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Mantova:
Mantova è dislocata a nord del Po, era la più settentrionale delle città etrusche di area padana, con il ruolo di testa
di ponte per gli itinerari che da quest’area puntavano prima di tutto verso le popolazioni italiche e poi verso
l’Europa transalpina.
La sua origine Etrusca è ampiamente testimoniata dalle fonti.
Sono stati ritrovati i resti di un abitato e si caratterizza da una maglia regolare di isolati, ubicati lungo strade o
canali che si caratterizzano per una maglia regolare per case costruite con materiali deperibile.
Il motivo della fondazione di questa città furono quelle di collocare un abitato in funzione delle comunicazioni,
soprattutto fluviali, da un lato verso l’adriatico e il porto di spina e dall’altro verso l’interno, sia verso ovest che
verso nord con un ruolo strategico nel sistema di scambi tra Mediterraneo ed Europa che gli stessi Etruschi aveva
ideato e controllavano saldamente. Così come grande importanza aveva nell’interno quella fitta rete di abitati a
carattere rurale o di città minori ben documentati soprattutto nell’Emilia occidentale almeno fino al corso
dell’Enza, che insieme ai grandi centri urbani costituivano la base su cui si fondava l’intero sistema territorio e
commerciale degli Etruschi in area padana.
La fine dell’Etruria padana:
Gli equilibri territoriali e politici fra Etruschi e Celti, raggiunti cosi faticosamente dopo la battaglia del Ticino,
vengono bruscamente sconvolti agli inizi del IV secolo. Popolazioni galliche calano massicciamente nel territorio
degli Etruschi e assediano e prendono persino Roma. Gli effetti di questa calata sono evidenti a partire da
Marzabotto ce perse la sua identità urbana divenendo in una sorta di avamposto a controllo della valle del Reno.
A Bologna si ebbero eventi probabilmente meno traumatici, almeno in apparenza, ma non molto difformi. La città
sembra infatti mantenere anche in questo nuovo contesto una posizione di particolare rilievo e una specie di
primato politico all’interno del territorio controllato dai Galli.
L’organizzazione del territorio non è più “per città”, come nella precedente fase etrusca, ma per “vici” cioè
insediamenti di pianura legati alla produzione agricola o per “castella”, insediamenti di altura con spiccate
funzioni di presidio e di controllo anche militare.
6 Gli Etr uschi in Campania:
Introduzione:
La Campania fu da sempre nell’antichità terra di frontiera, teatro di complesse interazioni culturali.
Le ultime scoperte e analisi archeologiche hanno svelato un carattere multidimensionale delle realtà campane e
dimostrano la problematicità delle suddivisioni vigenti.
Molte delle culture delle Campania possiedono una cultura “meticcia”.
Nonostante i progressi della ricerca, per le fasi più antiche si conosce ancora poco degli abitati, al contrario una
vasta documentazione è restituita dalle necropoli.
Di particolare rilievo è la “performance funeraria” potente forma di creazione, riproduzione, trasformazione
dell’immaginario sociale e dei rapporti politicosociali vigenti oppure nell’affermazione di nuove mentalità e
percezioni della collettività.
La presenza Etr usca nel quadro del popolamento della Campania tra la prima et à del fer ro e
il periodo orientalizzante:
Il popolamento della Campania nella prima età del ferro è usualmente suddiviso in alcuni distretti culturali
principali. Gruppi di tradizione indigena caratterizzati dal rituale funerario dell’inumazione.
Genti dell’orizzonte “villanoviano” riferibili ai principali centri dell’Etruria meridionale e centrale, sono state
riconosciute come egemoni nella Campania meridionale costiera.
In entrambi i casi si tratta fin dall’inizio di vasti insediamenti di carattere protourbano, caratterizzati dalla netta
differenziazione funzionale degli spazi tra abitato e necropoli, manifestazioni di un’elevata capacità di
organizzazione e progettualità politica.
Nella seconda metà del VIII secolo la Campania diventa sede delle più antiche fondazioni greche in Occidente.
Come testimoniano le fonti e la cultura materiale sono genti dell’Eubea a insediarsi a Pithekoussai nell’isola di
Ischia e a Cuma.
Il significato della presenza di aspetti culturali di tipo “villanoviano” in Campania è stato oggetto di acceso
dibattito.
La prima “etruschizzazione” è un fenomeno di colonizzazione, parallelo all’espansione villanoviana nell’Emilia
padana, connesso allo spostamento dell’area centrale della penisola di genti interessate a un popolamento di tipo
agricolo ma anche ad acquisire il controllo degli snodi strategici marittimi e fluviali della regione: il popolamento
della prima età del ferro costituirebbe senza soluzione di continuità a base dei rapporti con il mondo etrusco.
La presenza etrusca in Campania nella prima età del ferro piuttosto che indicare un ingente spostamento di genti e
l’asservimento o l’acculturazione forzata delle popolazioni locali, va considerata una forma di egemonia culturale a
opera di gruppi etruscomeridionali dotati di un avanzato livello socioeconomico e culturale in grado di stimolare
un processo di riorganizzazione territoriale e concentrazione insediativa di tipo protourbano.
La presenza stabile dei Greci in Campania arricchisce e complica il quadro delineato. L’insediamento di
Pithekoussai, come testimoniano le fonti antiche fondato a opera di Calcide ed Eretria, segna la fase conclusione di
una fase di frequentazione delle coste del Tirreno da parte di naviganti dall’Eubea e dalle Cicladi.
La comunità di Pithekoussai non pare seguire le rigide norme di una polis greca, bensì possiede aspetti o
componenti di etnie molto diverse l’une dalle altre, tra questi componenti abbiamo greci, fenici, genti indigene.
Pontecagnano:
Il grande insediamento che sorgeva nel sito della moderna Pontecagnano, 10 km a sud di Salerno, presso il fiume
Picentino, di cui non è ancora conosciuto il nome antico, è particolarmente noto per le vaste aree dedicate alla
sepoltura dei morti.
Essa presenta ad oggi circa 10 mila tombe costruite soprattutto tra il IX e il IV secolo a.C. mentre ancora
relativamente poco si conosce dell’abitato nonostante importati acquisizioni degli ultimi anni.
La percezione antica del carattere etrusco della regione picentina, testimoniata da una evidenza epigrafica.
Tale Pontecagnano presenta diversi aspetti culturali villanoviani sia nel rituale che nel repertorio materiale che
caratterizzava la prima età del ferro.
Il periodo tra l’orientalizzazione antico e medio rappresenta un momento di straordinaria fioritura attraverso
un’evidenza ampia e ricca ma tuttora in gran parte inedita. Pontecagnano era conosciuta soprattutto per le tombe
principesche, tutte maschili e localizzate nella necropoli occidentale.
la parziale edizione della tomba della principessa e la ricognizione sistematica della necropoli orientale hanno
arricchito le precedenti letture e inducono a interrogarsi sulla comunità di riferimento.
La fisionomia della composita cultura materiale configura per Pontecagnano tra la fine della prima età del ferro e
l’orientalizzante un ruolo di primo piano ambito tirrenico e mediterraneo: il centro picentino appare un vero e
proprio crocevia di genti e culture connesso da stretti vincoli sia con il mondo etrusco e laziale che con i greci.
La prima età del Fer ro a Pontecagnano:
La cultura materiale di Pontecagnano testimonia fin dall’inizio della prima età del ferro stretti legami con
l’Etruria meridionale e la centralità della componente etrusca nell’insediamento.
Il centro picentino dimostra una precoce capacità di pianificazione degli insediamenti di tipo protourbano che
prevede una netta distinzione tra “società dei vivi e società dei morti” indice di una marcata coesione
politica e di un avanzato livello di organizzazione socioeconomico.
In questa rea è stato riconosciuto il porto di Pontecagnano attivo fino all’insabbiamento databile agli ultimi anni
del VI secolo a.C.
Il rituale funerario largamente prevalente a P. nel IX secolo è l’incinerazione con deposizione all’interno i un
ossuario biconico in impasto collocato in tombe a pozzetto o con struttura più complessa detta a “ricettacolo”.
Nelle tombe maschili il coperchio è spesso costituito dall’imitazione fittile di un elmo di bronzo, talvolta recante
complesse decorazioni zoomorfe o antropomorfe; gli altri ossuari sono chiusi da uno scodellone capovolto.
L’inumazione coesiste fin dall’inizio con l’incinerazione, il rituale incineratori è adottato diffusamente nelle
necropoli urbane per la componente adulta.
Nella prima metà del IX sembra prevalere un’ideologia egualitaria, una sorta di ideale “isonomico” che si manifesta
nell’assenza di una marcata differenziazione tra i corredi funerari e nel divieto di deporre armi reali nelle
sepolture. La profonda adesione alle forme ideologiche contemporaneamente prevalenti in Etruria implica la
presenza di un’autorità in grado di garantire il rispetto di norme collettive limitando radicalmente le esigenze di
autorappresentazione di gruppi familiari o di singoli.
Elementi di distinzione privilegiati sono la tipologia delle fibule maschili o femminili e gli indicatori di funzione
che diventano ben presto segni di rango.
Il milieu indigeno è il repertorio ceramico a differenza dei vasi cinerario di carattere villanoviano, le altre forme si
avvicinano ai tipi dell’orizzonte campano delle tombe a fossa, soprattutto di area cumana: anforette, brocche con
ansa alla spalla e poi al collo, tazze ecc.
Durante la seconda metà del IX la definizione di appezzamenti riferibili a gruppi familiari allargati: emergono
figure maschili armate di spada accompagnate da deposizioni femminili di rango equivalente.
La complessità delle ideologie dei rituali e delle forme religiose è testimoniata dal noto coperchio di ossuario recante
come coronamento una coppia seduta di figurine umane caratterizzate da fattezze mostruose.
Il centro picentino è inserito in un vasto circuito di relazioni ce coinvolgono l’Etruria, l’Italia meridionale, La
Sicilia, La Sardegna, nel cui ambito un ruolo propulsore sembra svolto dai Fenici.
Tra le più antiche importazioni figurano impasti con decorazioni “piumata” dalla Sicilia, ceramiche dello stile a
“tenda” dal Vallo di Diana o dalla Basilicata e una serie di bronzetti provenienti dalla Sardegna
contemporaneamente attestati in contesti tombali Etruschi.
Si tratta soprattutto di coppe di tipo medio e tardogeometrico: il fascino dei cerimo