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Russell si chiede come possono gli esseri umani (che vivono una vita limitata) avere una conoscenza così
ampia. Secondo Platone (con l’esperimento mentale contenuto nel Menone, in cui Socrate dimostra che un
giovane schiavo senza istruzione conosce i principi della geometria conducendolo alla scoperta di alcuni
teoremi) la conoscenza è in realtà una memoria precedente che viene risvegliata nella mente. Oggi
possiamo dire che certi aspetti della nostra conoscenza e della nostra comprensione sono innati, fanno
cioè parte del nostro patrimonio biologico. Hume, empirico, invece parla di “una specie di istinto”. Come
spiegare l’aspetto “creativo” del linguaggio? Cioè: come spieghiamo ciò che diciamo e perché diciamo una
certa cosa? Secondo Cartesio il linguaggio non conosce limiti, è apparentemente libero da stimoli esterni o
interni, è coerente e appropriato alle situazioni, evoca nell’ascoltatore dei pensieri che potrebbero essere
stati espressi da lui in un modo analogo nella stessa situazione. In sintesi: in un discorso si producono
continuamente nuove forme linguistiche, non casuali in quanto si adattano alla situazione che li ha evocati
pur senza averli causati. Per questo, l’uso normale del linguaggio è libero e non determinato, pur essendo
appropriato alle situazioni (e viene riconosciuto come appropriato anche dai partecipanti alla situazione).
Secondo Cartesio l’aspetto creativo del linguaggio dà la prova che un altro organismo che assomiglia al
nostro possiede una mente simile alla nostra. Secondo Cartesio e i cartesiani, l’uomo si distingue dagli
animali perché gli animali sono delle macchine, che si comportano in maniera determinata (obbligata),
mentre l’uomo non è obbligato ad agire in un certo modo. Certo, è incitato e invogliato a comportarsi in un
certo modo, ma sostanzialmente è libero di “non obbedire” a questa “direttiva naturale/istintuale”. Quando
si parla della mente, si parla, a un certo livello di astrazione, di meccanismi fisici del cervello ancora ignoti
(come quando in passato si parlava di nozioni fisiche senza sapere se avessero “realtà fisica”; si
procedeva insomma alla cieca, a livello astratto). Nello studio del linguaggio si procede in modo astratto e
si spera di essere in grado di comprendere il modo in cui le entità costruite a questo livello astratto e le loro
proprietà e i principi che le regolano possano essere spiegati nei termini di proprietà del cervello.
Sulle domande 1 e 3, possiamo dire che parlare e comprendere un linguaggio vuol dire avere una capacità
di tipo pratico (come andare in bici). Conoscere significa avere una certa capacità e una certa abilità. Le
capacità e le abilità sono riducibili alle abitudini e alle predisposizioni. Il linguaggio è quindi un sistema di
abitudini o un sistema di predisposizioni che si comporta in un certo modo in base alle condizioni. L’aspetto
creativo dell’uso del linguaggio quindi si spiega considerando la produzione di nuove forme linguistiche non
ex novo, ma “per analogia” con quelle già sentite. Comunque, non è possibile che la conoscenza coincida
con la capacità. Infatti, se pensiamo a due persone che condividono esattamente la stessa conoscenza di
una determinata lingua, queste differiranno di molto nella loro capacità nell’uso del linguaggio. Quindi, due
persone che condividono la stessa conoscenza saranno inclini a dire cose del tutto diverse in un certo
contesto. In più, la capacità di usare il linguaggio può migliorare (o peggiorare) indipendentemente
dall’acquisizione di nuove conoscenze (o dalla perdita di conoscenze precedentemente acquisite). Se una
persona X a seguito di un trauma cranico perdesse la capacità di parlare italiano, X potrebbe recuperarla
perché ciò che è stato mantenuto è il sistema della conoscenza, un sistema cognitivo della mente. In ogni
caso, la conoscenza non può essere ridotta a un sistema di capacità (disposizioni, abilità…). X sa che il
sintagma “il libro” si riferisce a un libro, non a un tavolo, e questa non è una mancanza di capacità da parte
sua, ma è una proprietà di un certo sistema di conoscenza che X possiede (ovvero l’italiano). Parlare e
capire l’italiano consiste nel possedere una conoscenza del genere. A proposito delle differenze nelle lingue
con le proposizioni causative (“Pietro fece aggiustare la macchina a Maria”), scopriamo che l’inglese
differisce dall’italiano e dallo spagnolo perché il soggetto della frase incassata (“a Maria”) rimane nella sua
posizione normale di soggetto in inglese, mentre in italiano e in spagnolo diventa un aggiunto. Lo spagnolo
differisce dall’italiano perché un oggetto animato deve essere preceduto dalla preposizione “a”.
Come spieghiamo dunque l’esperimento mentale di Platone dello schiavo (o del bambino oggi) che sa
senza studiare? La fonte della conoscenza del linguaggio si spiega considerando sia l’ambiente in cui il
bambino cresce sia le risorse biologicamente determinate del cervello (facoltà del linguaggio) sia le risorse
biologicamente determinate dei meccanismi generali di apprendimento. La combinazione di questi tre
fattori crea il sistema di conoscenze che viene usato per parlare e comprendere.
Per esempio, la proprietà della frase incassata, siccome varia secondo le lingue per qualche parametro, si
dice parametrizzata. Questi parametri si acquisiranno soltanto con l’esperienza (bambino che cresce in un
ambiente italofono o anglofono acquisirà parametri diversi sulla proprietà della frase incassata). Non è
possibile in sintesi spiegare la conoscenza in termini di capacità, ma non è neanche possibile spiegare
l’uso del linguaggio in termini di analogia. Siccome le lingue differiscono, allora ci devono essere possibilità
di variazione permesse dalla dotazione biologica innata (queste possibilità sono permesse grazie
all’esperienza). Anche a proposito della struttura dei suoni, un parlante italiano sa subito che “strid” e “bnid”
non sono parole possibili nella lingua italiana, perché ci sono regole della struttura del suono che chi
apprende una lingua arriva a conoscere nel corso dell’acquisizione del linguaggio. L’acquisizione delle
regole della struttura del suono di una lingua particolare dipende da principi fissi e universali che regolano i
possibili sistemi di suono per le lingue umane e sono usati in modo inconscio in quanto appartengono alla
facoltà del linguaggio, che è una componente del cervello. Nel bambino è incredibile la precisione con cui
si riesce a imitare foneticamente i discorsi tenuti dalle persone che lo circondano, precisione che si perderà
nel corso della crescita. Questo può spiegarsi considerando che il bambino in qualche modo abbia già
disponibili i concetti prima dell’esperienza con la lingua, quindi quando impara parole nuove sta solo
apprendendo delle etichette da appiccicare ai concetti già contenuti nel suo apparato concettuale.
2 - Il programma di ricerca della linguistica moderna
•• La facoltà del linguaggio contenuta nel cervello umano, una volta esposta ai dati, allora determina una
lingua particolare (italiano, inglese, spagnolo…). Questa lingua particolare, a sua volta, determina un ampio
spettro di fenomeni potenziali che superano quindi i dati iniziali offerti (creazione di nuove frasi e parole).
Quando si parla di “lingua” ci si dovrebbe riferire in realtà a un fenomeno individuale, perché non possono
esserci due persone che condividano esattamente la stessa lingua (neanche due gemelli identici cresciuti
nello stesso ambiente sociale). Due individui possono comunicare solo se le loro lingue sono
sufficientemente simili. Infatti, il termine “lingua” viene di solito associato a fattori sociopolitici e
normativizzanti. Solo la specie umana possiede la facoltà del linguaggio. Altre specie avranno solo dei
sistemi di comunicazione, ma con questi non potranno esprimere il pensiero o stabilire relazioni
interpersonali. Il bambino già possiede una serie di regole linguistiche come fossero dotazioni biologiche
che fanno parte della facoltà del linguaggio. Questo risponde al problema di Platone. In più, questa facoltà
del linguaggio, questa conoscenza intuitiva, può rendere più difficile la ricerca su questi temi perché non
riusciamo neanche a riconoscere un problema da risolvere. Il linguaggio usa regole dipendenti dalla
struttura e non regole lineari. Così come sappiamo che “Arkjed” non può essere una parola italiana,
sappiamo anche che “Cosa l’uomo che lesse mangiò la pizza” non può essere una frase italiana (lo è
invece “Cosa mangiò l’uomo che lesse un libro?”). I meccanismi forniti dalla facoltà del linguaggio operano
automaticamente senza riflessioni coscienti. Il linguista indaga la facoltà del linguaggio partendo con
esempi di espressioni strutturate (o meglio con giudizi dei parlanti che suggeriscono una spiegazione della
forma e del significato delle espressioni e quindi della loro struttura). Dalle espressioni strutturate, il
linguistica descrive la lingua che determina questi fatti, tentando quindi di costruire la grammatica di una
lingua particolare, ovvero una teoria di quella lingua. Il compito successivo è quello di spiegare perché i fatti
sono così come sono, ovvero di ricercare la facoltà del linguaggio. La grammatica universale mira alla
formulazione dei principi che entrano nel funzionamento della facoltà del linguaggio. La grammatica
particolare di una lingua invece ci fa vedere come opera la facoltà del linguaggio quando entra in contatto
con i dati forniti dall’esperienza. I principi della grammatica universale non conoscono eccezioni perché
formano la stessa facoltà del linguaggio, ovvero lo schema costitutivo di ogni particolare lingua umana. I
principi della grammatica universale sono dotati di parametri, che poi verranno selezionati diversamente in
base ai dati dell’esperienza. Una volta che si assume una configurazione possibile e funzionante, il
bambino ha padronanza di una particolare lingua e conosce i fatti di quella lingua. L’acquisizione è un
processo di fissazione dei parametri sulla base dei dati a cui si è esposti. Come tutte le forme di vita
provengono da un antenato comune, così tutte le lingue provengono da una grammatica universale. Se
così non fosse, allora non sarebbe possibile per un bambino apprendere alcuna lingua.
3 - Principi della struttura del linguaggio, prima parte
•• Ci sono vari livelli