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PARTE QUINTA - SCENARI POLITICI
CAP 20 - ECOLOGIA DELLA FELICITÀ
Il partito ecologista si occupa di promuovere i limiti occupandosi poco del resto, perché il resto più o meno funziona.
Il problema è che la gente intuisce che questi limiti andranno per ridurre la crescita economica, che è il progetto centrale della nostra società.
Questa impostazione va sostituita con la consapevolezza che costruire un’economia sostenibile implica profondi cambiamenti politici, culturali e sociali oltre che economici e tecnologici.
I partiti ecologisti acquisiranno credibilità politica solo quando smetteranno di essere percepiti come monotematici.
Inoltre il messaggio pauperismo dell’ecologismo, “bisogna stare peggio ora per evitare che i nostri figli stiano ancora peggio in futuro”, dovrebbe essere ribaltato: “siamo sulla stessa barca delle generazioni future; meglio viviamo noi e meglio vivranno loro”.
Non dobbiamo fare alcuna
rinuncia perché non c'è continuità tra migliorare la vita attuale e quella futura. In un'economia sostenibile la qualità della vita è migliore e non peggiore. Una proposta di cambiamento motivata dal migliorare la vita e non dallo sfuggire a una minaccia farebbe evaporare il sapore minaccioso del messaggio ecologista. Il messaggio diverrebbe che per la sostenibilità dobbiamo avere di più e non di meno. Ma di quello che ci serve veramente: più tempo, migliore qualità sociale e ambientale. Una parte consistente della tradizione ecologista ha sostenuto che il comportamento predatorio del sistema economico riflette quello che le generazioni presenti vogliono. La radice delle crisi ecologiche sarebbe il disinteresse delle generazioni attuali per le generazioni future. Questa visione è sbagliata. Il problema è il sistema e non la gente. Il futuro ci preoccupa e staremmo molto più tranquilli se il sistema economicofosse meno aggressivo nei confronti dei beni comuni. Ma questo non conduce automaticamente a un'economia sostenibile. Il punto cruciale è quanto ci diamo della possibilità di agire collettivamente, perché la transizione ad un'economia sostenibile è un'impresa collettiva. La parabola di Privatopoli suggerisce che un'economia può essere insostenibile non per il disinteresse a proteggere le future generazioni ma proprio per il tentativo di farlo, coniugato al senso di impotenza collettiva. Da questo punto di vista la priorità politica è ricostruire un senso della possibilità e di appartenenza collettivi. Si tratta di un cambiamento sostanziale rispetto alla tradizionale agenda ecologista, la cui priorità è limitare la gente. L'ecologismo si sviluppò 50 anni fa come conseguenza della presa di coscienza dei limiti del pianeta. Con l'accusa di averli superati, vennero messi sul banco degliimputati l'economia e la popolazione. Fu del tutto naturale concludere che l'unica soluzione era mettere limiti alla crescita. 63fi fl fi fi flnaturalista, Questa visione può essere definita visto che radica il problema della sostenibilità nella natura umana. Ma la cultura ecologista si evolve. Nel tempo essa è divenuta sempre più familiare con l'idea che la sostenibilità implica profondi cambiamenti nel modo in cui la nostra società è organizzata. L'ecologismo ha cominciato a sviluppare visioni che individuano le cause dell'insostenibilità nei fallimenti dell'organizzazione economica, politica, sociale o culturale e non nella natura umana. Ad esempio sono state messe sul banco degli imputati le multinazionali, la cui miopia ed avidità sono responsabili del ruolo spropositato dei combustibili fossili, dell'adozione di organismi geneticamente modificati in agricoltura, della promozione del consumismo,
ecc.istituzionaliste.Tali spiegazioni dell'insostenibilità possono essere definite come critica ecologica della crescita. Anche la crescita difensiva è una spiegazione di questo tipo. I partiti verdi, soprattutto in nord Europa, stanno progressivamente abbandonando il modello del partito monotematico e hanno cominciato a intervenire ad ampio raggio su questioni economiche e sociali che non hanno apparente rilevanza diretta per l'ambiente. Insomma, l'ecologismo sta passando da una visione naturalista ad una istituzionalista. Si tratta di un'evoluzione auspicabile perché permette di identificare politiche costruttive e non solo basate sui limiti. La tradizione ecologista è basata su una critica ecologica della crescita, che sottolinea cioè gli effetti negativi della crescita sull'ambiente. Invece la riflessione sull'impatto negativo della crescita sul benessere non si è sviluppata più di tanto. Buona parte dell'ecologismo infatti haPerlopiù continuato a dare per scontato che la crescita avesse effetti positivi sulla felicità umana. Negli anni '70 una serie di economisti diedero vita ad un'altra critica della crescita, basata sui suoi effetti erosivi del benessere e della socialità. Tra di essi Easterlin è colui che ha avuto il maggior impatto. Egli mise da subito i paragoni sociali al centro dell'analisi per il loro effetto distruttivo sulla felicità.
Critica sociale della crescita. Questo alone di ricerca è denibile come il futuro politico dell'ecologismo è appeso alla convergenza tra la critica ambientale della crescita e quella sociale. I segnali che essa stia avvenendo sono molti. Ormai molti noti ecologisti concordano sul fatto che il PIL è una pessima misura della qualità della vita e sulla similitudine tra un'economia sostenibile e una che aumenti la felicità.
CAP 21 - UN DILEMMA PADELLA
BRACE: GODOT VS NAZIONALISMO
Negli anni '80 la transizione ad un'economia industriale si era ormai conclusa in tutti i paesi occidentali, accompagnata dal declino dei tassi di crescita del Pil. Era la conseguenza naturale del fatto che la crescita aveva compiuto la sua missione storica di liberare la società dalla povertà di massa.
Ma in quegli anni il declino della crescita creava un problema culturale ed uno economico. Quello culturale era la mancanza di un progetto di società alternativo alla società della crescita. Quello economico era che le imprese fanno meno profitti in un'economia stagnante rispetto ad una in crescita.
La reazione fu l'emergere di un corpo di dottrine economiche e politiche che prese il nome di liberismo. Cominciò negli Stati Uniti e in Gran Bretagna negli anni '80 e poi si diffuse in Europa continentale e altrove.
La ricetta neo-liberista per la crescita consiste nel deregolare, privatizzare, globalizzare,
detassazione dei ricchi e la creazione di bolle speculative ha evidenziato come le grandi imprese abbiano reagito in due modi distinti. Da un lato, hanno ampliato il loro apparato propagandistico, noto come pubblicità, con l'obiettivo di convincere le persone ad acquistare i loro prodotti. Dall'altro lato, hanno riformato l'organizzazione del lavoro per aumentare la pressione competitiva e lo stress dei dipendenti. Questo ha portato all'invasione dell'economia nella vita di bambini e adulti, che sono sottoposti a crescenti pressioni commerciali e produttive. Tutto ciò ha generato una crescita difensiva. I meccanismi difensivi sono sempre stati presenti nel capitalismo, ma il neoliberismo li ha trasformati nella componente centrale dell'economia. In pratica, abbiamo organizzato le nostre società esclusivamente in base a priorità economiche. Nonostante tutti gli strumenti utilizzati per stimolare l'economia, la crescita è stata estremamente limitata nei paesi industrializzati. Il recente dibattito sulla detassazione dei ricchi e le bolle speculative ha messo in luce questa situazione.stagnazione secolare indica una crescente consapevolezza tra gli economisti di una nuova era di bassa crescita per i paesi ricchi. Ma ancora una volta le terapie proposte puntano al rafforzamento degli stimoli alla crescita. È difficile trovare un progetto sociale peggiore di una società della crescita senza la crescita. La crescita difensiva che otteniamo in questo modo è poca e peggiora la crisi sociale. Stiamo aspettando Godot, cioè la crescita che non arriverà. E che sarebbe comunque indesiderabile se ottenuta con i metodi oggi in voga. Abbiamo perso 40 anni nel tentativo di spremere la gente negli acquisti e nel lavoro. 40 anni persi a spargere malessere e sprechi, nel tentativo di evocare Godot. Abbiamo drogato il sistema economico per forzarne la crescita provocando una crisi sociale gravissima e di Godot abbiamo appena visto l'ombra. Non è facile immaginare un disegno più fallimentare. Se 40 anni fa avessimo preso un'altra strada.
l'economia sarebbe cresciuta ancora meno, oggi l'agente avrebbe più tempo libero e qualità della vita e il mondo sarebbe meno inquinato.Comincia a formarsi un consenso sul fatto che una crisi sociale e non economica sia alla base del declino della felicità americana.
Jeffrey Sachs ha recentemente analizzato un decennio di declino della felicità negli Stati Uniti. Sachs conclude che gli Stati Uniti sono il "ritratto di un paese che cerca la felicità nei posti sbagliati".
Infatti la politica americana è focalizzata sulla crescita, cioè l'obiettivo sbagliato. "E le ricette per una crescita più rapida aumenteranno e non ridurranno le tensioni sociali".
Sachs sostiene che è la sproporzionata influenza politica delle multinazionali la causa principale di questa miopia.
Questo tipo di studi indica la crescente consapevolezza che il nostro futuro dipende da una prospettiva realistica per una.società post-crescita. Possiamo avere più di cui veramente necessitiamo: più tempo e più qualità delle relazioni e dell'ambiente. Possiamo averlo cambiando i nostri modelli di consumo e produzione, attualmente eccessivamente centrati sui beni privati. E possiamo farlo con economie che crescono poco, per niente o addirittura decrescono. Dopo la crisi del 2008 le classi dirigenti del mondo occidentale non hanno cercato una strategia di uscita dalla crescita difensiva ma hanno cercato di rimetterla in pista usando i soliti ingredienti: iniettare un'incredibile quantità di liquidità nell'economia attraverso le banche centrali e alimentare l'invasione dell'economia nella vita delle persone. I 10 anni successivi alla crisi hanno semplicemente peggiorato la crisi sociale e accumulato ulteriori enormi rischi di crisi finanziaria. Ma soprattutto la crisi sociale alla fine è sfociata in una crisi.