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Il problema della ricostruzione post- bellica fu uno degli elementi che fecero deragliare la iniziale
opposizione tecnologica di Taut verso gli ideali collettivi del Werkbund. Dalla dimensione
dell'uomo ci si spostò, quindi, verso un'architettura che mirasse alla collettività cittadina. Per questo
Taut idee utopisticamente una partecipazione unanime della popolazione alla ricostruzione seguita
alle macerie della Grande Guerra. L'idea dell'industria e della prefabbricazione furono, quindi, i
motivi fondanti del secondo Taut, ossia della seconda fase della sua linea compositiva.
Parliamo anche del rapporto lavorativo tra Wagner e Taut, che magnificamente si esprime nel
"Siedlung", a Berlin-Britz (1925-1931). Il nome stesso "Siedlung" indica "insediamento", nel nuovo
mirabile progetto di Taut di costruire edifici per l'edilizia intensiva. L'abbandono dell'ideale
utopistico, a favore dell'impegno nel cercare di ovviare al problema dell'insediamento seguito alle
rovine, come già detto, porterà non ad un'abiura dei suoi principi poetici ma, bensì, ad un
cambiamento nella forma compositiva delle sue realizzazioni. Il famoso "ferro di cavallo" del
complesso residenziale vede lo sviluppo delle residenze attorno ad una coorte collettiva, ideata per
la vita comune. Il forte utilizzo del colore, ideale già presente nelle prime opere del maestro, è qui
enfatizzato e piegato a favore della pittura di superfici precedentemente intonacate. Il mattone è
nuovamente evidenziato quale elemento qualificante dello spazio, teso ad evidenziare punti focali
quali gli elementi verticali dei camini, gli ingressi delle abitazioni e il basamento su cui poggia la
struttura. "ferro di cavallo” nel"Siedlung",
Del 1927 è il progetto dell'Abitazione di Weissenhofsiedlung a Stoccarda, proposto promosso dal
Werkund al quale Taut aderì, mosso dai principi della sua nuova poetica. La pianta è estremamente
rigorosa e semplice (molti infatti dubitano che sia stata progettata da Taut). La sua volontà, in realtà,
è quella di far scomparire la sua forma compositiva dietro la necessità dei tempi contemporanei. Lo
spazio risulta flessibile nel suo interno, basato su una semplice distinzione tra zona giorno e zona
notte. HANS POELZIG (1869-1936)
Assieme a Taut, citiamo Polzig, altro grande esponente della linea espressionista. Nella chiesa
evangelica di Matsch (1906), Poelzig mostra tutta la sua essenza tradizionalista, nella continua
ricerca di quelle antiche sensazioni emotive che l'architettura dovrebbe richiamare alla mente. La
sintesi tra le istanze del Werkbund e quelle della tradizione espressionista trovano in questo
architetto la loro massima fusione. Non compare, nell'opera, un indirizzo specifico dal punto di
vista stilistico. Le facciate sono fortemente basate sul proporzionamento e l'interno evince una
marcata linea tettonico –costruttiva. Il dettaglio del chiodo, nell'interno, è fortemente esagerato a
evidenziare la struttura componentistica della costruzione a sfavore della linea estetica.
In ambito edilizio collettivo, Poelzig realizzò la torre dell'acqua a Poznan, nel 1911. Secondo
l'impianto urbanistico preesistente, l'architetto vi si inserì magnificamente con questa torre dal
marcato apporto espressionista. Il sistema è a fasce in vetro orizzontali, che in realtà nascondono un
sistema a "tamponatura".
Citiamo anche il serbatoio ad Amburgo e lo stabilimento Luban, sempre a Poznan (1911-1912).
Quest'ultimo era il centro di produzione dell'acido solforico della città. Secondo il principio di
Behrens nel creare un edificio monumentale industriale, Poelzig idea una libertà compositiva, pur
nel rispetto delle necessità spaziale degli spazi interni.
Parliamo anche della "Grosse Schauspielhaus" (teatro marittimo), di Berlino (1818-1819). Si tratta
di un edificio simbolico dell'architettura espressionista nella prima fase utopistica. L'architetto si
occupò del rifacimento interno, su una preesistenza settecentesca. Il teatro, secondo lo schema a
ferro di cavallo,avrebbe dovuto accogliere circa 5000 persone. Gli archi appesi ad un'intelaiatura di
meridiani e paralleli, sembrano vere e proprie stalattiti. La luce viene riflessa secondo diverse
angolazioni, a creare una smaterializzazione dei materiali interni. L'uso dell'illuminazione interna
fece si, grazie ad un espediente compositivo nel posizionamento delle lampadine, che i soffitti
sembrino volteggiare privi di un sostegno statico.
« All'interno della vasta cupola è appesa una varietà infinita di pennacchi e stalattiti, ai quali la cavità della
cupola, su cui sono inseriti, conferisce un movimento leggermente sinuoso cosicché (...) ne deriva un'impressione
di dissoluzione e di indeterminazione dello spazio. »
"Grosse Schauspielhaus”
Finiamo con il "Festspielhaus", a Salisburgo (1920). Il chiaro riferimento al barocco è visibile già
dalla struttura esterna. Salisburgo fu una città che, in effetti, visse il suo periodo aureo proprio a
cavallo tra il Seicento ed il Settecento. Le linee generatrici appaiono curve, così come i moti
concavo convessi del barocco romano. Il terzo ed ultimo progetto fu quello effettivamente
realizzato da Poelzig. In esso appare una forte sintesi dell'elemento dell'arco, più volte ripetuto a
scale differenti. Il modello è anche qui quello del teatro all'italiana. I palchi interni sembrano, nel
rapporto con la struttura esterna, delle vere e proprie caverne (di matrice espressionista). Il modello
primario resta, nell'impostazione planimetrica, sempre quello del teatro progettato a Dresda da
Semper.