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FASI ESPERIENZA FASCISTA

1. FASCISMO PARLAMENTARE 1922-24 – è al potere un governo di coalizione multipartitica; l’esperimento viene interrotto dopo un biennio, con la crisi dell’Aventino, successiva all’assassinio di Giacomo Matteotti. Si apre con l’insediamento nel Gabinetto di Mussolini e si chiude con la sconfitta dell’Aventino. 3 nodi istituzionali.

a. 31 ottobre varo del Gabinetto di coalizione, seguito dal discorso alla Camera del 16 novembre 1922 e dal conferimento dei pieni poteri da parte della Camera giolittiana.

b. Approvazione della legge elettorale Acerbo (18 novembre 1923) – prima rottura rispetto al precedente quadro istituzionale, rendendo praticamente irreversibile il mutamento politico in atto. Essa assegna un premio di maggioranza pari a due terzi dei seggi in palio al partito o allo schieramento di maggioranza relativa, ghettizzando l’opposizione.

c. Delitto Matteotti: il rapimento e l’assassinio del deputato

Socialista il 10 giugno 1924 segnano una svolta rispetto al precedente clima di intimidazione. Ripetendo il gesto di Giuseppe Zanardelli contro i provvedimenti politici di Pelloux, i deputati di oppisizione abbandonano i lavori della Camera e chiedono che il re esautori Mussolini. Ma il contesto non è lo stesso; in assenza di credibile leadership alternativa, Vittorio Emanuele III rifiuta qualsiasi intervento in assenza di una deliberazione delle Camere. Ma egli sa benissimo di chiedere una deliberazione impossibile essendo la Camera composta per 2/3 da fascisti mentre un senato copre istituzionalmente la corona.

2. Leggi Fascistissime 1925 – il Presidente del Consiglio cessa di configurarsi come un primus interpares per assumere il titolo ufficiale di Capo del Governo; con la decadenza poi del mandato degli Aventiniani e dei deputati comunisti alla Camera, finiscono con l’esserci solo deputati fascisti o simpatizzanti. Si creano le premesse per la nascita di un regime.

partito unico.

3. Proclamazione dell'Impero 9 maggio 1936 – nuova e significativa cesura e segna il momento di massimo consenso per il regime. Ne sono corollari istituzionali l'assunzione del titolo di imperatore da parte del re d'Italia, l'introduzione al vertice militare del Primo Maresciallo dell'Impero e l'adozione delle leggi razziali (1938) al fine di criminalizzare le unioni sessuali miste in colonia, che apre poi la strada alla loro estensione ai cittadini italiani ebrei.

4. La crisi del regime: 25 luglio 1943, 8 settembre 1943 e guerra civile (1943-45). Mussolini vuole nuove elezioni per avere una crescita notevole della presenza fascista in parlamento. Per questo ricorre a una nuova legge elettorale, la legge Acerbo del 18 novembre 1923, con un sistema iper maggioritario. Viene approvata dal parlamento, che non si rende conto di cosa porterà questa legge. Giovanni Sabatucci scrive riguardo questa scelta dei liberali nel votare la legge.

In un certo senso sisentivano anche minacciati, visto che era presente la milizia durante la seduta.Cosa stabilisce la legge: la lista che avesse preso più voti avrebbe avuto il 66.6% dei seggi quindi i 2/3, seavesse ottenuto più del 25% dei voti.Mussolini non crea una lista di soli fascisti, ma fa in modo che ci siano anche molti esponenti liberali, comead esempio Vittorio Emanuele Orlando e Salandra.Abbiamo un'opposizione frantumata in varie liste, tra partito socialista, partito comunista, partito popolare(nel novembre '22 era nel governo Mussolini, ma uscì pochi mesi dopo), poi le forze radicali ecc.Il governo istituito da Mussolini è un Gabinetto di coalizione. Questo governo è il risultato dello spoglio ditre liste di personalità tra le quali figurano nomi di primo piano come i sindacalisti di area socialista Baldesie Buozzi e l'economista liberale Einaudi. Alla fine risulta costituita una compagine ministeriale

Il testo descrive una situazione politica in cui sono presenti liberali di varia tendenza e popolari degasperiani. Il presidente del consiglio è titolare degli Interni e ha l'interim degli Affari esteri. Accanto a lui siedono due fascisti: Oviglio alla giustizia e DeStefani alle finanze. Il re ha posto al suo fianco Diaz alla guerra e Thaon de Revel alla Marina.

Il 16 novembre 1922, Mussolini parla alla Camera, segnando il primo e significativo strappo rispetto alla tradizione precedente. Non era mai accaduto che in Italia un consesso rappresentativo venisse apostrofato con tanta alterità e veemenza. Mussolini sottolinea l'irrilevanza dell'appoggio parlamentare e minaccia lo scioglimento della Camera, mettendo fine a molte carriere parlamentari. Il discorso è di grande efficacia e rende perfettamente il clima di quei giorni, con la sapiente miscela di bluff insurrezionale e di investitura regia che è alla base del gabinetto Mussolini. Il discorso è ancora oggi noto per...

alcuni passaggi intimidatori nei quali mussolini infierisce sui deputati chiarendo all'assemblea che la sua particolare posizione di Camera giolittiana uscita da elezioni ormai politicamente lontane la rende passibile discioglimento fra due giorni o fra due anni. Mussolini rivendica la continuità con Salandra perché per la seconda volta il paese ha saputo darsi un governo al di fuori, al di sopra e contro ogni designazione del Parlamento. Ma questo nuovo esecutivo deve farsi carico della cessazione immediata della violenza, anche di quella fascista.

PIENI POTERI: il conferimento dei pieni poteri legislativi al governo si configura nell'ordinamento sardo-italiano come un istituto extra costituzionale, sul quale a lungo la dottrina pubblicistica contemporanea si interroga, chiedendosi se esso possa o meno introdurre un vulnus nella ordinaria ripartizione della funzione legislativa tra Camere e capo dello Stato. Il regime dei pieni poteri si configura in deroga agli artt.

3 e 55 dello Statuto Albertino. Per motivi straordinari, il governo del re assume l'iniziativa di chiedere alle Camere un'abilitazione generale all'esercizio della funzione legislativa, per un tempo limitato e per materie che all'apparenza risultano tassativamente indicate, anche se in realtà esse sono tanto vaste da non poter essere circoscritte. Prima del fascismo il governo aveva chiesto i pieni poteri in cinque circostanze: 1848, 1859, 1865, 1866 e 1915.

L. 759/1948: il solco venne aperto con procedura non corretta dal governo Casati, presidente del Governo dopo le Cinque Giornate di Milano. Il governo si servì della delega per varare vari provvedimenti, tra cui il decreto 7 ottobre 1748 n. 897 relativo al nuovo ordinamento di comuni e province. Con la riapertura del parlamento, interrogato da Cadorna il governo dichiara cessate le facoltà straordinarie in virtù dell'ariconvocazione delle Camere, ma in realtà continua a far pubblicare

sulla Gazzetta Ufficiale altre leggiemanate in virtù dei poteri straordinari, fino a che su proposta del deputato Albini, il Parlamento non poneufficialmente termine a questa abilitazione. Alla ripresa delle ostilità (1849) il ministro Rattazzi chiedeancora poteri speciali per neutralizzare le fazioni interne. Nell’imminenza della seconda guerra diindipendenza Cavour è però sicuro che le Camere avrebbero rifiutato di conferire al re i pieni poteri. Allafine, i pieni poteri vennero conferiti al re e non direttamente al governo. L. 25 aprile 1859 n. 3345: predisposta da Cavour per accelerare l’annessione delle province da acquisire conla guerra, fagocitando i cessati stati dell’Italia centrale senza affrontare l’opposizione della destr legittimistadella Camera. Viceversa, essa viene utilizzata quando le ostilità sono chiuse e la firma del trattato di Zurigorende imminente la convocazione delle Camere. Per di più la legge

Sui pieni poteri consente al nuovogoverno La Marmora di varare una massa ingente di atti normativi, tra i quali spiccano i nuovi codici, la legge di pubblica sicurezza, l'ordinamento di comuni e province, l'ordinamento giudiziario, la riforma del Consiglio di Stato, l'istituzione della Corte dei Conti, il riassetto della scuola, sanità e lavori pubblici.

L. 20 marzo 1867 n. 2245: unificazione amministrativa del regno.

La terza guerra d'indipendenza rinvigorisce la prassi: il 20 giugno 1866 il presidente del consiglio Ricasoli chiede poteri straordinari per disciplinare con regi decreti ambiti diversissimi: dall'economia ai culti alla tutela straordinaria della pubblica sicurezza. Approvata il 21 e 23 giugno, la legge 28 giugno 1866 n.2987 consente un pesante intervento sull'asse ecclesiastico, unita a un'ulteriore stretta impositiva che fa salire ulteriormente la già pesante pressione fiscale. Per la legge del 1866 gli avvocati Mario

Mancini e Ugo Galeotti utilizzano l'espressione "via crucis" delle libertà costituzionali. L'eversione dell'asse ecclesiastico ebbe conseguenze antipopolari ampiamente sottovalutate che pesarono sul rapporto governanti-governati. Viene infatti colpito in modo duro il sistema di assistenza e carità gestito dalla Chiesa cattolica attraverso diocesi e conventi, ma senza varare un intervento surrogativo. Anche la grande guerra del 1915-18 conosce il regime dei pieni poteri, concessi il 20 maggio 1915 con una legge racchiusa in un solo articolo che abbraccia materie vastissime. Gli effetti del conferimento dei pieni poteri si fanno sentire provocando il ricorso sempre più abnorme alla decretazione legislativa d'urgenza. Si passa così dai cento decreti del 1914 ai duecentoventuno del 1915, che si riducono a 348 nel 1918. Mussolini presidente del consiglio alla fine del suo discorso ufficiale del 16 novembre 1922 chiede i pieni poteri. La Formattazione del testo

Camera glieli concede per un anno, fino al 31 dicembre 1923.

I decreti emanati dal Gabinetto Mussolini trattano otto gruppi di provvedimenti gestiti dal ministro delle finanze De Stefani, e miranti a una razionalizzazione degli apparati amministrativi.

  1. Accoramento per fusione di alcuni ministeri e nascita dei ministeri dell'Economia nazionale, delle Finanze e delle Comunicazioni.
  2. Soppressione dei ministeri delle terre liberate, del lavoro e previdenza sociale.
  3. Smobilitazione amministrativa: riduzione del personale eccedente.
  4. La ragioneria generale dello stato assume il controllo delle ragionerie centrali dei ministeri.
  5. Istituzione del Provveditorato generale dello stato che accentra tutte le forniture dell'amministrazione.
  6. Privatizzazione di alcuni servizi pubblici.
  7. Riforma dell'ordinamento gerarchico della PA.
  8. Nuova legge sullo stato giuridico dei dipendenti pubblici: il rapporto di pubblico impiego si distingue nettamente dal rapporto di lavoro.
tempo e un leader carismatico. Mussolini promette di risolvere i problemi economici e sociali dell'Italia e di restaurare la grandezza dell'antico Impero Romano. Durante il suo mandato, Mussolini adotta politiche nazionaliste e autoritarie. Viene istituito il Partito Nazionale Fascista, che diventa l'unico partito politico legale in Italia. Vengono introdotte leggi che limitano la libertà di stampa e di associazione, e vengono perseguitati gli oppositori politici. Mussolini si concentra sulla modernizzazione dell'Italia, promuovendo la costruzione di infrastrutture e l'industrializzazione del paese. Vengono realizzati grandi progetti pubblici, come la bonifica delle paludi pontine e la costruzione di autostrade. Tuttavia, il regime fascista di Mussolini si caratterizza anche per la sua politica estera aggressiva. L'Italia invade l'Etiopia nel 1935 e si allea con la Germania nazista di Adolf Hitler. Nel 1940, l'Italia entra nella Seconda Guerra Mondiale al fianco delle Potenze dell'Asse. La guerra si rivela disastrosa per l'Italia e nel 1943 Mussolini viene destituito e arrestato. Viene liberato dai nazisti e istituisce la Repubblica Sociale Italiana nel nord del paese, ma il suo regime ha vita breve. Nel 1945, Mussolini viene catturato dai partigiani italiani e giustiziato insieme alla sua amante Clara Petacci. La fine del regime fascista segna la fine di un'era oscura nella storia italiana.
Dettagli
A.A. 2019-2020
45 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eleonorafioravanti5 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle Istituzioni politiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Guerrieri Sandro.