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rischi. [LEGGERE E SAPERE DECRETO GELLI PER ESAME]
Etica, morale, deontologia e bioetica
Nel 1965, il codice internazionale di etica, all’articolo 7, dichiarava che “l’infermiera è tenuta ad
eseguire gli ordini del medico in maniera intelligente e leale”. Nel 1973 con il Codice del Consiglio
Internazionale delle infermiere si comincia ad enunciare il principio di responsabilità della
professione infermieristica, non solo nei confronti del medico ma anche del paziente. “Il paziente è
colui che ha bisogno delle cure dell’infermiera” richiamando allo stesso tempo “un’azione
collaborativa con coloro che lavorano con lei”. Questa dimensione che vede l’infermiere come un
“paramedico” è ancora oggi molto forte.
L’etica è un insieme di comportamenti che orientano la pratica professionale; ispira la deontologia.
È la dimensione intrinseca alle professioni sanitarie le quali, anche quando realizzate ai più elevati
livelli tecnici, consistono sempre in un incontro tra esseri umani. L’operato del professionista
sanitario infermiere è sempre inserito in un contesto morale.
Prestare il proprio operato in un contesto dell’aborto ad esempio, necessariamente impatta sulla
parte valoriale del professionista.
La morale, dal latino, è la dimensione valoriale che guida i comportamenti, che si ispira a principi
religiosi piuttosto che a quelli politici e filosofici all’interno di un contesto sociale. Ad esempio, la
vita è un valore universale, etico anche antropologico. Etica e morale sono due cose diverse anche
se spesso si confondono.
La deontologia è un comportamento (valori che guidano una professione) rispetto al proprio
mandato. È l’etica applicata alla professione.
L’articolo 32 della Carta Costituzionale esalta il valore della salute e afferma che la Repubblica
tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e della collettività e garantisce cure
gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a trattamento sanitario se non per disposizione
di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Dunque, l’art. 32 chiede a tutti gli operatori sanitari di agire nel rispetto della persona umana. Ne
deriva che le cure devono essere accessibili e garantite per tutti, e, cosa più importante, che tutti i
trattamenti sanitari devono essere pro vita. Per garantire la dinamicità di queste relazioni e che la
scienza progredisca sempre nel rispetto della vita, in Italia, si sono strutturati i cosiddetti comitati
etici. I comitati etici approvano i protocolli di ricerca e valutano l’appropriatezza delle
sperimentazioni dalla fase di laboratorio a quella sull’uomo che devono essere eseguite nel bene
della persona, al fine di migliorarne la qualità di vita e la sopravvivenza.
I protocolli possono riguardare lo sviluppo di nuovi farmaci, farmaci conosciuti ma con dosaggi
diversi, nuove tecnologie, ecc. Il comitato etico si compone di tutte le figure professionali che
operano nel campo sanitario.
Il comitato etico si focalizza principalmente sulla procedura del consenso informato.
La bioetica è lo studio sistematico delle dimensioni morali delle scienze della vita e della salute
includendovi anche i problemi sociali e ambientali legati alla salute. Etimologicamente significa
“etica della vita”. È una scienza che studia e riflette rispetto alle scelte, agli interventi e al
significato della vita. Da qui tutti i grandi dilemmi etici.
Si è sviluppata verso la fine del ‘900 a causa della disumanizzazione della medicina. Lo sviluppo
della scienza medica metteva in ombra la beneficialità e l’umanizzazione delle cure. I temi bioetici
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più importanti sono l’inizio e la fine della vita. Rispetto all’inizio vi è un grande dibattito riguardo la
procreazione assistita (quando? Quali limiti? A chi? Ecc.). In Italia il procedimento della
procreazione assistita è possibile, seppure con delle restrizioni. Per esempio non può più essere
effettuata al compimento del 42° anno di età della donna, oppure non possono più essere fecondati
più di tre oociti della stessa donna.
Un aspetto molto importante riguardante il tema del fine vita è il testamento biologico. In questo
tipo di documento ogni persona esprime formalmente le proprie volontà rispetto ai trattamenti
sanitari da applicare nei momenti critici.
In Italia implementare o favorire il processo di morte è un reato, ma dare la possibilità al paziente di
rifiutare trattamenti sanitari che ritiene inutili per la sua condizione di vita è decretata dalla legge
219 del 22 dicembre 2017 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di
trattamento” è entrata in vigore il 31/1/2018. La persona è libera di scegliere nel momento in cui ha
la consapevolezza di sapere circa la sua malattia, dunque è necessario spiegare e informare sullo
stato e sulle procedure il paziente. Prima della firma sul consenso informato, il paziente deve essere
dunque realmente informato.
Secondo la dimensione etica dell’agire professionale dobbiamo promuovere il bene del paziente
mediante un agire adeguato non solo alla salute, ma all’intero essere del paziente, considerato per il
valore che egli è proprio. L’agire dei professionisti non deve essere finalizzato solo alla salute ma
all’intero essere del paziente.
Il codice deontologico è un insieme convenzionale di regole e aspettative per orientare la pratica
della professione con la funzione di promuovere e mantenere gli standard di etica e condotta
professionale. Rappresenta un modello nel campo dei doveri professionali e delle responsabilità. Il
codice deontologico ha valore legale.
Sottesi al CD guidano il pensiero critico dei principi guida:
Autonomia!rispetto per l’autodeterminazione del paziente e del coinvolgimento nelle
• decisioni che lo riguardano
Beneficialità!orientamento al bene del paziente secondo i suoi valori e interessi
• non maleficialità!evitare ciò che nuoce o danneggia il paziente
• giustizia/equità!opporsi a discriminazioni e ingiustizie e promuovere un’equa distribuzione
• delle (limitate) risorse.
Secondo l’articolo 26 del Codice Deontologico “l’infermiere si attiva per l’analisi dei dilemmi etici
vissuti nell’operatività quotidiana e promuove il ricorso alla consulenza etica, anche al fine di
contribuire all’approfondimento della riflessione bioetica”.
Nella carta dei diritti fondamentali dell’UE l’articolo 3 parla del diritto all’integrità della persona.
Qui si afferma che nell’ambito della medicina e della biologia devono essere rispettati il consenso
libero e informato, il divieto delle pratiche eugenetiche in particolare di quelle aventi come scopo la
selezione delle persone, il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti fonte di lucro o
guadagno, divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani.
Nella carta dei diritti del malato i 14 diritti illustrati dono legati a documenti e dichiarazioni
internazionali provenienti da OMS e Consiglio d’Europa.
Il segreto professionale
Il segreto professionale è un principio secondo il quale il professionista ha l’obbligo etico,
deontologico e giuridico di tenere riservate tutte le notizie che riguardano la sfera intima, personale
e privata dell’assistito, della quale il professionista è venuto a conoscenza durante il rapporto
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professionale. l’obbligo giuridico è sancito dall’articolo 622 del CP, dalla L.675/1996 sulla privacy
e dal D. Lg. 196/03.
Secondo il C.P. la rivelazione di segreto professionale è perseguibile a querela della persona offesa
con sanzioni fino ad arrivare alla reclusione.
Esistono delle giuste cause imperative e delle giuste cause permissive di rivelazione del segreto
professionale. Nelle giuste cause imperative vi è l’obbligo da parte del professionista di rivelare il
segreto: sussistono quando da quell’informazione si presume ne possa derivare un danno ad altri.
Rientrano tra le giuste cause imperative:
-le denunce sanitarie obbligatorie con le quali si vuole perseguire finalità di ordine clinico, statistico
e preventivo che vengono presentate all’Autorità sanitaria
-i certificati obbligatori che rappresentano attestazioni di un fatto di natura tecnica destinati a
provare la verità in ordine ad un evento di natura biologico-clinica e che viene rilasciata al
richiedente nel suo stesso interesse
-il referto, denuncia giudiziaria, la perizia e la consulenza tecnica, nonché l’ispezione corporale
ordinata dal giudice.
Nelle giuste cause permissive non vi è l’obbligo categorico di rivelare il segreto alle autorità, ma la
sua rivelazione è permessa.
Rientra tra le giuste cause permissive il consenso dell’avente diritto poiché il rispetto del segreto
professionale è un diritto personale dell’assistito, il consenso di quest’ultimo è una giusta causa
permissiva. Il consenso deve essere informato, esplicito, autentico e libero. Da ciò si deduce che
l’assistito consente alla rivelazione solo per quei segreti di cui lui stesso ha consapevolezza, mentre
il consenso non è chiaramente valido per ciò che lui ignora.
Vanno inserite tra le giuste cause permissive scriminative, ovvero che escludono la punibilità della
rilevazione del segreto:
caso fortuito o forza maggiore (ART 45 CP)
• errore determinato dall’altrui inganno (ART 48 CP)
• stato di necessità (ART. 54 cp) [DA SAPERE]
•
Un esempio di giusta causa imperativa può essere la rivelazione alle autorità competenti dei luoghi
dove è stato un paziente che si presenta in DEA e a cui viene diagnosticata una meningite batterica.
Un esempio di giusta causa permissiva può essere il consenso dell’avente diritto (paziente) alla
rivelazione del segreto.
Il lavoro subordinato e il contratto d’opera
L’articolo 2094 del C.C. declina il lavoro subordinato: il dipendente si obbliga, mediante
retribuzione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle
dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. Vi è un rapporto di dipendenza e vi è anche uno
scambio tra le parti (il dipendente lavora e il datore paga). È il datore di lavoro a definire le
modalità di erogazione della prestazione di lavoro del dipendente. In questo tipo di rapporto di
lavoro le assenze vanno comunicate immediatamente al datore di lavoro.
L’articolo 2222 del C.C. declina il contratto d’opera: una persona si