenti complessi

delle mani. Insomma: l’area di Broca nasce originariamente come area deputata alla comprensione

delle azioni manuali legate al grasping. Dunque, i neuroni specchio hanno creato una piattaforma per

l’origine e l’evoluzione del linguaggio favorendo lo sviluppo di un sistema comunicativo fondato prima sulla

gestualità, a cui poi si è affiancata la vocalità (gradualmente assimilata dall’area di Broca). Secondo

Corballis, il sistema specchio per il grasping è stato fondamentale per lo sviluppo della

“mimesis” (pantomima), cioè della capacità di mimare, di riprodurre in modo intenzionale, azioni ed eventi

del mondo esterno. Questa capacità si è evoluta a partire da Homo ergaster-erectus. Nei macachi il

sistema specchio per il grasping risponde solo agli atti transitivi (solo alle situazioni in cui l’animale cerca di

raggiungere un oggetto effettivamente presente), mentre negli umani si attiva anche in risposta agli atti

intransitivi (come gli atti di mimesi, cioè in riferimento a situazioni in cui non è presente l’oggetto verso cui il

movimento è diretto). La mimesi è intrinsecamente comunicativa perché induce l’osservatore a pensare

azioni, eventi e oggetti distanti dal qui e ora. Le azioni di mimesi attivano aree del cervello generalmente

ritenute specifiche per il linguaggio. Ma come si è passati dalla mimesi iconica al linguaggio umano che è

arbitrario? Secondo Corballis i gesti hanno gradualmente perso iconicità con il processo di

convenzionalizzazione. La convenzionalizzazione rende la comunicazione più efficiente (rapida e ricca,

facendo evitare le incomprensioni). Con la convenzionalizzazione, il linguaggio perde il suo aspetto

mimetico e non è più limitato alla modalità visiva. Secondo Airbib una volta associata una vocalizzazione a

un gesto, il gesto può venire meno lasciando spazio al simbolo orale.

•• Dalla mano alla bocca: l’area F5, che regola le azioni manuali dei macachi si è evoluta nell’area di Broca

umana, connessa alla produzione-comprensione del linguaggio. Quindi, le vocalizzazioni sono state

gradualmente incorporate nel sistema specchio. Ci sono dei collegamenti tra mano e bocca, soprattutto

nell’afferrare gli oggetti. La prima fase del passaggio dai gesti al parlato coincide con un maggiore

coinvolgimento della faccia nella comunicazione. La seconda e decisiva fase è data dall’incorporazione

delle vocalizzazioni nel sistema specchio. È la teoria motoria della percezione del parlato di Lieberman (e

Corballis): percepire suoni è percepire “gesti”: gesti sono anche i movimenti non visibili dell’apparato

fonatorio. I suoni vengono compresi non a come vengono percepiti acusticamente, ma a come vengono

articolati visivamente. Secondo questa teoria la percezione del linguaggio articolata è una funzione

naturale e propria del sistema specchio. Esistono dei neuroni specchio “audiomotori” che si attivano al

suono che accompagna una azione. Secondo questa teoria, il passaggio dalla mano alla bocca è concepito

come una transizione dai gesti manuali che gradualmente sono stati soppiantati dai gesti articolatori.

Secondo Corballis, il linguaggio si è evoluto come un sistema gestuale basato sui movimenti di mani,

braccia, volto, compresi labbra, bocca e lingua. Si sono re

Dettagli
A.A. 2015-2016
10 pagine
7 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/05 Filosofia e teoria dei linguaggi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher simone.scacchetti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del linguaggio e della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Ferretti Francesco.