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MEDIEVALE
IL CAOS DELLA NOTTE
1.
Gilbert Durand, inventore della scienza dell’immaginario, ci presenta due principali regimi: il
NOTTURNO e il DIURNO. La loro principale funzione è quella di spiegare fenomeni
incomprensibili. Fra questi la MORTE, rinvenuta in tutte le società come l’angoscia umana
primaria. I nostri antenati l’affrontavano con terrore e la collegavano alla NOTTE. Adamo ed Eva,
per esempio, “vedono con terrore coprire l’orizzonte e l’orrore della morte invade i loro cuori
tremanti”. Questa vigile sensazione di catastrofe, per Durand, si aggira indisturbata nell’epoca
post-moderna. I suoi effetti sono comunque chiaramente riscontrabili nel folklore che aveva
riempito la notte di insopportabili ESSERI TERRIFICANTI, di animali malefici e di mostri infernali
ghiotti di corpi e di anime.
In questo ciclo si era inserito senza sforzo l’aspetto tenebroso dell’ACQUA, a sua volta
impregnata di lugubri mostri. E l’essere che aveva maggiore dimestichezza con l’acqua era il
DRAGO, che nelle leggende celtiche riassumeva tutti gli aspetti negativi del regime notturni.
Insieme all’acqua hanno esordito altri simboli tetri, la CAPIGLIATURA FLUTTUANTE ed il
SANGUE MESTRUALE, entrambi contrassegni della FEMMINILITA’. L’infemminizzazione del
peccato originale nella tradizione cristiana era ufficialmente confluita nell’immaginazione misogina
che, durante il MEDIOEVO, aveva messo al centro della costellazione simbolica il legame tra le
ACQUE CUPE E LE MESTRUAZIONI.
La sensibilità del secondo millennio continuava ad associare, come nelle superstizioni primitive, il
SERPENTE e il SANGUE MESTRUALE a qualcosa di funesto, ad un pericolo TRASMETTIBILE
attraverso il CONTATTO O LO SGUARDO. E gli insegnamenti della Chiesa medievale, che aveva
ereditato la dottrina del peccato originale, non si erano mai dimenticati l’imperioso controllo sul
comportamento visivo delle donne. Non ci si può quindi avvicinare alla PAURA MEDIEVALE
DELLO SGUARDO FEMMINILE se non si tengono presenti le costellazioni che sono alla base del
regime notturno trattato da Durand. L’idea che ha presentato gli esseri viventi e le cose del mondo
sotto la minaccia di un’OCCHIATA MORTALE sta a monte delle tante storie raccontate nelle
grandi civiltà occidentali.
Per immergersi meglio nell’archetipo dello sguardo che uccide bisogna allora collocarlo in un
preciso contesto sociale. Servono quindi esempi storici per esplorare la mobilità dei miti, le loro
differenti versioni, i loro cambiamenti nel corso dei secoli, le loro variazioni da un luogo all’altro e i
loro legami con le pressioni sociali e culturali. Servono esempi tratti da un’epoca sensibilissima al
BIPOLARISMO UOMO-DONNA. In tante storie e narrazioni MEDIEVALI è spesso un personaggio
femminile a fare da CAPRIO ESPIATORIO.
Nell’Europa cristiana, quando prese corpo il sistema che favorì la CACCIA ALLE STREGHE, si
rispettò l’idea che lo sguardo di una donna potesse impedire la conoscenza, affatturare e uccidere.
La credenza sedusse le fonti scritte teologiche, mediche e letterarie che allungarono la lista dei
PERICOLI provocati dall’OCCHIATA DI UNA DONNA MESTRUATA.
“UNA DIAVOLERIA SIMILE A …”
2.
Walter Map, scrittore ecclesiastico gallese, scriveva racconti in latino avvolti da un gusto bizzarro
dell’HORROR e dell’humor, dipingendo con un sorriso compiaciuto situazioni ricche di
ALLUSIONI SADICHE. Combinava cannibalismo, vampirismo, sessualità e violenza. Così sul mito
della Gorgone faceva soffiare inaspettatamente il minaccioso vento freddo della NECROFILIA.
L’episodio riguarda la passione di un calzolaio di Costantinopoli innamoratosi di un’affascinante
aristocratica. Risucchiato dal vortice del desiderio, decise di cambiare vita, nel tentativo di
superare il disprezzo del padre per la sua condizione servile. Diventò, dunque, un nobile cavaliere.
Durante le sue conquiste, venuto a sapere della morte dell’amata, si affrettò a ritornare per
assistere alle esequie e per SODDISFARE QUEL PIACERE che gli era stato negato: “La notte
successiva all’inumazione da solo scavò nel tumulo e si UNI’ CARNALMENTE ALLA MORTA
come se fosse viva”. Si risollevò dalla morta solo quando “udì una voce intimargli di tornare in
quello stesso posto al tempo del parto, per portarsi via quello che aveva generato”. Obbedì al
comando, tornò a tempo debito e scoperta la tomba ricevette dalla morta una TESTA UMANA, con
la raccomandazione di non mostrarla se non ai NEMICI di cui voleva la MORTE. In qualunque città
a villaggio si avvicinasse minaccioso, il soldato poneva innanzi quel prodigioso VOLTO DI
GORGONE e i poveretti rimanevano pietrificati, vedendo una diavoleria simile a Medusa. A partire
da questo momento la ricchezza e la vittoria furono così propizie che riuscì a sposare la figlia
dell’imperatore di Costantinopoli. Costei, però, venne a conoscenza della verità e distrusse il
marito con la sua stessa trappola, facendo poi precipitare sia lui che la testa di Gorgone nei
profondi abissi del mare.
Questo amore post-mortem con una donna immobile, priva di sugo, di spirito e con sentore di
carogna rivela il profilo dell’aggressore imprigionato dalla violenta passione di trarre godimento
anche dalla fine dell’essere vivente.
“VEGNA MEDUSA: SI ‘L FAREM DI SMALTO”
3.
Dante, durante la sua discesa nella voragine infernale, è minacciato dalle FURIE che, con
prepotenza, invocano Medusa per farlo seppellire nell’immobile freddezza della pietra. La loro
irruzione si imprime subito con violenza in uno scenario aspro: inquietanti paludi, torbide fanghiglie,
desolanti ghiacciai che impediscono già da soli gli sguardo.
Il poeta è disorientato da questo mondo sconosciuto, è sorpreso dalla PAURA, INORRIDITO
dall’incancellabile buia catastrofe che si abbatte sui peccatori e dall’informe forza delle FIGURE
BESTIALI. All’ingresso della città di Dite, appaiono le tre Furie schierate: sono “cinte con idre
verdissime” (Idra: serpente dalle molte teste) e con un groviglio di rettili avvinghiati attorno alle
tempie ondeggianti. I loro nomi sono MEGERA (l’odio), ALETTO (la senza respiro) e TISIFONE (la
voce della rabbia).
La tensione sale drammaticamente con grandissimo effetto quando le sgradevoli voci urlanti delle
furie attaccano gli intrusi urlando: “Vegna Medusa, sì ‘l farem di smalto”. A questo punto Virgilio
intima a Dante di NON GUARDARE e con atto partecipe copre lui stesso le pupille del suo allievo,
mormorando: “Volgiti indietro e tien lo viso chiuso, che se il Gorgon si mostra e tu ‘l vedessi, nulla
sarebbe del tornar mai suso”.
Se lei si fosse impadronita con lo sguardo dei pensieri e dei sentimenti dl poeta, gli avrebbe
portato via tutti i suoi BENI SPIRITUALI. Ogni sforzo cosciente di recuperare il male, ogni volontà
di redenzione, ogni possibilità di raggiungere l’armonia. Impossibile esprimere meglio di così la
PAURA DEL MALE, la cui forza avrebbe cancellato ogni pensiero buono e vitale.
Dante voleva far provare la singolare esperienza della FUSIONE TRA UMANO E BESTIALE,
voleva svelare la natura selvaggia e distruttiva delle Furie accordandola ai RETTILI, contrassegno
dell’indistruttibile comunità del male. Con lo stesso stato d’animo le voleva accompagnare dal
dolore, dalla morte, dalle preoccupazioni
IL SERPENTE, PERSONIFICAZIONE DELL’ALTERITA’
4.
Per acquistare fama nel mondo, il serpente se l’è procurata passando in rassegna diverse
RELIGIONI, insinuandosi in forme magiche, divine o mostruose. Tanto da svolgere con successo
diversi compiti: proteggere la casa, simboleggiare la FERTILITA’ e la FORZA CREATIVA E
VITALE FEMMINILE, rappresentare la NATURA CICLICA della vita (nei riti celtici), impersonare
l’ORGANO SESSUALE MASCHILE o essere l’attributo del dio del tempo nella società romana.
Nella mitologia greca con Echidna, che era metà donna e metà serpente, era stato accusato di
aver favorito questa fusione, mettendo al mondo anche diversi DRAGHI. Nell’Europa medievale si
raccontavano poi favole sul BASILISCO, il serpente con il corpo da dragone o con il corpo da
GALLO e con la coda di rettile; e su MELUSINA, in parte donna, in parte pesce, in parte serpente.
Sono stati i pulpiti della tradizione giudaico-cristiana a far perdere le TRACCE POSITIVE lasciate
dal serpente nei culti della RINASCIATA e della protezione e ad accentuarne la fama di PERFIDO
SPIRITO che aveva indotto alla disobbedienza Adamo ed Eva. Nella lista degli animali associati
all’INFERNO e ai diavoli, il serpente – sotto le forme più svariate, dalla VIPERA al DRAGO –
godeva di una certa considerazione. Il cristianesimo ha attribuito al serpente le sembianze del
PRINCIPE DEL MALE.
Su tutti primeggiava il DRAGO, un animale in balìa di una totale volubilità, simile al diavolo per le
ALI DA PIPISTRELLO (altro animale satanico), per la coda enorme, per l’ALITO TERRIBILE, per
il corpo ricoperto di scaglie. La descrizione medievale del Drago era in perfetta comunione con
quella della BESTIALITA’ INFERNALE.
Dal V al XVI secolo gli esseri striscianti, sibilanti, ondeggianti potevano vantare di aver raggiunto le
pagine dei manoscritti illustrati, di essere assidui frequentatori del mondo iconografico, soprattutto
quello dei BESTIARI, la cui produzione si era intensificata tra il XI e il XIII secolo. I lettori medievali
erano infatti affascinati da racconti in cui erano presenti i serpenti (vedi pag 174). Con le favole
provenienti da ESOPO e con l’epica sugli animali, il serpente costruì apertamente il suo
SUCCESSO SIMBOLICO, sostenuto dalla ricorrente valenza ermeneutica (interpretativa)
attribuitagli dalla Genesi. Questo libro dell’Antico Testamento aveva trasformato il rettile da simbolo
sacro e da emblema dell’arte della salute in un GENIO DEL MALE.
Il gruppo che più saltava all’occhio era quello dei SERPENTI FANTASTICI. Essi abitavano in paesi
lontani e i loro corpi vantavano un’incoerente collage di DIVERSI ESSERI. Come SCILLA, una
seducente creatura deformata da DUE TESTE DI DRAGO e come le SIRENE, creature sempre
femminili, spesso alate, metà umane e metà uccello o pesce. Oppure anche l’AUSPIDE, un
singolare serpente impegnato a custodire un albero che secerneva un BALSAMO molto ricercato.
Per altri sorvegliava un tesoro nella sua testa, una pietra preziosa: IL RUBINO. Infatti l’Auspide,
per sfuggire ai suoi cacciatori di tesori, si TAPPAVA LE ORECCHIE CON LA CODA quando
tentavano di addormentarla intonando canti e musiche (pag 178). In ogni caso i suoi minacciosi
morsi facevano scivolare le vitt